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IL PROGETTO "ASYL", UN'IDEA PER UNA SCUOLA, PER MOLTE SCUOLE

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Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


È passato qualche mese da quando ho scoperto, e visto realizzato, il progetto "Asyl".
Era un tardo pomeriggio del giorno 21 dello scorso settembre, sapevo cosa ero stata invitata a vedere ma, con la sagoma grigia dei container che nell'ultimo anno era entrata silenziosamente nel paesaggio dei nostri occhi, non riuscivo a immaginare che cosa mi si sarei potuta aspettare. 
Nel parcheggio della Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" c'erano ad attendermi Gregorio e Alessia e il motivo della mia visita era vedere la nuova sezione della scuola inaugurata da poco; una sezione un po' speciale, inimmaginabile fino a qualche mese prima, ospitata appunto in un container.
Se la cosa risultava importante, fondamentale da un lato, dall'altro un prefabbricato non era certo la struttura che in una condizione ideale si sarebbe pensata per accogliere bambini, poi così piccoli. Cosa fare allora? Rinunciare a una sezione della scuola? A un dono prezioso? Lasciare le cose come stavano? Arrendersi all'evidenza delle difficoltà?

Forse lo avete già notato, ma fin qui non ho scritto la parola terremoto.
E non l'ho fatto, per il motivo per cui vi propongo oggi, seppur a distanza di qualche mese e mentre sto visitando diversi istituti scolastici e confrontandomi con dirigenti, insegnanti e genitori, il progetto "Asyl" a cui hanno dato vita Alessia e Gregorio. Un progetto che penso come possibilità (non necessariamente legata a un container, anzi!), come stimolo, come propulsiva prima risposta, una sorta di protesta attiva che permette e richiede il coinvolgimento di tutti, di mettere a disposizione le esperienze acquisite, di mobilitarci nei confronti della bassa considerazione che continua a dimostrare il nostro Stato, una forma di rivoluzione culturale ed estetica nei confronti della situazione ormai disastrosa in cui versa la scuola italiana.

Nell'emergenza in cui ci siamo trovati, emergenza che sta diventando una costante condivisa nel nostro Paese, le scuole sono divenute un esempio della capacità di rinnovamento che può sorgere da una crisi portata alle conseguenze estreme.
Il progetto di Alessia e Gregorio, a mio parere, una sorta di dichiarazione prima poetica  che di intenti,  è divenuto il simbolo di questo tentativo di rinascita.
Se li conosceste di persona vi direbbero che, con più tempo a disposizione e lavorando in condizioni più agevoli, avrebbero potuto fare meglio.
Io credo, dopo aver visto il loro lavoro, che il progetto sia perfettamente riuscito in tutte le sue parti e che le rare minuscole imperfezioni siano vitali pretesti per dire a coloro che motivati da un desiderio di intervenire, anche se non professionisti come invece sono Alessia e Gregorio (diplomati in Pittura e Restauratori), e che vorrebbero fare ma che si sentono scoraggiati di fronte alle difficoltà, che credono di essere inadeguati o di non avere i mezzi giusti per operare sulla realtà, di non cedere alle tentazioni della rinuncia, all'idea che tanto vale non fare nulla perché, in fondo, nulla può cambiare, ma di provare a conquistare qualche pezzo di grigio per restituire ai bambini e ai ragazzi il paesaggio che gli spetta.

Ma lascio ora la parola ad Alessia e Gregorio, che ringrazio per aver accettato di raccontare qui la loro esperienza e che potete contattare usando la mail di Gavroche.


[di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi]

Grazie alla magnanimità di alcuni donatori di altre regioni d'Italia*, la Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri"di via Toti a Mirandola ha potuto allargare la propria sede con una Nuova Sezione staccata ospitata da un prefabbricato. Il container, una volta posto nel giardino della scuola materna, rappresentava però una nota monocroma un po' pesante e visivamente fredda per un pubblico di bambini: perciò il Servizio Pubblica Istruzione del Comune di Mirandola, nella figura dell'Assessore Lara Cavicchioli, ci ha chiesto di prendercene cura con un progetto di decorazione pensato per renderla più vivace e ospitale. Incaricati dunque di questo importante compito, scelti all'interno dell'Associazione Circolo Artistico Culturale Giorgio Morandi, abbiamo iniziato a dare corpo alle idee accogliendo, per prime, le suggestioni offerte dalla Natura, ospite della struttura stessa. 
Ci siamo convinti da subito che le figure vegetali e animali avrebbero dovuto popolare le pareti del container, trasformandolo in un teatro organico di colori e forme capaci quasi di fonderlo con l'ambiente circostante, tanto da costituire uno spazio fantastico, e pieno di possibilità immaginative, per i bambini che lo avrebbero abitato. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Ci siamo ispirati così alla pittura magica di Paul Klee e agli scenari dell'illustrazione per l'infanzia, creando un intreccio geometrico di campiture colorate in cui ambientare semplici sagome di vari animali, come le rane, le rondini, le allodole, gli ibis, le farfalle e i pesci.


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


La scelta di tali presenze si è delineata passo passo seguendo il fil rouge della simbologia faunistica al fine di lanciare un messaggio di protezione, femminilità e fecondità. Ecco che la principessa e Dea protettrice dell'intera struttura è una femmina di coniglio, animale lunare sacro a Eostre, divinità della Primavera, portatrice dell'Uovo Cosmico e del risveglio. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)






Asyl è il suo nome, da Aysel “come la luna”, e simile ad “asilo”, e mostra il suo volto all'ingresso del container, col cielo stellato sulla sua testa che raffigura le costellazioni dello Scorpione e del Sagittario, nostri segni zodiacali e firme. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


I suoi occhi sono ricavati nei vetri delle porte d'accesso e le sue lunghe orecchie protraendosi sulle pareti circostanti fanno scaturire dalle loro forme tutta la vegetazione che circonda l'intero stabile. I bambini entrano così nella 'pancia' dell'animale che li accoglie e li protegge come una mamma. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


La luna stessa campeggia sul fronte d'entrata con la sua caratteristica macchia che ricorda appunto la sagoma di un coniglio/lepre, divenendo per noi fonte d'ispirazione per la nascita della favola di Asyl, ovvero la genesi dell'impianto decorativo e dei suoi simboli. Secondo gli antichi questo animale dimorava nel disco lunare e ciò lo si poteva ben comprendere dall'impronta che esso vi aveva lasciato. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Nella scelta delle tonalità abbiamo usato i colori suggeriti dagli elementi naturali del luogo, le foglie, i fiori spontanei, l'erba e il cielo. Il rispetto di questa gamma cromatica permette così di avere una lettura unitaria e armonica della decorazione in comunione con l'ambiente circostante e tale armonia la si ritrova anche sul piano simbolico, quasi come in una parata di figure animali i cui significati concorrono assieme a comunicare il messaggio. 


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Le simbologie degli animali sono state ricavate da : Animali Fantastici: Animali reali ed immaginari che popolano le fiabe, la pittura, la mitologia e i proverbi popolari di Jean-Paul Clébert (Armenia Editori, 1990). 

Simbologie e significati che abbiamo fatto rientrare anche in una proposta didattica a disposizione degli educatori, perché la narrazione iniziata sulle pareti esterne della struttura potesse continuare, trovando nuove voci e altri segni, nel racconto quotidiano dei bambini.



LA FAVOLA DELLA CONIGLIETTA ASYL


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi 
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


In una silenziosa notte d'estate quando tutti i bambini erano ormai andati a dormire, la luna era piena nel cielo e talmente luminosa e grande che a ben guardarla al suo interno si distingueva perfettamente la sagoma di un coniglio. La coniglia della Luna si chiama Asyl ed è una mamma.
Ha un manto bellissimo tutto bianco e due grandi occhi dolci che ti ci puoi specchiare dentro. 
Quella notte Asyl affacciandosi dal suo cerchio luminoso e guardando giù sulla Terra come faceva ogni volta, si accorse con stupore di una novità. Vide nel bel giardino con tanti giochi colorati dell'asilo di via Toti a Mirandola una nuova piccola casetta tutta grigia e pensò: “OOOOOOhhhhhh... che peccato che non vi sia colore in quella piccola dimora. Si sentirà triste tra tutti quei begli alberi e fiori profumati”. Allora Asyl decise di voler aiutare quell'asilo e domandò sostegno alle sue amiche Stelle, il Sagittario e lo Scorpione. Fu così che le due costellazioni la accompagnarono giù sulla Terra proprio in quel giardino. Ella posò le sue tenere zampette sull'erba umida senza far alcun rumore e girò tutt'attorno alla piccola casetta grigia finchè trovò nell'ingresso un posto buono e protetto per rimanere. Si accovacciò comoda in quell'antro e subito incominciò la sua MAGIA... 
Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)

Chiese all'erba, ai fiori, agli alberi del giardino ed al cielo un po' dei loro meravigliosi colori e iniziò a spargerli sulle pareti ricoprendo poco a poco tutto il grigio. Dalle sue lunghe orecchie spuntarono verdi rami che, abbracciando tutta la dimora, offrivano riparo agli animali.

Arrivarono così le rondini nel cielo, le rane e i pesci nello stagno, le farfalle e gli altri uccelli tutt'attorno a svolazzare felici. Così la notte lentamente diventò giorno e la luce del sole entrando dalle finestre inondò dei suoi caldi colori ogni stanza.

Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)

Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)

Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto didattico "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)

Asyl allora guardò soddisfatta questa piccola meraviglia e un dolce sorriso si disegnò sul suo tenero muso. E con le sue amiche Stelle che stavano sulla sua testa a farle compagnia disse: “Che bella casa per i bambini che verranno ad abitarla”.
La Luna splendeva alta ancora sopra di loro e nel suo volto ancor puoi scorgere l'impronta che la coniglietta Asyl le ha lasciato.


Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" di Mirandola - Nuova Sezione
Progetto "Asyl"
di Alessia Baraldi e Gregorio Bellodi
(Circolo Artistico e Culturale "G. Morandi" - 2013)


Alessia Baraldi (1981) e Gregorio Bellodi (1982) sono stati allievi dell'Accademia di Belle Arti di Bologna dove hanno conseguito il diploma in Pittura.
I loro precedenti percorsi di studio provengono però da strade differenti, per Alessia da quella dell'Istituto d'Arte Venturi di Modena e per Gregorio da quella del Liceo Classico G.Pico di Mirandola.
Insieme hanno dato vita a diverse esperienze artistiche, a partire da “Carabhàn”, un evento di musica, arte e teatro progettato nel 2008.

Le partecipazioni di Alessia come curatrice artistica di eventi sono numerose. Tra le ultime, la collaborazione con il gruppo "Intrecciarti" col quale ha realizzato la scene in occasione di readings e quella dell'associazione "Leggermente" con la quale ha collaborato all'allestimento delle mostre durante la manifestazione “La Fortezza delle Donne”, partecipandovi anche con una propria nella collettiva “Evoluzioni, viaggio metamorfico nel giardino dei ricordi” (2009).

Gregorio, al termine del percorso di studi, ha diviso il suo impegno nell'attività musicale (musica tradizionale irlandese) e in quella artistica, dove si è dedicato al disegno e alla pittura a olio.
Sua è l'ideazione del progetto “Carabhàn”, nato dalla forte esigenza di creare attorno al discorso musicale un intero ambiente di suggestioni visive e sensoriali a tutto tondo.
La creazione di un mondo fatto di visioni, suoni, esperienze e presenze è forse l'esigenza principe che ha dato vita al legame artistico tra queste Alessia e Gregorio che oggi, oltre a muoversi nel campo delle immagini, della grafica, della scultura e della pittura, si impegnano anche nell'organizzazione di eventi culturali a favore della collettività (Magheia, di cui vi ho scritto qualche tempo fa, è uno di questi).


*Per la nuova sezione della Scuola dell'Infanzia "Sergio Neri" e la realizzazione del progetto "Asyl" si ringraziano:

Provincia di Varese - per la donazione della struttura

Comitato "San Giovanni" di Oneglia (IM) - per la donazione degli arredi

Vogue Fashion's Night Out 2012 - per la donazione finalizzata al progetto didattico

Comune di Cordenons (PN) - per la donazione finalizzata al progetto di decoro

Circolo Artistico Culturale "G. Morandi" di Mirandola (in particolare nelle persone di Gregorio Bellodi e Alessia Baraldi) - per la realizzazione del progetto di decoro e didattico

Associazione Agesci 1 e 2 di Mirandola - per la collaborazione alla tinteggiatura dei locali


PER DONAZIONI AL COMUNE DI MIRANDOLA


I versamenti vanno effettuati sul conto del Comune:


codice IBAN IT87N0503466850000000005050, codice SWIFT BAPPIT21405, 
con causale "terremoto maggio 2012" 
presso il BANCO POPOLARE SOCIETA' COOPERATIVA - FILIALE DI MIRANDOLA .

Sul sito del Comune di Mirandola potete trovare, 
sempre aggiornato, il resoconto delle donazioni.


ALBERTO MANZI, IL RITRATTO DI UN RIVOLUZIONARIO PER VOCE DI FIGLIA

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Giulia Manzi, Il tempo non basta mai.
Alberto Manzi una vita tante vite
,
Add Editore, Torino, 2014
(da oggi nelle librerie)


Ci sono persone che entrano nella storia della tua famiglia così che quando nasci le trovi già lì ad attenderti con tutto il corredo delle loro storie pronto per essere raccontato.
Sono una sorta di "elementi" acquisiti per elezione.
Ma quando ripercorri i ricordi, legati ai racconti di quegli anni che ti hanno formato, poi non distingui più se sono una prolusione delle foto che hai visto nell'album oppure no e, sopratutto, non ha alcuna importanza perché sono ormai stati distillati fino a divenire quell'essenza che ora sedimenta in te.

Alberto Manzi, a casa mia, era stato scelto come uomo capace di farsi carico dell'istruzione delle persone, "uno dei più grandi valori e impegni che si possano assumere", sentivo ripetere e vivevo sulla mia pelle quasi ogni giorno. Può sembrare una considerazione scontata questa sul valore dell'istruzione, ma almeno per quanto riguarda la mia esperienza di oggi sono sicura che non sia così ovvia. 

C'è però una particolare differenza che forse come me accompagna altre persone, che non so dire parole, ma che sento ogni volta che mi confronto sull'argomento. C'è qualcosa, una voce di sottofondo che impone una visione e un'azione, qualcosa che arriva da lontano, da quella singolare forma di rispetto per la formazione e per la cultura che mi è stato mostrato dagli occhi lucidi e sapienti di chi a quell'educazione prima non era stato permesso di accedere e che per tutta la vita ha cercato di colmare il vuoto provato dal senso di inadeguatezza lasciato da quella mancata opportunità.

Alberto Manzi aveva dimostrato di capirlo più di altri e questo lo rendeva ancora «più» speciale a casa mia, come a casa di molti italiani.
E lo fece già con quello che era più di un semplice titolo scelto per la sua trasmissione "Non è mai troppo tardi" (sottotitolo: Corso di istruzione popolare per il recupero dell'adulto analfabeta) che diede il coraggio a milioni di persone, finalmente indipendenti dall'età e dagli ostacoli imposti dalla vita, di prendere in mano carta e penna per imparare a leggere e scrivere.


Rai Educational del 20/08/2010
"TV BUONA MAESTRA": la lezione di ALBERTO MANZI (parte 1/3)



Quando sono nata io, "Non è mai troppo tardi" (che ebbe inizio il 15 novembre 1960 e venne mandata in onda per 484 puntate nella fascia preserale, per permettere a chi lavorava di potervi assistere con cadenza quotidiana,  dal lunedì al venerdì fino al 1968), era terminata da un anno ma potei godere dei sui frutti ancora per molto tempo, grazie a quei quaderni che i miei nonni avevano creato insieme a Manzi per riprendere e migliorare gli insegnamenti ricevuti nel corso dei pochi anni elementari, quaderni che avevano conservati per poi usarli per insegnare, forse fin troppo precocemente, a mia sorella poi a me, a leggere e scrivere. 

Alberto Manzi, sapevamo però dalle ricerche di mio nonno, era se possibile ancora di più del Maestro televisivo, era un uomo profondamente rivoluzionario nel pensieri e nei gesti.

Un uomo che non hai smesso di accompagnarci nel tempo, sempre impegnato per tutta la vita a rendere possibile e concreto l'incontro tra giustizia, valori e bellezza.
Una figura di pedagogo di grande spessore e che, grazie anche agli studi che non hanno mai smesso di compiersi sulla sua opera (promossi e sostenuti anche dal Centro Alberto Manzi di Bologna), deve essere riscoperta per la complessità, la profondità e la lungimiranza della sua visione.

Anche per questo Il tempo non basta mai, il libro che scritto dalla figlia più giovane, Giulia Manzi (con l'introduzione di Federico Taddia e che ho preso spunto da  un'intervista rilasciata da Sonia Boni Manzi, seconda moglie di Alberto, a Alessandra Falconi e Luigi Zanolio del Centro Alberto Manzi e che da oggi potete trovare nelle librerie), diviene un risorsa indispensabile per aggiungere tasselli fondamentali al mosaico di una vita di un uomo fuori dall'ordinario.

Un libro biografico che precede di pochi giorni la fiction Non è mai troppo tardi, che Rai1 proporrà lunedì 24 e martedì 25 febbraio in prima serata alle 21.10 (produzione  di Angelo Barbagallo, regia di Giacomo Campiotti con Claudio Santamaria e Nicole Grimaudo) e che ripercorrerà la vita di Alberto Manzi fra il 1946 e il 1960, con particolare attenzione al periodo dedicato all'insegnamento in carcere, una delle sue esperienze mene conosciute, ma che inspiegabilmente ne tralascerà un'altra determinante: quella del suo impegno in Sudamerica.

Storia di un vita "altra", di un impegno, quello sudamericano, con cui invece si apre in modo del tutto inaspettato e spiazzante, decisamente coraggioso, il libro di Giulia.


Alberto Manzi nasce a Roma il 3 novembre del 1924. Dopo l'esperienza di guerra come sommergibilista, nel 1946 inizia l'attività scolastica presso il carcere A. Gabelli di Roma. Nel 1954 lascia la direzione dell'Istituto di Pedagogia della Facoltà di Magistero di Roma per fare l'insegnante elementare e portare avanti, «sul campo», quelle ricerche di psicologia didattica che continuerà almeno fino al 1987, quando abbandona l'insegnamento. Ha curato sussidiari, libri di letture, diari scolastici. Assai intensa l'attività di scrittore, con oltre trenta titoli tra racconti, romanzi, fiabe, traduzioni e testi di divulgazione scientifica tradotti in tutte le lingue che gli sono valsi riconoscimenti e premi internazionali. Dal 1954 al 1977 si è recato in Sudamerica ogni estate per tenere corsi di scolarizzazione agli indigeni e sostenere attività sociali. "Non è mai troppo tardi"  è solo la più nota di una lunga serie, tra il 1951 e il 1996, di trasmissioni e collaborazioni con la televisione e la radio. Nel 1993 ha fatto parte della Commissione per la legge quadro in difesa dei minori. Nel 1994 è stato eletto sindaco di Pitigliano (Grosseto), dove risiedeva. Qui si è spento il 4 dicembre del 1997. Alcuni dei suoi titoli: Grogh, storia di un castoro (BUR, 2011), Tupiriglio (BUR, 2011), Orzowei (BUR, 2008), Romanzi (a cura di A. Melis, Gorée, 2007), El loco (Gorée, 2006), La luna nella baracche (Gorée, 2006), Gugù (Gorée, 2005), E venne il sabato (Gorée, 2005).



Rai Educational del 20/08/2010 
"TV BUONA MAESTRA": la lezione di ALBERTO MANZI (parte 2/3)


«Non sono mai stata molto favorevole a "distribuire" pezzi di mio padre al di fuori dell'ambito privato e familiare; ogni volta, per me, è una parte di papà che se ne va. Da piccola non riuscivo a capire perché tante persone lo volessero portar via da me e da mamma, o perché dovessimo presenziare a inaugurazioni, intitolazioni e cerimonie che lo riguardavano. Un giorno mi madre mia ha detto che aveva registrato un intervista: "È un regalo per te" aggiunse. Era certa che un giorno avrei voluto sapere.  
 [...]
Non avrei mai pensato di leggerne la trascrizione con facilità, né tanto presto quanto invece è successo. La sua lettura è stata casuale, quasi involontaria.
Una volta finita, ho sentito perla prima volta l'esigenza di donare un pezzo di mio padre a tutti coloro che avessero avuto voglia di scoprirlo, volevo essere io a farlo». Giulia Manzi, op. cit., 2014 .


Giulia Manzi è oggi una giovane donna che ha conseguito la laurea triennale in Scienze Storiche all'Università Europea e studia Editoria e Scrittura alla Sapienza di Roma, ma quando è scomparso il suo papà era una bambina di soli nove anni. Questo suo sguardo duplice, di adulta e bambina insieme, di figlia e biografa, di desiderio di trattenere e del senso di responsabilità insito nella decisione presa di concedere, è ciò che definisce la cifra stilistica che, a mio avviso, l'ha guidata nella scrittura del libro che, a dire il vero, forse non è appropriato definirlo biografia. In realtà si tratta piuttosto di un vero e proprio memoir condotto con la regia di Giulia che è riuscita a preservare l'autenticità delle tre voci che lo compongono: la sua quella, quella di Alberto e quella della madre Sonia, mantenendole in perfetti equilibrio e consonanza pur rispettando i tre diversi timbri che le caratterizzano; tre testimonianze che si passano il testimone, per continuare ciascuna il racconto dove l'altra l'ha dovuto interrompere.

Non è forse un caso che abbia scelto di partire su un levare, si direbbe in musica, dall'esperienza meno conosciuta anche all'estimatore più attento di Alberto Manzi, quella dell'Amazzonia e del Sudamerica dove, per più di vent'anni, egli passò almeno un mese ogni estate non solo insegnando a leggere e scrivere a campesinos analfabeti ma occupandosi dei più "miseri", di coloro la cui vita era destinata a rimanere ai margini, finendo per essere arrestato e torturato per aver osato sfidare il potere dei governi.

«Era partito per il Perù con la sua valigetta, che non faceva toccare a nessuno. Io non riuscivo a capire perché lui comprasse la conserva nei barattoli da 250 grammi. Ho poi scoperto che un parte di quei barattoli conteneva esplosivi. [...]Lui aveva segnato quelli che contenevano pomodoro per diversificarli dalle bombe. Alla prima dogana glieli avevano fatti aprire, e lui era stato velocissimo a confonderli e a dare loro da controllare quelli al pomodoro anziché gli altre». Sonia Manzi, "Un pacato avventuriero", op. cit., p. 19.


Rivoluzionario nei modi e nei pensieri, lo si era capito, ma di fatto è stata una delle scoperte tanto impensata quanto straordinarie che regalano questo libro.


Rai Educational del 20/08/2010
"TV BUONA MAESTRA": la lezione di ALBERTO MANZI (parte 3/3)



Una sorpresa che non va a scapito del farsi quotidiano del volgersi della vita di un uomo che, in linea col suo pensiero, non amava essere chiamato Maestro.
Nel libro non mancano, infatti, i racconti dell'infanzia, i frammenti della vita privata, l'esperienza del primo insegnamento nel carcere A. Gabelli di Roma, i trent'anni trascorsi come maestro della scuola elementare Fratelli Bandiera di Roma dove conobbe Sonia, l'opera di pedagogo e la lotta indefessa nel difendere i bambini dall'essere oggetto di valutazioni scolastiche che li avrebbero segnati una volta per tutte (una battaglia combattuta contro la sordità dei superiori fino allo stremo delle conseguenze e a suon di timbri che riproducevano l'ormai divenuta famigerata scritta «FA QUEL CHE PUO', QUEL CHE NON PUO' NON FA», che andrebbe recuperata e riproposta con forza in una scuola dove l'interesse profuso nella formulazione della valutazione degli alunni viene ancora oggi, ostinatamente e tristemente, prima di ogni cosa e di ogni altra considerazione sul diritto alla crescita dei singoli bambini), insieme all'attività di traduttore e scrittore di grande successo, Orzowei (scritto nel 1955 è uno dei libri di letteratura italiana ancora oggi più tradotti al mondo), Grogh, la trilogia di El loco, La Luna nelle baracche, E venne il sabato, attività che Giulia analizza attraverso la luce di un critica puntuale e raffinata (che riprenderemo in parte nel prossimo post di Gavroche) e che lui stesso scelse di spiegare così:

QUESTO MI METTE D'IMBARAZZO 
(inedito)
in Giulia Manzi, op. cit., pp. 207-210

[...]
Dovrei parlare di me e questo mi mette in imbarazzo. Che dire? Che scrivo libri? Che insegno? Che faccio questo e quest’altro?… Ha forse un significato la mia storia? Forse lo hanno più i personaggi dei miei racconti: Grogh, Orzowei, Pedro, El loco… e loro parlano dai loro libri.
[...]
Mi chiede perché scrivo. Potrei dare risposte diverse. E forse sarebbero tutte vere e nello stesso tempo tutte false. Non so perché scrivo… Forse perché «vivo».
O lei vuole sapere perché affronto certi temi?
In questo caso la risposta è più facile: voglio far sorgere nei giovani la coscienza dei problemi (coscienza, non solo conoscenza), far sapere loro che esistono certi problemi e che ognuno di noi è chiamato a risolverli.
In fondo scrivo perché sono un rivoluzionario, inteso nel senso profondo della parola.
Per cambiare, per migliorare, per vivere pensando sempre che l’altro sono io e agendo di conseguenza, occorre essere continuamente in lotta, continuamente in rivolta contro le abitudini che generano la passività, la stupidità, l’egoismo.
La rivoluzione è una perpetua sfida alle incrostazioni dell’abitudine, all’insolenza dell’autorità incontestata, alla compiacente idolizzazione di sé e dei miti imposti dai mezzi di informazione. Per questo la rivoluzione deve essere un evento normale, un continuo rinnovamento, un continuo riflettere e fare, discutere e fare.
Gli altri sono io. Agire per realizzare questo principio…
Così scrivo nel tentativo di tenere questo spirito critico verso tutte le cose, anche verso quelle cose che sembrano già risolte ma che potrebbero essere migliorate.
Questa è la mia fede.
Il resto…

Leggo l’altra domanda: come scrivere per i ragazzi. Credo nello stesso modo con cui si scrive agli adulti: sono uomini anche i ragazzi, non sono una «sottospecie»… Penso che occorra credere in quel che si scrive, altrimenti non serve.

E poi… Nient’altro.
Cordialmente...

Alberto Manzi


Il libro prosegue con il racconto dell'esperienza degli ultimi anni di vita di Alberto Manzi come Sindaco della cittadina di Pitigliano, nella provincia di Grosseto dove viveva.
Pagine dolorose e amare che fino al termine dei suoi giorni lo hanno visto impugnare le armi dell'onestà, della lealtà, dell'impegno civile, della difesa dei più deboli, armi di pace che solo la malattia gli ha imposto di deporre, ma che la sua opera continua a distribuire.

Il tempo non basta mai, non è libro ma molti libri insieme e non poteva essere così nel raccontare la vita di un uomo che in un'unità posta sotto il nome di Alberto Manzi ha voluto accogliere molte vite: quella della sua famiglia, del numero infinito dei suoi alunni, degli insegnanti che ha saputo ispirare, delle persone liberate anche dalle sue lettere e dai suoi disegni, dei lettori che sono cresciuti tra le sue pagine e grazie alla sua luminosa pedagogia e, infine, quelle di coloro che lo hanno scelto come membro d'elezione della propria famiglia.

Gian Luca Favetto nell'articolo apparso su "ilvenerdì" di Repubblica del 24 gennaio scorso, ha definito Alberto Manzi, con Gianni Rodari, Mario Lodi e Don Milani, uno dei quattro Cavalieri della Pedagogia Italiana.

La lettera che vi metto qui a chiusura di questo limitato post rispetto alla complessità di questo Cavaliere è quella che egli scrisse nel 1976, al momento del congedo, ai suoi alunni di quinta elementare (documento conservato presso il Centro Manzi).
Un altro tassello.






Un ringraziamento speciale va a Giulia e Sonia Manzi, senza le quali questo post non sarebbe stato possibile ma, sopra ogni cosa, per avermi permesso di iniziare a condividere insieme a loro il lungo racconto di Alberto. E poi... 100 lire, la metà da spendere per un pezzo di pane da donare a un povero e l'altra metà per comprare un fiore per l'anima.

IL SOLDATINO DELLA LIBERTÀ DEI BAMBINI: MARIO LODI E IL RICORDO DI UN MAESTRO

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«Non avrei mai pensato di diventare maestro di scuola. Volevo fare il falegname, vivere in una segheria tra trance e pialle, sgorbie e lime. Il mio modello era Geppetto, l’artigiano di Collodi. 
Sì, volevo essere come Geppetto con Pinocchio.»






Quando ieri ho appreso della triste notizia della scomparsa di Mario Lodi, avvenuta il 2 marzo all'età di 92 anni, oltre a provare il senso di una sempre più cospicua solitudine lasciata dai grandi che se ne vanno, ho pensato a come avrei potuto rendergli in piccolo omaggio qui, su Gavroche.

Io, il Maestro di Piadena, il rivoluzionario gentile di Cipì, non l'ho mai conosciuto di persona. Però devo molto, come immagino tanti di voi, al suo pensiero e alla sua intera opera. Mi è capitato di assistere a suoi incontri e conferenze, ma non mi sono mai avvicinata a lui anche solo per dirgli grazie o fargli qualche domanda; mi è capitato, invece, di parlargli alcune volte al telefono e anche in queste occasioni il filo non riusciva a trattenere la sua intelligenza contagiosa che, generosamente, offriva con una dolcezza indicibile. 

Così, non ci ho pensato un attimo di più, ho chiesto ad Alex Corlazzoli, maestro, scrittore e giornalista, di cui vi ho parlato qui e qui, che Mario lo aveva conosciuto e, sono certa, che è uno dei suoi eredi più onesti impegnati e sinceri, se poteva essere lui a ricordarlo per Gavroche.

E poi, il mio pensiero è andato subito a un libro di Mario Lodi che ho avuto la fortuna di vedere qualche giorno fa, ancora in fase di realizzazione, Il soldatino di Pim Pum Pà che uscirà in occasione della prossima Fiera per Ragazzi di Bologna grazie alla casa editrice Orecchio Acerbo che l'ha recuperato per nostra fortuna dal pozzo delle meraviglie dei  titoli "fuori catalogo" e lo ha affidato a un giovane illustratore dal talento visionario, Michele Rocchetti, che con mia profonda gioia è giunto così alla sua seconda prova editoriale dopo aver illustrato gli Effetti d'un sogno interrotto di Luigi Pirandello pubblicato da Orecchio acerbo lo scorso anno. Inoltre, da vedere, sono le cinque tavole di Michele, tratte Heart of Darkness (Helbling Languages, 2013), che sono state selezionate per la Mostra degli Illustratori della prossima la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna.


«In qualche modo suoi allievi, a Mario Lodi avevamo deciso di rendere omaggio in modo esplicito. E così avevamo chiesto a Goffredo Fofi, Francesco Tonucci, Cosetta Lodi e Giovanni Nucci di essere con noi alla Fiera del libro di Bologna per disegnarne un ritratto da affiancare alle immagini di Quando la scuola cambia. Partire dal bambino di Vittorio De Seta [ndr.prima di quattro parti del documentario girato da De Seta nel 1978, dedicata all'esperienza del Maestro Mario Lodi a Vho di Piadena, e andata in onda il 10 aprile 1979]. Da parte nostra avremmo nuovamente pubblicato Il soldatino del Pim Pum Pà, con i disegni di una giovane promessa marchigiana, Michele Rocchetti. Mario ne era stato molto contento, e molto anche aveva apprezzato le illustrazioni di Michele. Ancora attentissimo, aveva però apportato alcune correzioni alla scheda preparata per le librerie. Purtroppo del libro - è in allestimento - solo le pagine digitali ha potuto vedere. Alla Fiera del libro di Bologna, più tristi, ci vedremo comunque il prossimo 25 marzo, alle ore 12.00 al Caffè degli Autori. Seppur indirettamente, ce lo chiedono in migliaia. Già oltre diecimila, infatti, sono le persone che hanno condiviso il saluto che con le parole di Simonetta Fiori gli abbiamo mandato da Facebook.».
Fausta, Carla, Federico, Paolo, Simone... Orecchio acerbo, 3 marzo 2014.


C'era una volta - e ora non c'è più - chi viaggiava stipato come una sardina 
e chi stracolmo in prima classe.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi veniva di punto in bianco licenziato.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi era costretto a emigrare.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi usava la scienza solo per arricchirsi.
C'era una volta - e ora non c'è più - chi col potere tutto questo garantiva 
e con la forza manteneva.
C'era una volta - e per fortuna qualche sua traccia ancor oggi si trova - 
il soldatino del pim pum pà.
Ostinato, aveva, e ancora in testa ha, l'idea di raddrizzare i torti 
e di rovesciare le ingiustizie. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria dal 20 marzo) 


Forte della lettura di queste parole e della risposta positiva da parte di Alex alla mia richiesta, ho pensato che presentarvi le due cose insieme, e così questo è il tributo che ne è uscito e che spero che, nel leggerlo, affiori in voi il desiderio di conoscere o rileggere l'intera opera di uno dei più grandi Maestri, e non solo di scuola, che abbiamo avuto l'onore di avere nel nostro Paese.


[di Alex Corlazzoli]

Il primo libro che ho conosciuto è stato Cipì
A casa mia, non solo non c'erano libri, ma non esisteva nemmeno la libreria. 
Eppure quella lettura che la maestra Teresa faceva ogni sabato mi affascinava, mi coinvolgeva. L'aveva scritta un insegnante con i suoi bambini. 
Anzi, il maestro Mario Lodi. 

Avevo trascorso le elementari con CipìSenza che me ne accorgessi, quella fiaba aveva lasciato un'impronta dentro di me, aveva segnato una traccia che mi sarebbe tornata utile una volta diventato, a sua volta, un maestro: Cipì, non era stato scritto da Lodi per i bambini ma dal maestro con i bambini per tutti gli altri fanciulli. Quel "con" non era solo una congiunzione, era la pedagogia di Mario Lodi, era stata la sua vita. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Con i ragazzi della scuola di Piadena, nel 1964, aveva avuto l'idea di fare corrispondenza con i bambini di Barbiana sperimentando lo scritto collettivo.
Con i suoi allievi aveva dato vita a un giornale in classe perché i genitori fossero costantemente informati su ciò che avveniva in aula. 
Con i bambini aveva vissuto ogni giorno la democrazia che lui stesso, da antifascista, aveva contribuito a realizzare in Italia. 

Per il maestro Lodi, i bambini, erano cittadini. Me lo insegnò anche in quella speciale lezione che mi donò tre anni fa, durante un pomeriggio trascorso alla sua cascina. Avrei dovuto intervistarlo ma mi ritrovai nei panni di uno scolaro. Lo ascoltai per oltre due ore, per imparare*
A trent'anni dalla lettura di Cipì, avevo l'occasione di incontrare il maestro. 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Mi colpì la sua semplicità: non usava parole incomprensibili, non si vantava di ciò che aveva fatto, non faceva citazioni. 
Mi parlò della vita con i suoi alunni: «Dobbiamo chiederci perché si fanno gli esami a scuola. Per giudicare i bambini? Per scartare quelli che non possono andare avanti? Ma chi giudica chi fa? L'esame che dobbiamo fare non è una prova qualsiasi ma un esame di coscienza: in quella scuola i genitori sono contenti che i loro bambini imparino a parlare, a ragionare, a fare esperimenti in quel modo? I genitori sono soddisfatti di come la maestra ha condotto il gruppo alla conquista del sapere senza imporre le sue idee? I bambini possono giudicare le maestre? La fiducia è essenziale. I fanciulli non vanno messi nelle condizioni di essere bocciati. Nella Costituzione non c'è mai un articolo che parli di bocciare. C'è il verbo promuovere. Ciò vuol dire mettere i ragazzi nelle condizioni di saper risolvere dei problemi e interpretare il senso della scuola con una larghezza di veduta». 


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


Un vero rivoluzionario della quotidianità, capace di cambiare la scuola italiana, da Vho, da un piccolo paese della pianura padana: «Io toglievo la cattedra perché non serviva. Se la nostra aula è brutta, vecchia e cadente cerchiamo migliorare quel poco che si può, per renderla abitabile. E allora è qui che avviene il passaggio dalla delega alla modifica della realtà in senso pratico. Se abbelliamo un'aula con dei vasi di fiori va deciso chi si cura di annaffiarli. Se ci sono dei libri, chi si interessa della biblioteca. Se c'è chi si occupa, allora nasce dalla scuola la praticità, la democrazia».

Quante volte, entrando in aula, ho pensato a quella lezione. Se oggi, non dò voti ai miei alunni ma provo a far loro amare il sapere senza essere giudicati, è grazie a Mario lodi. 

All'inizio dello scorso anno, ripensando a quel giornale che faceva per coinvolgere i genitori, mi venne l'idea di riattualizzare l'esperienza del maestro scrivendo una news letter alle mamme e ai papà, ogni settimana. 

Non ho mai portato, invece, dei fiori in aula. Ma ora che il maestro Mario Lodi, ci ha salutato, domani andrò in classe con una pianta. La affiderò ai bambini. Con loro, la cureremo. Impareremo ancora una volta, a occuparci della scuola. Vivendo la Costituzione.


Mario Lodi/Michele Rocchetti,
Il soldatino del Pim Pum Pà,
Orecchio acerbo, Roma, 2014

(in libreria dal 20 marzo) 


*
Testo integrale dell'intervista di ALEX CORLAZZOLI a MARIO LODI 
contenuta in 

Alex Corlazzoli,
Riprendiamoci la scuola.
Diario d'un maestro di campagna.
Come sopravvivere alla scuola italiana e cambiarla
,
Altreconomia, Milano, 2011

Sono passati più di sessant’anni anni dalla sua prima lezione a San Giovanni in Croce ma il maestro Mario Lodi non ha smesso di insegnare e educare.  È l’insegnante più conosciuto d’Italia per il suo Cipì giunto alla 28esima ristampa per Einaudi. Per incontrarlo bisogna andare a Drizzona. Nella sua vecchia cascina, sulla strada tra Mantova e Cremona, ha fondato l’associazione Casa delle Arti e del Gioco. Lì accoglie centinaia di bambini ma anche studenti universitari e soprattutto ex allievi, oggi papà e nonni. È un dono, per un giornalista, intervistare Mario Lodi, perché ti rendi conto di avere di fronte un uomo che ha vissuto il periodo della Costituente, un maestro che ha contribuito a far nascere la nostra scuola pubblica statale. Uno dei pochi che a 89 anni può ancora raccontarti la storia di questo Paese dal momento che l’ha vissuta in prima persona: arrestato per motivi politici durante la guerra, dopo la Liberazione, ha aderito al Fronte della Gioventù. Il maestro Lodi ha conosciuto don Lorenzo Milani e con i ragazzi della scuola di Piadena, nel 1964,  aveva avuto l’idea di fare corrispondenza tra le due realtà dando al prete di Barbiana l’occasione di sperimentare lo scritto collettivo. Ha ricevuto la Laurea ad honorem dall’Università di Bologna, ha vinto il premio “Viareggio” con il libro Il paese sbagliato (1970) ma se lo incontri hai proprio la sensazione di parlare con il tuo maestro delle elementari. Vedi nei suoi occhi l’allegria di chi è rimasto per tanti anni con i bambini, amandoli.   Maestro Lodi, cos’è rimasto della scuola pubblica statale che lei ed altri avete realizzato a partire dall’epoca repubblicana?«Noi avevamo ben chiare le idee: l’Italia era allo sfacelo. L’esperienza del fascismo e del nazismo aveva sconvolto tutta l’Europa. Bisognava rifare tutto: le leggi, le gerarchie, gli insegnanti. Ci siamo messi al lavoro e abbiamo guardato che tipo di scuola doveva avere una società democratica. La nostra scelta è scivolata lentamente ma durevolmente sulla Costituzione italiana. A 60 anni di distanza abbiamo i rottami di questa democrazia imperfetta. E allora che cosa deve fare il maestro per riportarla alla vivacità della prima fase?La scuola di una democrazia normale, non dico perfetta, deve accogliere. Dev’essere una scuola che inizia ogni anno con una festa dell’accoglienza.In secondo luogo, il concetto di assemblea si deve sostituire a quello di classe. Abbiamo bisogno di una scuola senza un capo che comanda, che dice “fai così altrimenti ti boccio”. Se il bambino è accolto lo è nel bene e nel male. Noi diciamo di essere sociali, ma non è vero. Domina nella gerarchia della scuola il concetto di chi vale di più e chi meno.Infine, la scuola dev’essere la seconda casa del bambino. Quando entra nella scuola, come diceva Maria Montessori, il ragazzo deve portarsi dietro delle abitudini che diventano la democrazia in atto. Questo ci serve per avere sullo sfondo l’educazione al rispetto dell’ambiente. Se noi consideriamo l’aula la nostra seconda casa, le vogliamo bene e quindi la difendiamo da chi vuole distruggerla. Così noi diventiamo “patrioti” della democrazia e impariamo il rispetto dell’ambiente». 
Insegnare è un mestiere o una missione? 
«È una buona domanda, difficile da mettere in pratica. Perché siamo in equilibrio, chi sceglie di fare il maestro sceglie una professione, ma è diversa da qualsiasi altro lavoro. Per fare il maestro serve un ingrediente che non è previsto nei regolamenti: bisogna sentire l’amore verso questi bambini che hanno bisogno di tutto e noi possiamo darglielo. A questa domanda dobbiamo rispondere quando entriamo in aula, levandoci il cappello e dicendo: “Io sono nella vostra scuola e sarò un vostro amico, non il maestro che giudica ma un amico che vi consiglia”.Questa è la scuola che se riesce ad interpretare il significato della vita, pone le condizioni perché si creino delle simpatie, non per dire questo è più bravo dell’altro ma per poter affermare che tutti assieme possiamo dare qualcosa alla scuola. E le simpatie, si esprimono attraverso l’organizzazione del lavoro. Tutto quello che si fa dev’essere al fine di migliorare la società, l’insieme della società non il capo. Per questo abbiamo introdotto nella mia scuola a Piadena una tecnica nuova ma vecchia: la stampa. Tutto quello che era fatto a scuola doveva essere scritto, documentato e divulgato ai genitori, agli amici. La scuola così serve per tutti».  

Cosa faceva lei quando entrava in aula? 
«Mi toglievo il cappello. E poi i bambini mi riconoscevano. Mi raccontavano di loro, del papà, del loro gattino, di ciò che amavano mangiare, Si descrivevano autobiograficamente. Ci mettevamo in cerchio per poterci guardare in faccia e non allineati in modo che uno coprisse l’altro. Nasceva la base della democrazia: noi ci conosciamo, voi ci conoscete. Se questo esercizio lo faccio ogni giorno creo l’abitudine alla democrazia». 

Oggi si è tornati a parlare di valutazione aprendo un grande dibattito sulle prove Invalsi. Si discute anche di come misurare la validità dell’insegnante. Lei che ne pensa? 
«Dobbiamo chiederci perché si fanno gli esami nella scuola. Per giudicare i bambini? Per scartare quelli che non possono andare avanti? Ma chi giudica chi fa? Qui siamo di fronte ad una difficoltà. L’esame che dobbiamo fare non è una prova qualsiasi ma un esame di coscienza: in quella scuola i genitori sono contenti che i loro bambini imparino a parlare, a ragionare, a fare esperimenti in quel modo? I genitori sono soddisfatti di come la maestra ha condotto il gruppo alla conquista del sapere senza imporre le sue idee? I bambini possono giudicare le maestre? La fiducia è essenziale. I fanciulli non vanno messi nelle condizioni di essere bocciati. Nella Costituzione non c’è mai un articolo che parli di bocciare. C’è il verbo promuovere. Ciò vuol dire mettere i ragazzi nelle condizioni di saper risolvere dei problemi e interpretare il senso della scuola con una larghezza di veduta. Possiamo noi pensare di chiedere ai maestri di sostituire la nota negativa con una positiva? Può essere accettata l’idea di una scuola che promuove il senso della responsabilità?»

Nel 1956 cambia scuola. Arriva a Vho di Piadena dove resterà fino a quando andrà in pensione. Il 20 settembre visita la scuola che la ospiterà e racconta in “C’è speranza se questo accade a Vho” che vede un’aula triste. Quanto conta nella scuola italiana dove gli edifici cadono a pezzi, non sono agibili e vecchi, la struttura, l’aula? 
«Le modifiche si fanno a seconda del programma che svolgiamo. Io toglievo la cattedra perché non serviva. Se la nostra aula è brutta, vecchia e cadente cerchiamo di migliorare quel poco che si può per renderla abitabile. E allora è qui che avviene il passaggio dalla delega alla modifica della realtà in senso pratico. Se abbelliamo un’aula con dei vasi di fiori va deciso chi si cura di annaffiarli.  Se ci sono dei libri, chi si interessa della biblioteca. Se c’è chi si occupa, allora nasce dalla scuola la praticità».      

Che ruolo avevano i genitori per il maestro Mario Lodi.

«Erano quelli che avevano messo al mondo dei bambini e me li presentavano come la cosa più preziosa che avevano. I genitori erano consultati prima dei colleghi. Dicevo loro che cosa avrei voluto fare e perché. Chiedevo se fossero stati d’accordo sul tipo di educazione che volevo fare. Altrimenti potevano iscriverli altrove. Ma non è mai successo. Anzi. Mi mandavano quelli più problematici. I colloqui con i genitori avvenivano la sera affinché venissero anche i padri. Ma va detto che i genitori erano costantemente informati perché stampavamo un giornale».
È possibile oggi continuare a dare gambe alla  scuola che lei ha sognato e costruito, facendo i conti  con il precariato?
«La parola stessa precario dice che non bastano, c’è qualcosa che manca nel precario. Il precario deve costruirsi la sua realtà scolastica. Ma precario cosa significa esattamente. I precari lo sanno chi sono? Lo sanno quello che chiedono? Lo sanno se è possibile avere quello che domandano? La figura del precario è la figura del maestro o no? Purtroppo siamo di fronte alla mobilità magistrale».
Una volta c’era il sindaco, il dottore, il prete e il maestro.
E i genitori.
Sottolineatura importante. Ma torniamo al maestro: è ancora una figura di riferimento nella società odierna?
La società moderna è totalmente cambiata. Ha sostituito i valori con quelli cosiddetti nuovi ma sono vecchi come il cucù. Prendiamo ad esempio il concetto di libertà: siamo liberi, siamo in una democrazia, possiamo fare quello che vogliamo. Ma non è vero perché tutti i giochi hanno una regola anche quello del calcio, delle carte.  Noi non siamo singoli che esercitano la libertà ma siamo Stato, unione di individui che hanno lo stesso fine: costituire una società valida. Le figure che aveva un tempo la scuola non valgono più. Valgono per comandare ma non per servire”.
È possibile pensare che la scuola di don Milani sia ancora oggi attuale? 
«Quella di don Milani è un’idea che si è inserita negli esperimenti fatti nel dopoguerra. L’idea della pluriclasse che aveva in mente don Lorenzo coincideva con le pluriclassi che illustri pedagogisti avevano praticato anni dopo. Resta attuale quel discorso. Sono convinto che come un genitore con   figli di diversa età usa linguaggi diversi per farsi capire così anche la scuola deve usare linguaggi diversi perché comprenda il bambino. La scuola è come una famiglia. Oggi l’idea di pluriclasse di don Milani, purtroppo, è stata distrutta».
Educare o insegnare?
«Posso rispondere con le parole di don Milani: “Non dovreste fare questa domanda a me ma dovreste preoccuparvi di come siete voi nei confronti dei ragazzi. Perché dalla risposta che date dipende tutto il vostro programma”. Educare e insegnare è la stessa cosa se rispettiamo questa regola. E’ una legge universale».
Veniamo a Cipì, la storia nata nella piccola scuola di Vho dove i ragazzi scoprirono dalla finestra una intensa e drammatica vita che annotarono dando vita alla favola vera del passerotto Cipì. Dopo 50 anni Cipì provoca ancora le stesse emozioni, gli stessi interessi nei bambini. Qual è il segreto di questa storia?
«Mi domando ancora anch’io che cos’ha? Non so… davvero.  Eppure c’è qualche punto debole in Cipì. In questa storia dell’uccellino che in fondo è la storia dei bambini che si identificano con la storia dei passeri, manca il papà di Cipì: non c’è, è sparito. E spesso i bambini oggi si pongono l’interrogativo: dov’è il papà di Cipì? Alla televisione? È il problema dei papà che si aggregano per formare una famiglia nuova che non c’è, forse. È drammaticamente d’attualità.  Un altro aspetto sul quale dopo tanti anni rifletto è che la storia finisce con l’allontanamento del pirata, di uno che incanta e poi mangia i bambini. È cronaca anche questo tema.In questo libro quello che hanno visto fare dai grandi l’hanno attribuito ai piccoli. Non so perché è ancora così letto, non so se sia merito dei media, dei cartoni animati. Non saprei me lo sto ancora chiedendo…».


«OGNI ALTRO SONO IO». ALBERTO MANZI SCRITTORE

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Nella premessa al libro Alberto Manzi. L'avventura di un maestro (BUP, 2011), Roberto Farnè osserva che le cinque figure più significative (rivoluzionarie e innovative, aggiungerei) della cultura pedagogica italiana della seconda metà del Novecento sono curiosamente nate tutte tra il 1920 e il 1924: Gianni Rodari (1920), Mario Lodi (1922), Don Lorenzo Milani (1923), Danilo Dolci e Alberto Manzi (entrambi nel 1924).


Dopo aver visto l'interesse che hanno suscitato i post dedicati ad Alberto Manzie a Mario Lodi, e risposto alle numerose mail in cui mi avete chiesto informazioni sulla loro vita,  pensiero, sulle loro opere, è evidente non solo che queste figure hanno superato il confine del secolo, ma che ancora oggi sono possono essere fonti di ispirazione per molte persone, molti giovani tra l'altro, che in diversi modi vogliono dedicarsi all'educazione dei bambini (o già lo fanno) e per tutti coloro che desiderano un confronto libero e aperto, onesto e leale, profondo ma sempre contemporaneo, sul discorso dell'infanzia.


«Due parole su che cosa è, o dovrebbe essere, l'educazione: "strumento" che sollecita lo sviluppo intellettuale dell'individuo alla conoscenza. Questo "strumento"è valido se mette in moto l'individuo, se lo spinge, cioè, a "fare", dato che ogni nostro concetto deriva dall'esperienza. Ma se abbiamo solo una conoscenza derivata dalla semplice informazione, diventiamo solo "ripetitori" di cose e non creatori noi stessi di cultura». Tratto da "Un giorno a Pitigliano, Ultima intervista ad Alberto Manzi" in Alberto Manzi. L'avventura di un maestro di Robertò Farnè, BUP, Bologna, 2011, p. 126.

L'idea e la messa in pratica dell'educazione come offerta del primo strumento di conoscenza per la formazione e la libera espressione dell'identità dell'individuo, qui definita con forza e in modo quasi lapidario da Manzi, è un visione pienamente condivisa anche da Rodari, Lodi, Don Milani e Dolci, figure che, per fortuna, possiamo ancora incontrare grazie all'ampia documentazione rimasta a testimonianza del loro lavoro, insieme alle numerosi pubblicazioni che hanno tracciato, a vario titolo, il loro percorso.


Quando ho scritto di Alberto Manzi, ho pensato che, tra tutti gli altri, forse e  paradossalmente, fosse al contempo la figura più nota al grande pubblico per via della trasmissione  "Non è mai troppo tardi"(Premio Unesco) e del romanzo per ragazzi Orzowei (il secondo libro italiano per ragazzi più tradotto al mondo dopo Pinocchio che ispirò anche la serie televisiva Orzowei, il figlio della savana andata in onda sul primo canale Rai nel 1977), ma di cui si conosceva meno la grandezza e la complessità che la sua figura di intellettuale ha rappresentato per qurant'anni, dal 1946 al 1997, nel nostro Paese.

Grandezza e complessità purtroppo in larga parte mancate dall'occasione della fiction che da poco gli ha dedicato Rai 1.


E, anche per questo, sono andata a riprendere in mano, a rivedere molti suoi materiali e scritti, scoprendo diverse cose che anch'io non conoscevo, ma anche a rileggere i suoi primi romanzi per ragazzi, Grogh, storia di un castoro, lo stesso Orzowei e Tupiriglio per capire se hanno mantenuta intatta la voce che catturò anche la mia generazione di lettori. Il fatto che abbia deciso di riproporveli contiene ovviamente la risposta.




Alberto Manzi,
Grogh, storia di un castoro,
illustrazioni di Sergio Toppi,
BUR Ragazzi, Milano, 2011

Grogh, storia di un castoroè l'esito di un lavoro di gruppo, poi elaborato in forma letteraria, che Manzi aveva portato avanti con fatica e soddisfazione nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma, dove, come raccontò, «nel 1946, appena tornato dalle armi, il ministro della Pubblica Istruzione mi ha sbattuto ad insegnare a una classe di 94 alunni [n.d.r. dagli 8 ai 18 anni]».


Dopo aver accettato e vinto la sfida, con un vero corpo a corpo, del leader dei ragazzi in carcere, non fu per Manzi facile iniziare una relazione educativa con loro.



«Un giorno in cui ero più disperato del solito - dice Alberto manzi - cominciai a raccontare, inventandomela, una storia di castori che cercavano la libertà: con mia grande meraviglia, i ragazzi cominciarono ad aguzzare le orecchie e a fare silenzio. Il giorno dopo mi chiesero il seguito. E così via per mesi interi. E io, con l'aiuto di un vecchio libro di zoologia che avevo trovato su una bancarella, continuai fino alla fine».  Tratto da Alberto Manzi. L'avventura di un maestro di Robertò Farnè, BUP, Bologna, 2011, p. 18.



Vedendo che i ragazzi, man mano che il racconto procedeva, si appassionavano alla storia di Grogh, Manzi propose loro di scriverla. Fu proprio la difficoltà di questa impresa, senza banchi e sedie,  senza il permesso di usare carta e matite, di innescare nei il desiderio di fare ciò che il maestro aveva in mente: un "giornalino" sul quale raccontare a puntate le storia di Grogh... e molto altro. Fu così che grazie al materiale di recupero che Manzi introduceva abusivamente in carcere, fogli e matite, i ragazzi cominciarono a scrivere e riscrivere per farne più copie la storia di Grogh. Di lì a poco, il direttore del carcere diede il permesso di far stampare il giornalino che con il nome di "La Tradotta" fu il primo ad essere realizzato in un carcere minorile.




«Fino a non molti anni fa vivevano in Europa i castori. Lungo le rive dei fiumi o sulle sponde dei laghi, s'alzavano a centinaia le loro casette, tremolanti sulle acque che le rispecchiavano.poi venne l'uomo. E la sua ingordigia, la sua sete di ricchezze fecero sì che il castoro fosse perseguitato, ucciso.E il castoro fuggì. Si nascose nelle rocce, nei pinti, sotto i fiumi.Oggi è molto difficile che noi lo vediamo.In altri luoghi egli vive ancora costruendo il suo villaggio e la sua diga: ma fino a quando?Questa mia non è altro che la storia dell'ultima colonia di castori europei. Il nipote di Lugh, lo scoiattolo, me la raccontò molti anni fa.Io la ripeto a voi in omaggio e in ringraziamento al libero popolo dei castori che molti ci insegnarono e molto ancora ci insegnano». Alberto Manzi, Roma 1949 (in apertura di Grogh, storia di un castoro)



Quando la storia di Grogh giunse alla fine coni ragazzi del "Gabelli", Manzi decise nell'estate del 1948 di riscriverla e di inviarla al "Premio Collodi" che vinse. Bompiani pubblicò il libro nel 1950 con le illustrazioni di Libico Maraja, la Rai ne fece un trasposizione radiofonica nel 1953 e Grogh conobbe un successo internazionale che lo portò a essere tradotto in 28 lingue.



«Quando apparve per la prima volta, nel 1949, Grogh doveva fare i conti con le regole,  non scritte ma evidentissime, della letteratura "animalista", ricca di infiniti contributi, da Fedro a Walt Disney, che, in secoli e secoli di apparizioni, avevano creato un pubblico che chiedeva loro saggezza divertimento, buoni esempi, stranezze, carnevalizzazione, informazione. Dopo le "sinfonie allegre" disneyane, così come dopo il Brutto Anatroccolo della Danimarca, o dopo le creature spassose del Vento tra i salici di Grahame, doveva risultare quasi impossibile, a un giovane scrittore, proporre credibilmente qualcosa di nuovo. Manzi ha vinto la scommessa utilizzando tutto il suo coraggio, tutta la sua virile e severa dolcezza che era nel suo carattere. [...] Grogh sa che deve lottare, che deve respingere ogni tipo di rassegnazione, che, soprattutto, occorre vincere la paura. Perché quel suo territorio, così autentico e così ostile, dove il fuoco consuma tutto, dove mentre si avvia la ricostruzione ti divorano i piccoli, cioè la speranza, è uno spazio anche bello anzi forse reso bello soprattutto dalla nitida asprezza che lo definisce. Caparbio, sapiente, creativo, libero, coraggioso, Grogh non promette mille e una notte di incanti e di delizie: ama la lotta, è profondamente dignitoso, in fondo dialoga davvero con il suo mondo perché non mette lo zucchero da nessuna parte. Al posto del Rosa bugiardino di tante storielle, c'è però la bellezza vera e pura di una natura autentica, piena di affascinanti misteri, di sfide e incessanti scommesse. Non c'è dubbio che nel libro si sentano le voci del pedagogista,  del biologo, del maestro, però Grogh supera lo stesso Salgari nella purezza del ritmo, nel fascino che è irresistibile perché di esso non sai darti ragione». Antonio Faeti, "Maestri e Castori" in Grogh, storia di un castoro, op. cit., 2011.


Da Grogh, storia di un castoro a Orzowei, il passo è segnato e breve.
E lo è per molti motivi, legati al contenuto e allo stile.



Alberto Manzi, Orzowei,
BUR Ragazzi, Milano, 2011


«Nel suo angolo d'Africa, Isa è un diverso, un emarginato, perché ha la pelle bianca. Lo chiamano Orzowei, "il trovato". Ha un duro compito davanti a sé: farsi accettare dagli altri e conquistarsi un posto nel mondo»


Pubblicato nel 1955 da Vallecchi con le illustrazioni di Silvano Campeggi, poi da Bompiani (1958), Orzowei si colloca a pieno titolo tra i classici contemporanei della letteratura per l'infanzia.



«Ignoravo l'esistenza di quel libro, ma era presente nella biblioteca della scuola. Quando l'insegnante ci portò a scegliere un volume da leggere, scorsi il nome di papà sulla costola. Avevo sei anni, leggevo già molto bene e sapevo che scriveva libri; i miei genitori mi avevano fatto leggere Tupiriglio e Testa Rossa, ma di Orzowei non mi avevano mai parlato. Incuriosita e un po' arrabbiata lo portai a casa. Mamma, quando mi ha vista salire in macchina con quel libro, non sapeva più dove sbattere la testa: "È un libro difficile. Non le devi leggere”, disse. Troppo tardi la mia curiosità era accesa. [...] Durante il ritorno a casa, lessi senza staccarmi dal libro; una volta arrivata a Pitigliano, chiesi anche a papà perché non mi avesse mai dato Orzowei. [...] Probabilmente neanche a lui faceva piacere che lo leggessi così presto, ma non cercò di togliermelo. Anzi, si prestava a rispondere alle mie domande». Giulia Manzi, Il tempo non basta mai. Alberto Manzi una vita tante vite, Add editore, 2014, p. 130.


Mohamed Isa è Orzowei, cioè "il trovato", «uno sciacallo d'uomo, un niente» come viene definito e trattato nel gruppo Swazi dove è stato trovato in una cesta appesa a un albero da Amunai il Ring-Kop, il Grande Guerriero, e cresciuto dalla vecchia Amebais. 
Isa è un bambino bianco, in quella savana africana, e il colore della sua pelle gli rende la durissima la vita nel villaggio. 

Giunto all'età di undici anni, Isa deve affrontare la grande prova per divenire guerriero. Armato solo di uno scudo e di una piccola lancia, inizia così il suo viaggio verso il l'età adulta e la possibilità di essere finalmente riconosciuto come degno di appartenere agli Swazi.

Un vero e proprio viaggio iniziatico, ma anche una fuga senza sosta, dove Isa imparerà a sopravvivere grazie alle sue abilità, dove farà incontri straordinari che gli mostreranno  quella "visione del mondo" in grado di modificare il corso di una vita.


«[...] C'è un maestro, naturalmente. È un'indimenticabile figura di maestro, questo Pao, capo del "piccolo popolo", misterioso sapiente alto meno di un bambino però colmo di antica sapienza, così ricca di spessore da far sì che lo avviciniamo alle figure dei saggi che la storia che meglio conosciamo ci ha fatto individuare. Filosofo e religioso della savana, Pao sa soprattutto trasmettere un metodo anche a noi lontani da lui nel tempo e nello spazio. Chi "conosce", sostiene Pao, sa amare e farsi amare. Gli "orzowei", gli esclusi e i reietti, i respinti, da tribù, da gruppi, da villaggi, da città, derivano i loro tormenti solo dall'ignoranza. E se ci si sente perseguitati, cacciati, offesi, ingiustamente sottoposti a tormenti e a sevizie, bisogna avere il grande coraggio che consente di domandare a se stessi: e io sto amando, io ho affetto per qualcuno, io vado davvero nella giusta direzione? È il coraggio che supera quello del guerriero ma deriva dall'attenzione del cacciatore. Il cacciatore sa osservare, decifrare, sa attendere, sa rispettare abitudini e caratteristiche; è sempre orientato ad accrescere l'unico patrimonio su cui può davvero contare: le sue conoscenze». Antonio Faeti, "La savana come aula" (2000), postfazione a Orzowei, op. cit., 2011.


Orzoweiè un romanzo di formazione nella sua accezione più autentica. Scevra da  moralismo e buonismo, come nello stile di Alberto Manzi, qui, come anche in Grogh, storia di  un castoro,  l'avventura non ha connotati romantici e idealizzati, ma spesso è descritta nei sui dettagli più duri e feroci, senza sconti, seppure trasposta in una dimensione affabulatoria, ma si rivela nel farsi della vita dei due protagonisti, Grogh e Isa, nel contrasto radicale fra necessità e libertà che, se da una parte segna il destino dell'eroe tragico, dall'altra si pone come vero e proprio topos di una riflessione antica e attualissima, filosofica e pedagogica insieme, come scrive Roberto Farné:


«[...] Entrambi questi due romanzi hanno un finale tragico e salvifico insieme, dove l'agnizione dell'eroe è l'atto estremo. In Grogh e in Orzowei Manzi costruisce il finale come l'acme di un dramma cruento. Grogh muore sotto i colpi dei cacciatori, dopo essere riuscito ad affondare la loro barca permettendo al resto della colonia dei castori di sfuggire agli uomini e di fuggire verso la libertà; Isa viene ucciso nel mezzo di una furibonda battaglia tra Swazi, il popolo nel quale è cresciuto, e i bianchi con i quali ha scoperto la sua identità attraverso l'accoglienza e l'amicizia. Lui non capisce perché quei due popoli si stiano massacrando, si getta nella mischia per fermarli, viene colpito, da uno Swazi o da un bianco non si sa, lo riconoscono quando ormai è troppo tardi, e le armi tacciono.
La lettura di questi due romanzi non è all'insegna di una narrazione dove i contenuti si presentano ammorbiditi e con gli angoli smussati, secondo un modo di concepire la letteratura per l'infanzia come qualcosa che protegge i turbamenti, piuttosto che provocarli. [...] Si tratta di un mondo duro e crudele, eppure un mondo della vita dove l'uomo può sia costruire la propria identità e la propria formazione autentica, sia esercitare il proprio essere distruttivo». Roberto Farné, Alberto Manzi. L'avventura di un maestro, BUP, 2011, p. 30.


Nelle parole di Alberto Manzi:


«Dovrei parlare di me e questo mi mette in imbarazzo. Che dire? Che scrivo libri? Che insegno? Che faccio questo e quest’altro?… Ha forse un significato la mia storia? Forse lo hanno più i personaggi dei miei racconti: Grogh, Orzowei, Pedro, El loco… e loro parlano dai loro libri. E i ragazzi che li conoscono si chiedono perché muoiono. È vero, per lo più muoiono. Già muoiono, anche se la gente pensa che un buon libo per i giovani non può non deve finire con la morte del protagonista: quasi quasi è immorale. 
Prendiamo Orzowei: Isa muore perché se così non fosse ciascuno elimina “dentro di sé” il problema che Isa si era posto. Orzowei vince: il problema è risolto. Il lettore, soddisfatto, non ci pensa più. No, il problema non è risolto. Isa muore ammazzato nel tentativo di risolvere il problema, ma non ci riesce. Muore e passa il problema al lettore che, da questo malessere causato dal finale inaspettato, deve sentirsi pungolato a risolvere, perlomeno a tentare di risolvere, anche solo nel suo piccolo, il problema che Isa gli lascia: occorre che l’uomo torni – o cominci – a rispettare l’uomo. Questo il problema da risolvere. Se avessi lasciato vivere Isa, avrei dovuto dare una soluzione, al problema, e questo avrebbe reso il lettore soddisfatto. No, il problema non è risolto, occorre risolverlo e le soluzioni, o la soluzione, dobbiamo cercarle noi e applicarle.
Solo così Orzowei vive: se il suo problema diventa il nostro problema. 
Così è per Pedro, campesino che lotta per avere un po’ di giustizia, un po’ di istruzione, un po’ di rispetto… mica tutto il rispetto, tutta l’istruzione, tutta la giustizia: un po’, quanto basta per sentirsi un “po’” uomini in una società che sfrutta il misero, che ha posto il denaro obiettivo fondamentale e unico della vita, e per il denaro uccide, distrugge. 
Così è per Grogh, il castoro, che tenta di vivere libero con la sua tribù, ma che l’uomo annienta… Solo “el loco”, il pazzo, non viene ucciso. Ed è normale. Non si può distruggere la pazzia: se ciò avvenisse, l’umanità avrebbe distrutto poesia, fantasia, gioia, amore. [... potete leggere il seguito qui] Alberto Manzi, "Questo mi mette d'imbarazzo" (ineditoin Giulia Manzi, op. cit., pp. 207-210

Di tutto altro sapore, invece è la piccola avventura di Tupiriglio, pubblicato nel 1988 dalle Edizioni moderne di Padova, con le illustrazioni di Luigi Roveri e Nino Orlich.

Siamo in pieno fiabesco, e l'incontro di queste pagine sarà con un personaggio abituato a comparire e scomparire in luoghi e tempi diversi, sotto false spoglie o uno sciocco dichiarato, sulle sponde del mediterraneo o in aperta campagna, il suo nome sarà, di volta in volta, Giufà, lo stolto, il Briccone divino, Ivan, Luigione, Gurdulù, Bertoldo o Lazzarillo.

La fiaba era uno dei generi letterari prediletti da Alberto Manzi, un genere che è stato sempre protagonista della sua pedagogia della lettura. Egli stesso annota: "Nessuno che ami i bambini può considerare di privarli delle fiabe, di questa letteratura che forma l'esperienza dell'immaginazione, come del resto non può privare l'adulto dell'elemento fantastico nella pittura e nella letteratura... Potrà (il bambino) partecipare alle azioni fantastiche delle fiabe con la stessa libertà che sentiamo nei grandi quando ci abbandoniamo alla finzione del teatro e della letteratura" (Isaacs).

Nel racconto fiabesco di Tupiriglio, Alberto Manzi, decide di vestire lo sciocco con i panni di un bambino e lo fa entrare a pieno titolo tra i protagonisti dell'illustre compagnia più sopra citata.


Alberto Manzi, Tupiriglio,
con illustrazioni di Jeffrey Fisher,
BUR Ragazzi, Milano, 2011


Due parole per i signori GRANDI
«Tupiriglio è un... insieme di tutti i bambini sciocchi del mondo, come sono stati presentati dalle tradizioni popolari di ogni Paese. L'autore non ha fatto altro che ricostruire un personaggio "nuovo", avendo come traccia episodi "vecchi". Ha impastato diverse storie, le ha rielaborate e... così è nato Tupiriglio.Una storiella per far sorridere i vostri bambini e... una boccata di fantasia anche per voi, per aiutarvi a sorridere anche nei momenti neri. In fondo, il sacchetto con un pizzico di giudizio ce l'abbiamo tutti. Basta usarlo nel momento giusto!». Alberto Manzi (in apertura di Tupiriglio)


Il povero Tupiriglio non ne combina mai una giusta. 
Ha sempre la testa tra le nuvole, capisce fischi per fiaschi, prende i modi di dire e di intendersi alla lettera, combinando indicibili guai a catena, crede a tutto quello che gli dicono, mandando all'aria ogni sorta di affare, e, così, una marachella dopo l'altra, un disastro via l'altro, fa disperare sua madre che, dopo anni di speranze deluse, di quel figlio, proprio non sa cosa farsene.

«[...] Tupiriglio e sua madre sembra giochino a non capirsi, la lingua non li unisce, ma li separa, un ordine produce un disastro, un consiglio avvicina la catastrofe. La magia delle fiabe non migliora la vita, procura sempre nuovi scapaccioni, in un rapporto che è fondato su molte botte e su ben scarse carezze.
[...]
Il maestro Manzi ha creato un bambino che si muove tra cavoli luridi e tavoli magici, noi dobbiamo portare avanti il suo limpido discorso, la sua sorridente ammonizione.
Dietro la sua cattedra, accanto alla sua lavagna a scoprire i Tupiriglio di oggi.
Ci attendono molte sorprese». Antonio Faeti, postfazione a Tupiriglio, op. cit., 2011.

Grogh, storia di un castoro, Orzowei e Tupiriglio, sono soltanto tre delle opere narrative scritte da Alberto Manzi, un buon inizio per fare la conoscenza dello scrittore.

Il mio consiglio è quello di proseguire, almeno con la trilogia del Sudamerica: La luna nelle baracche (1974), El loco (1979) e il romanzo postumo E venne il sabato (2005) che trovate ora editi nei tipi della casa editrice Gorée.

Ma anche di regalarsi il tempo per andare al Centro Alberto Manzi di Bologna, dove è custodita gran parte della sua memoria, vi sorprenderete a fare la conoscenza di un uomo di domani.

Infine, un invito a venire a Mirandola in occasione della Rassegna "PENSARE"(11 - 13 aprile) dove, il 12 aprile alle ore 21.00, Giulia Manzi e Federico Taddia con Sonia Boni Manzi, intrecceranno le loro voci, i loro pensieri, le loro esperienze in occasione di "Le parole per educare a pensare: un intellettuale rivoluzionario senza tempo", come è successo nella biografia appena uscita, e di cui vi ho parlato, Il tempo non basta mai. Alberto Manzi. Una vita tante vite appena pubblicata per mano di Giulia.

BOLOGNA CHILDREN'S BOOK FAIR 2014. I VINCITORI DEL BOLOGNARAGAZZI AWARD

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Sono stati proclamati, solo da qualche giorno, i vincitori del BolognaRagazzi Award che, come ormai sapete, da anni premia i libri migliori dal punto di vista del progetto grafico-editoriale distinti in quattro categorie: Fiction (Sezione dedicata a opere di fantasia, libri di storie o favole illustrati), Non Fiction (Sezione dedicata a pubblicazioni a carattere informativo, concernenti ogni area del sapere, scienza, storia, arte, musica, biografie, attualità, utili all’apprendimento), New Horizons (Premio speciale riservato all’editoria dei Paesi Arabi, dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa, che offre spunti di grande innovazione) e Opera Prima (Sezione dedicata alle opere di autori esordienti.

A partire dal 2012, alle sezioni del premio si è aggiunta una nuova categoria nata dalla collaborazione con la Children’s Technology Review (USA) che si rivolge agli editori e sviluppatori di app indirizzate a bambini e ragazzi dai 2 ai 15 anni. 
Qui i premiati di questa edizione.

Membri della giuria internazionale di esperti di questa edizione del BRAW, che "seleziona i migliori progetti editoriali considerandone gli elementi tecnici, il merito artistico, e l’equilibrio tra testo e immagine" sono:



PRESIDENTEMartin Salisbury

Martin Salisbury ha studiato illustrazione al Maidstone College of Art negli anni 70 e in seguito ha iniziato a lavorare per molti anni come illustratore freelance e pittore. Attualmente è Professore di Illustrazione alla Cambridge School of Art (nell’ambito della Anglia Ruskin University), dove ha fondato e dirige il primo corso di laurea in tutto il Regno Unito incentrato sull’iIllustrazione di libri per l’infanzia e il Centre for Children’s Book Studies. E’ autore di numerose pubblicazioni sull’illustrazione dei libri per l’infanzia tra le quali: Illustrating Children’s Books (A&C Black, 2004), Play Pen: New Children’s Book Illustration (Laurence King, 2007) e Children’s Picturebooks: The Art of Visual Storytelling (insieme al Professor Morag Styles, Laurence King, 2012).


Manuel Estrada
Manuel Estradaè un graphic designer. Insieme ai dieci collaboratori del suo studio lavora per le più importanti case editrici spagnole, tra cui Alfaguara e Anaya. È autore di raccolte e numerose copertine per il quotidiano "El Pais" e di copertine per pubblicazioni speciali dell’Accademia Reale della Lingua. Quattro anni fa, ha riprogettato la prestigiosa serie di tascabili di Alianza Editorial, e da allora ha curato centinaia di copertine per i liberi della collana. Oltre che grafico è anche illustratore e in tale ruolo ha illustrato opere come El silencio del agua di José Saramago per l’editore El Zorro Rojo, e El viaje del Elefante. Ha anche progettato numerose serie e collane di libri per ragazzi, fra le quali "Sopa de Libros" e "Espacio Abierto" per Anaya, Serie Roja e "Próxima Parada" per l’editore Alfaguara e "El Baúl de las Sorpresas" e "Entre Amigos" per il gruppo Santillana. Quest’anno i suoi lavori come graphic designer e i suoi album sono stati esposti nella sede di New York del National Center of the American Institute of Graphic Art. È presidente della Fondazione DIMAD che gestisce uno spazio dedicato al design nel Centro culturale Matadero di Madrid, ed è membro del Consiglio Superiore Spagnolo per l’Insegnamento dell’Arte. I suoi lavori hanno ricevuto premi e riconoscimenti, tra gli altri il Diploma dell’Art Directors Club of Europe e l’Excellence Award della rivista Design.

Laurence Tutello, libraia specializzata per ragazzi, presidentessa dell’Associazione dei Librai Specializzati per Ragazzi in Francia (A.L.S.J.) dal 2006. Ha aperto la sua libreria a Parigi nell’ottobre del 1994. La sua vocazione di libraia é nata leggendo libri sin da bambina. La lettura per lei ha sempre rappresentato uno spazio di libertà e d’indipendenza. Nella sua attività tiene a trasmettere il piacere della lettura sin dalla prima infanzia e a farlo condividere il più largamente possibile. Promuove una letteratura per ragazzi di qualità quanto alla tenuta dei testi ed alla creatività artistica delle illustrazioni.



Ed ecco i premi assegnati, i loro prolungamenti fuori dalla manifestazione e gli intrecci con il nostro mercato editoriale.


SEZIONE FICTION - VINCITORE

India Desjardins/Pascal Blanchet,
Le Noël de Marguerite,
La Pastèque, Montreal, Canada, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


Nell’attingere alla cultura e allo stile di vita americano della prima metà del XX secolo, l’opera di Blanchet si richiama al materiale pubblicitario e ai motivi popolari dell’epoca. Elegante e raffinato, il libro manifesta uniformità e coerenza nel suo linguaggio visivo. Sebbene sia stato eseguito con grande perizia tecnica, la narrazione visiva trascende il mero sfoggio di competenza stilistica. Grazie alla straordinaria padronanza della luce e dell’atmosfera, il libro va ben oltre l’adesione alle ultime tendenze. La storia di solitudine e malinconia si sviluppa attraverso sguardi sui mondi interiore ed esteriore e mediante la potente risonanza visiva di oggetti quotidiani e spazi vuoti. Il percorso emotivo del personaggio principale è illuminato da delicati fasci di luce, naturale e artificiale. Il libro trasmette calore senza mai scadere nel sentimentalismo. La narrazione ha luogo su uno sfondo di neve che cade silenziosamente e che si affievolisce gradualmente mentre ci si avvicina alla conclusione. Il libro è racchiuso da risguardie che riportano motivi elaborati con cura particolare e che completano il sottile messaggio natalizio. Il livello di eccellenza raggiunto nella concezione, costruzione ed esecuzione del libro hanno persuaso la giuria che questo fosse l’opera che più si distinguesse nella categoria Fiction.


India Desjardins/Pascal Blanchet,
Le Noël de Marguerite,
La Pastèque, Montreal, Canada, 2013


India Desjardins/Pascal Blanchet,
Le Noël de Marguerite,
La Pastèque, Montreal, Canada, 2013


India Desjardinsha iniziato la sua carriera come giornalista prima di scoprire la sua vera vocazione nella scrittura narrativa. È conosciuta per il suo popolare serie "Le Journal d'Aurélie Laflamme", dal cui primo libro è stato tratto un film nel 2010. Ha inoltre partecipato a "Cherchez la femme" con Amour et libertinage e Miroirs. Nel 2012, conLa Célibataire, co-firmato con illustratore Magalie Foutrier, ha fatto il suo ingresso nel mondo del fumetto. Le Noël de Marguerité è nato dalla collaborazione con l'illustratore Pascal Blanchet. 

Pascal Blanchetè nato a Trois - Rivières nel 1980. Ha un forte interesse per il design del 20° secolo, l'architettura e il jazz. Autodidatta illustratore, ha realizzato illustrazioni per giornali e riviste statunitensi e canadesi. Ha lavorato per Penguin Book, "The San Francisco Magazine", "The New Yorker" e "The National Post". Altri libri di Pascal Blanchet La Pastèque: La fugue, Rapide-Blanc, BologneNocturne.


PRESENTAZIONE
Lunedì 24 marzo
Caffé degli Illustratori
Ore 14:00 - Centro Servizi
Presentazione di Le Noël de Marguerite, La Pastèque (Canada)

Intervengono gli autori India Desjardins e Pascal Blanchet e Frédéric Gauthier, editore di La Pastèque e Martin Salisbury, Presidente della giuria del BolognaRagazzi Award 2014.
Moderatore: Marcella Terrusi, ISIA-Urbino


***Dove puoi trovarlo in fiera:

La Pastèque
Canada
Pad. 29 Stand D/3

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale

FIRME D'AUTORE -"Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Mercoledì 26 marzo Ore 14:00 
Libreria Internazionale
Dedica con India Desjardins e Pascal Blanchet 



SEZIONE FICTION - MENZIONE


Nicola Davies/Laura Carlin,
The Promise,
Walker Books Ltd., Londra, Regno Unito, 2013



LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


The Promisedescrive un viaggio dall’oscurità alla luce, da un mondo urbano a uno organico. Le illustrazioni di Laura Carlin ci trasportano dal più buio paesaggio urbano verso un mondo di speranza e di colori radiosi, con il costante accompagnamento a livello visivo di motivi e ritmicità. Un libro profondamente poetico e lirico in cui è l’armonia a porsi in primo piano, letteralmente e metaforicamente.


Nicola Davies/Laura Carlin,
The promise,
Walker Books Ltd., Londra, Regno Unito 2013


Nicola Davies/Laura Carlin,
The promise,
Walker Books Ltd., Londra, Regno Unito 2013



Nicola Daviesè una pluripremiata autrice, di cui, tra i molti libri, ricordiamo il bellissimo A First Book of Nature (illustrato da Mark Hearld e pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo La natura e le stagioni), Ice Bear, Big Blue Whale e la serie Silver Street Farm. Molti altri suoi titoli sono pubblicati in Italia da Editoriale Scienza. Si è laureata in zoologia, ha studiato le balene e pipistrelli e poi ha lavorato per la BBC Natural History Unit. Alla base di tutta la scrittura di Nicola Davies vi è la convinzione che un rapporto con la natura è essenziale per ogni essere umano, e che ora più che mai, abbiamo bisogno di mantenere vivo quel rapporto.


Nicola Davies/Mark Hearld,
La natura e le stagioni,
Rizzoli, Milano, 2013


Laura Carlin si è laureata al Royal College of Art ed è vincitrice di diversi premi, tra cui il V & A Book Illustration Award. Suoi lavori sono apparsi su "Vogue", "The Guardian" e "The New York Times", e ha anche illustrato The Iron Man di Ted Hughes, che ha ricevuto una menzione d'onore nella categoria Fiction del Bologna Ragazzi Award 2011. 
The Promise è il suo primo albo illustrato.


Ted Hughes/Laura Carlin,
The Iron Man,

Walker Books Ltd., Londra, Regno Unito 2013


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Walker Books Limited

Gran Bretagna
Pad. 25 Stand B/75

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale

INCONTRI - "Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Mercoledì 26 marzo ore 9.30
Sala Galavotta

Presentazione del libro Fili d’erba. Il fragile equilibrio fra uomo e natura, Editoriale Scienza. Con Nicola Davies, zoologa, appassionata divulgatrice, giornalista alla BBC, autrice di The promise, menzione Bologna Ragazzi Award.

Per le classi quarte e quinte della Scuola Primaria e prime della Scuola Secondaria di primo grado. È necessaria la prenotazione, telefonando allo 051 6154463 oppure scrivendo a elena@gianninostoppani.it.



SEZIONE FICTION - MENZIONE


James Joyce/Wolf Erlbruch,
Die Katzen von Kopenhagen,
Carl Hanser Verlag GmbH & Co. KG, Monaco, Germania, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Prendendo spunto dalle osservazioni che di Copenhagen ci ha lasciato James Joyce, il disegno crudo ed espressivo di Wolf Erlbruch ci conduce in un mondo di biciclette, pesci fumanti, borsaioli, poliziotti indolenti e gatti che rubano. A una lettura superficiale i disegni possono apparire infantili, ma in realtà sono connotati da una straordinaria sapienza visiva e si integrano alla perfezione con il testo scritto.



James Joyce/Wolf Erlbruch,
Die Katzen von Kopenhagen,
Carl Hanser Verlag GmbH & Co. KG, Monaco, Germania, 2013




James Joyce/Wolf Erlbruch,
Die Katzen von Kopenhagen,
Carl Hanser Verlag GmbH & Co. KG, Monaco, Germania, 2013



Di James Joyce e di The cats of Copenhagen, in Gavroche potete leggere qui.

Di Wolf Erlbruch, invece, ci sarebbe moltissimo da scrivere perché è uno dei più grandi illustratori di tutti i tempi. Classe 1949, tedesco di Wuppertal, Wolf Erlbruch ha saputo innovare l’illustrazione dei libri per bambini, combinando il disegno al ritaglio, al collage, alla pittura. Il tratto espressionista e talvolta surreale porta i piccoli e grandi lettori a conoscere luoghi e personaggi dall’aspetto deformato e bizzarro, ma che raccontano storie molto vicine a noi. I libri di Erlbruch parlano attraverso storie e
immagini di dubbi, domande, esperienze che toccano la vita di tutti quanti.
In Italia i suoi libri sono pubblicati dalla casa editrice E/O.

Jurg Schubiger/Wolf Erlbruch,
Due che si amano,
edizioni e/o, Roma, 2013


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Carlsen Verlag GmbH

Germania
Pad. 30 Stand A/38

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE FICTION - MENZIONE



Mélanie Rutten,
L'ombre de chacun,
Editions MeMo, Nantes, Francia 2013



MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


Una linea fluida ed espressiva e delicate trasparenze coloriche caratterizzano il linguaggio visivo estremamente personale di Mélanie Rutten. L’autrice dà vita a un universo di creature antropomorfe e di libri deambulanti che riescono comunque a convincerci subitaneamente, mentre ci conducono nel loro mondo bizzarro, un mondo che è tuttavia di colmo di amicizia e calore.

Mélanie Rutten,
L'ombre de chacun,
Editions MeMo, Nantes, Francia 2013

Mélanie Rutten,
L'ombre de chacun,
Editions MeMo, Nantes, Francia 2013

Mélanie Rutten,
L'ombre de chacun,
Editions MeMo, Nantes, Francia 2013


Mélanie Rutten, nata nel 1974 in Belgio, ha trascorso la sua infanzia in Africa. Dopo aver studiato fotografia a Bruxelles, ha frequentato corsi serali di illustrazione con Montse-Gisbert e Kitty Crowther. Ora viaggia nel suo universo pieno di animali che ci somigliano armata di matite, pennarelli, colla, forbici 
e fotografie in bianco e nero.


***Dove puoi trovarlo in fiera
:


Editions MeMo
Francia
Pad. 30 Stand A/16

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE FICTION - MENZIONE

Icinori,
Issun Bôshi,
Actes Sud Junior, Parigi, Francia 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

In questa storia di una persona minuscola in un mondi di giganti si sovrappongono colori audaci e sgargianti nello stille della xilografia. Il libro, dalla splendida costruzione con un uso dello spazio molto attento a sottolineare gli estremi della scala, ci propone un’antica estetica giapponese dal gusto molto teatrale. Si tratta di un libro sontuosamente ricco, esuberante e brulicante di vita.


Icinori è una coppia di disegnatori: Raphael Urwiller e Mayumi Otero. Editori e stampatori per passione, francese lui e giapponese lei, lavorano intorno a progetti dove raffinatezza, innovazione, indipendenza e grande maestria tecnica sono gli ingredienti principali. Ogni nuovo libro è per loro terreno di sperimentazione. Maestri indiscussi nell’ambito della serigrafia, i loro libri sono veri e propri oggetti d’arte e si caratterizzano per un uso del segno, del colore e della pagina inconfondibili. Raffinati pop-up, vere e proprie fantasmagorie in cui la carta diviene materia sensibile, e il colore colpisce lo sguardo per l’uso di rare tonalità, i libri di Icinori sono la novità nel panorama dell’albo illustrato per bambini. Icinori, accanto all’editoria e alla stampa d’arte, ha spesso collaborato con importanti testate, come "Le Monde", "New York Times" e con grandi musei. In Italia i libri del duo artistico sono pubblicati dalla casa editrice Orecchio acerbo che, dopo Jabberwocky lo straordianario nonsense di Lewis Carroll uscito nel 2012, le cui immagini sono firmate da Raphael Urwiller farà uscire nel mese di aprile nelle librerie Issun Boshi (che potrete ammirare presso lo stand dell'editore, dove potrete trovare anche alcune copie in anticipo rispetto l'uscita nelle librerie)

Icinori,
Issun Boshi.
Il bambino piccolo come un pollice
,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria da aprile)

Prega oggi prega domani, il figlio tanto desiderato da quei due contadini finalmente arrivò. Ma è piccolo, minuscolo, non più alto di un pollice di bambino. Piccolo, certo, ma ha il coraggio di un leone. E così Issun Boshi, questo il suo nome, con i doni dei suoi genitori – una ciotola di riso come scudo e un ago appuntito come spada – parte per il mondo in cerca di un posto su misura per lui. Lungo il cammino incontra una creatura mostruosa che gli offre uno scambio: se il piccolo riuscirà a portargli il tesoro del Signore della città, l’orco, con il suo mazzuolo magico, restituirà a Issun la statura che i genitori hanno dimenticato di dargli… Ma Issun, a rubare non ci pensa proprio! E così abbandona l’orco al suo destino e s’incammina verso la grande città dove, ballando e cantando, rallegrerà una principessa annoiata e incontrerà l’amore. L’orco però, non rassegnato, trova Issun e lo inghiotte in un boccone. Ma il coraggio non abbandona Issun Boshi neanche di fronte al pericolo estremo, e il duello è nella pancia di quell’orco crudele... Per arrivare infine ad impadronirsi del magico mazzuolo, diventare grande, e conquistare finalmente lo sguardo – e soprattutto il cuore – di quella principessa che a malapena si accorgeva di lui.


Icinori,
Issun Boshi.
Il bambino piccolo come un pollice
,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria da aprile)

Icinori,
Issun Boshi.
Il bambino piccolo come un pollice
,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria da aprile)

Icinori,
Issun Boshi.
Il bambino piccolo come un pollice
,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria da aprile)
 

Icinori,
Issun Boshi.
Il bambino piccolo come un pollice
,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
(in libreria da aprile)



***Dove puoi trovarlo in fiera:

Actes Sud Junior

Francia
Pad. 30 Stand A/11

***Dove puoi trovare il libro in italiano in fiera:

Orecchio Acerbo srl
Italia
Pad. 26 Stand B/25



SEZIONE NON FICTION - VINCITORE

Dictionnaire fou du corps
Jehoszue Kamiński/Urszula Palusińska,
Majn Alef Bejs,
Zydowskie Stowarzyszenie Czulent 
(Czulent Jewish Association), 
Cracovia, Polonia, 2012


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Un alfabeto di poesie Yiddish prodotto in maniera sbalorditiva, un libro che ha trovato immediatamente l’accordo unanime della Giuria come vincitore indiscusso della categoria Non-Fiction. Immagini straordinariamente vigorose eseguite in uno stile che ricorda la xilografia, in una colorazione intensa, uniforme su una texture superficiale ruvida. Ogni doppia pagina è costruita perfettamente in termini di peso e distribuzione delle forme sul foglio. Si tratta di un lavoro singolare, sapiente dal punto di vista della grafica che, al tatto, risulta moderno e tradizionale al contempo. Con le sue dimensioni cospicue, il libro riesce a dare perfettamente spazio alla narrazione dei contenuti e ogni aspetto della sua costruzione è stato curato nel minimo dettaglio.

Jehoszue Kamiński/Urszula Palusińska,
Majn Alef Bejs,
Zydowskie Stowarzyszenie Czulent 
(Czulent Jewish Association), 
Cracovia, Polonia, 2012


Jehoszue Kamiński/Urszula Palusińska,
Majn Alef Bejs,
Zydowskie Stowarzyszenie Czulent 
(Czulent Jewish Association), 
Cracovia, Polonia, 2012


Jehoszue Kamiński/Urszula Palusińska,
Majn Alef Bejs,
Zydowskie Stowarzyszenie Czulent 
(Czulent Jewish Association), 
Cracovia, Polonia, 2012


Jehoszue Kamiński/Urszula Palusińska,
Majn Alef Bejs,
Zydowskie Stowarzyszenie Czulent 
(Czulent Jewish Association), 
Cracovia, Polonia, 2012




Jehoszue Kaminski, pedagogo, scrittore di libri e manuali per i bambini, attivista del Movimento Yiddish School, era nato il 15 agosto 1884 in Malin, a Kiev Governatorato. Si trasferì negli Stati Uniti all'età di 22 anni dove, in collaborazione con l'Istituto di Szolem-Alejchem e nei pressi di Rhinebeck a New York, è stato uno dei fondatori di scuole conosciute col nome "Camp Boiberick Jork" (1923-1979), campi estivi yiddish per i bambini. È stato co-creatore della casa editrici per bambini Matones e della riviste per bambini "Kinder Żurnal" e "Kinder Cajtung". È scomparso il 30 Novembre 1958 a New York.

Urszula Palusińskaè nata nel 1984. Si è laureato del Dipartimento di Arti Grafiche dell'Accademia di Belle Arti di Cracovia, città dove oggi vive e lavora. Nel 2010 ha fatto il suo film-diploma Bit and Species, che ha vinto, tra gli altri, il Premio del Polish Festival of Original Animated Films OFAFA di Cracovia. Il film d'animazione You Can’t Beat the Movies è il suo debutto cinematografico.



PRESENTAZIONE
Mercoledì 26 marzo
Caffé degli Illustratori
Ore 10.00 - Centro Servizi

Presentazione di Majn Alef Bejs, Zydowskie Stowarzyszenie Czulent (Czulent Jewish Association) - Polonia 

Intervengono l’editore Anna Makówka-Kwapisiewicz e l’illustratrice Urszula Palusińska
Modera: Marcella Terrusi, ISIA-Urbino



***Dove puoi trovarlo in fiera:

Zydowskie Stowarzyszenie Czulent (Czulent Jewish Association)
Polonia
Pad. 30 Stand B/3

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE NON FICTION - MENZIONE



Patricia Hruby Powell/ Christian Robinson,
Josephine. The Dazzling Life of Josephine Baker,
Chronicle Books, San Francisco, USA, 2014


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

La storia esotica di Josephine Baker viene raccontata con uno stile visivo opportunamente ricco e rievocativo della pittura. L’uso vibrante che l’artista fa del colore e della texture diviene sfondo per un testo particolareggiato. Pennellate giocose creano un movimento vibrante, forme e motivi d’epoca che evocano l’età del jazz in tutto il suo colore e la sua forza drammatica.




Patricia Hruby Powell prima di iniziare a scrivere libri per bambini, ha danzato attraverso l'America e l'Europa con la sua compagnia "One Plus One. Vive a Champaign nell'Illinois.

Christian Robinson si è formato negli Pixar Studios e, in particolare, lavorando su Sesame Street. Questo è il suo libro. Vive a San Francisco.


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Chronicle Books
Stati Uniti d'America
Pad. 26 Stand B/65

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale



SEZIONE NON FICTION - MENZIONE




Norio Nakamura,

Dottoko Zoo,
Fukuinkan Shoten Publishers, Inc.– Tokyo, Giappone, 2012


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Una passeggiata in uno zoo graficamente arguta, un esperimento su come sia possibile l’astrazione delle forme nel numero più piccolo di pixel che permetta comunque l’identificazione. Un puzzle grafico di estrema sofisticazione, un tour de force di composizione e minimalismo che mira ad aprire gli occhi e la mente.




Nato nel 1967 nella città di Kawasaki nella prefettura di Kanagawa. Laureato della Nihon University College of Art, Norio Nakamuraè attivo nella ideazione e progettazione di contenuti digitali, libri per bambini, la pubblicità, video e giocattoli. Il suo lavoro comprende la progettazione grafica per l'unità d'arte Maywa Denki e il gioco PlayStation "IQ Intelligent Qube" (commercializzato in Europa come "Kurushi"). Una delle sue linee di giocattoli, chiamata WPontiki", è venduto al Museum of Modern Art di New York e da Colette a Parigi. È stato insignito di numerosi premi, tra i quali l'"Excellence Award del Japan Media Arts Festival" promosso dall'Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone e il "Silver Award" del New York Art Directors Club .


***Dove puoi trovarlo in fiera
:

Fukuinkan Shoten Publishers, Inc.
Giappone
Pad. 29 Stand A/33

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale



SEZIONE NON FICTION - MENZIONE


Ricardo Henriques/André Letria,
Mar,
Pato Lógico Edicões – Lisbona, Portogallo, 2012


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


La concezione e l’illustrazione di questo libro riflettono con precisione il suo tema nautico. Carattere e immagine si integrano magnificamente sulla pagina semplicemente con l’utilizzo del nero e di un secondo colore, il blu. L’artista sfrutta con grande efficacia i contrasti di scala. Creature enormi combattono contro minuscole imbarcazioni. I raggi di luce che provengono dai fari attraversano la pagina. La cultura del mare è percorsa in tutte le sue sfaccettature, senza dimenticare fatti, cifre e folklore, in una esperienza grafica di grande appagamento per il lettore.




Ricardo Henriques/André Letria,

Mar,
Pato Lógico Edicões – Lisbona, Portogallo, 2012




Ricardo Henriques/André Letria,

Mar,
Pato Lógico Edicões – Lisbona, Portogallo, 2012




Ricardo Henriques/André Letria,

Mar,
Pato Lógico Edicões – Lisbona, Portogallo, 2012




Ricardo Henriques/André Letria,

Mar,
Pato Lógico Edicões – Lisbona, Portogallo, 2012


Nato a Lisbona, Ricardo Henriques ha ereditato il gusto per il disegno del padre e il piacere della scrittura dalla madre. Non riuscendo a decidersi tra i due amori narrativi, ha fatto il grafico, l'illustratore, l'autore dei testi per la pubblicità e il giornalista.

André Letriaè nato a Lisbona nel 1973 e lavora come illustratore dal 1992. Il suo lavoro si divide tra l'illustrazione di libri per bambini, l'illustrazione editoriale, la scenografia e l'animazione. Come illustratore ha vinto numerosi premi in cui spiccano il Prémio Nacional de Ilustração nel 2000 Premio e il Prémio Gulbenkian nel 2004.


***Dove puoi trovarlo in fiera:

PortogalloPad. 29 Stand C/13

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


FIRME D'AUTORE - "Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Domenica 23 marzo Ore 15:00 
Libreria Internazionale
Dedica con André Letria e Ricardo Henriquez


SEZIONE NEW HORIZONS - VINCITORE

Jung Yumi, 
La chica de polvo,
Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia
prodotto da Culture Platform, Seoul, Corea del Sud


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


Questa potente, silenziosa sequenza visiva è la versione cartacea di un film animato. Le immagini in bianco e nero così avvincenti raccontano sommessamente, in tutti i suoi più fini dettagli, la storia di una vita apparentemente normale. Nell’arco di diverse pagine vengono descritti piccoli momenti, rallentati fino quasi a un totale arresto con attenzione scrupolosa agli oggetti quotidiani più apparentemente insignificanti. L’autore conserva lo stesso grado di concentrazione intensa per l’intera durata di questo viaggio epico, riuscendo così a persuadere la Giuria che si tratta di un lavoro di eccezionale ambizione creativa.




Jung Yumi, 

La chica de polvo,
Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia
prodotto da Culture Platform, Seoul, Corea del Sud



Jung Yumi, 

La chica de polvo,
Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia
prodotto da Culture Platform, Seoul, Corea del Sud



Jung Yumi, 

La chica de polvo,
Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia
prodotto da Culture Platform, Seoul, Corea del Sud




Jung Yumi, 

La chica de polvo,
Rey Naranjo Editores – Bogotà, Colombia
prodotto da Culture Platform, Seoul, Corea del Sud


Nata a Seoul, Corea del sud, Jung Yumi ha alle spalle una brillante carriera nel mondo dell'animazione artistica. Il suo cortometraggio Dust Kidè stato presentato alla "Quinzaine des Réalisateurs" a Cannes e in più di 50 diversi festival di animazione, guadagnando 10 premi internazionali. Nel 2012, la casa editrice Rey Naranjo ha pubblicato Powder Girl, un adattamento cinematografico di Dust Kid e Paranoid un libro illustrato con riflessioni sulla solitudine, l'umorismo e la femminilità. Oggi Yumi sta lavorando a un cortometraggio intitolato Love Games.


PRESENTAZIONE
Giovedì 27 marzo
Caffé degli Illustratori
Ore 11:00 - Centro Servizi
Presentazione di La chica de polvo
Intervengono l’autrice Yumi Joung, il produttore Kim Kihyun e l’editore John Naranjo
Modera: Marcella Terrusi, ISIA - Urbino


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Rey Naranjo Editores
Colombia
Pad. 29 Stand D/47

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale

FIRME D'AUTORE - "Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Martedì 25 marzo Ore 14:00
Libreria Internazionale
Dedica con Yung Jumi, La Chica de Polvo, Rey Naranjo



SEZIONE NEW HORIZONS - MENZIONE

Fatima Sharafeddine/Fereshteh Najafi,
Do not open this book!,
Kalimat - Sharjah, Emirati Arabi Uniti


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Questo libro, proveniente dagli Emirati Arabi, si sviluppa a fisarmonica e, con la sua ricca decorazione, ci presenta le due facce della coscienza di un bambino. Da una parte seguiamo il suo vissuto quotidiano, senza particolari scossoni; dall’altra caldi colori intensi ci conducono in un mondo alternativo, fatto di fantasia e immaginazione. L’artista padroneggia un potente vocabolario visivo personale fatto di pennellate molto materiche e di un uso sicuro e distintivo del colore.



Fatima Sharafeddine/Fereshteh Najafi,
Do not open this book!,
Kalimat - Sharjah, Emirati Arabi Uniti



Fatima Sharafeddine è nata nel 1966 a Beirut , in Libano, e ha trascorso i primi sei anni della sua infanzia in Sierra Leone, in Africa occidentale . Tre anni dopo ha fatto ritorno con la sua famiglia in Libano e lì è scoppiata la guerra civile libanese. Ha trascorso i suoi successivi 15 anni di vita spostandosi continuamente da una città all'altra, cambiando case e scuole, cercando ogni volta di trovare rifugio nella zona più sicura.
Nel 1989 si è laureata in lettere e in educazione della prima infanzia dall'Università Americana del Libano. Un anno dopo, si è sposata e si è trasferita negli Stati Uniti dove ha conseguito un Master in Teoria e Pratica Educativa (1993) e un Master in Modern Arabic Literature (1996) entrambi presso la Ohio State University.Nel 2001 si è trasferita con la sua famiglia a Bruxelles. Ora si dedica esclusivamente alla scrittura per bambini e giovani adulti. Negli ultimi 10 anni ha pubblicato oltre 95 libri e ne ha tradotti molti altri. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in varie lingue europee Attualmente vive tra Bruxelles e Beirut e conduce anche laboratori di scrittura creativa con i bambino.

Fareshteh Najafiè nata in Iran, a Tehran nel 1974, dove si è laureata in Grafica e inIllustrazione all'Azad Art University. Ha all'attivo la pubblicazione di oltre 30 titoli che la vedono come autrice e illustratrice. Il suo lavoro è stato insignito di prestigiosi premi. Ha lavorato anche come illustratrice per diverse riviste iraniana: "Koodak", "Noamouz" e "Madreseye Farda".

Fareshteh Najafi,
La piccola pittrice,
Coccole e Caccole, 2012


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Kalimat

Emirati Arabi Uniti
Pad. 29 Stand C/53

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE NEW HORIZONS - MENZIONE


Colleccíon Poesía Illustrada
Editorial Amanuta, Santiago, Cile, 2012

LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Questa collana speciale di picturebook cileni si distingue per l’integrazione che caratterizza concezione e illustrazione. Fa ricorso a un’ampia gamma di idiomi illustrativi che si fondono grazie a un forte senso globale di costruzione e “brand”. La gestione dei caratteri è meditata e attenta, flessibile e in grado di adattarsi ai diversi stili d’illustrazione. Le copertine in cartone ruvido sono stampate coi ricchi colori della serigrafia che brillano nel contrasto con la superficie grezza. La Giuria ha concordato nel ritenere che si trattasse di una serie di libri di evidente distinzione grafica.






***Dove puoi trovarlo in fiera:

Editorial Amanuta

Cile
Pad. 29 Stand B/9

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE OPERA PRIMA - VINCITORE



Yulia Horst/Daria Rychkova,

Halens Historie,
Cappelen Damm – Oslo, Norvegia, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

La Giuria ha ritenuto che si trattasse di un debutto sorprendentemente maturo e culturalmente sapiente. Il libro si incentra sull’ipotesi “cosa sarebbe il mondo se tutti avessimo una coda?” In riferimento a questo tema, viene indagato ogni aspetto del vivere e dei rapporti personali. Gli innamorati intrecciano le code delicatamente e timidamente, gli atleti consolidano in palestra i muscoli della coda mentre i punk si spazzolano la coda per arrivare alla nota forma a punta. L’artista passa dal colore al bianco e nero mentre raffigura l’interazione tra i personaggi con un’attenzione speciale per il dettaglio del racconto.

Yulia Horst/Daria Rychkova,
Halens Historie,
Cappelen Damm – Oslo, Norvegia, 2013


Yulia Horst/Daria Rychkova,
Halens Historie,
Cappelen Damm – Oslo, Norvegia, 2013


Yulia Horst/Daria Rychkova,
Halens Historie,
Cappelen Damm – Oslo, Norvegia, 2013


PRESENTAZIONE
Lunedì 24 marzo
Caffé degli Autori
Ore 11:15 - Pensilina di collegamento - Pad. 29/30
Presentazione di Halens Historie

Intervengono l’autrice Yulia Horst e l’editor Nicolai Houm
Modera: Marcella Terrusi, ISIA-Urbino

***Dove puoi trovarlo in fiera:
Cappelen Damm
Norvegia
Pad. 30 Stand C/7


"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


FIRME D'AUTORE - "Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Domenica 23 marzo Ore 16:00
Libreria Internazionale
Dedica con Yulia Horst e Dasha Rychkova


SEZIONE OPERA PRIMA - MENZIONE


Emma Giuliani,
Voir le jour,
Editions des Grandes Personnes – Parigi, Francia, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Questo libro a fisarmonica elegantemente semplice ci invita a portare lo sguardo oltre la monocromaticità per ritrovare i colori nascosti della vita quotidiana. Un libro pieno di piccole sorprese che rivelano e illuminano il ciclo della vita in maniera sommessa eppure altamente efficace.




Emma Giuliani,
Voir le jour,
Editions des Grandes Personnes – Parigi, Francia, 2013





Emma Giuliani,
Voir le jour,
Editions des Grandes Personnes – Parigi, Francia, 2013



***Dove puoi trovarlo in fiera:
Editions des Grandes Personnes
Francia
Pad. 30 Stand A/16

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale

FIRME D'AUTORE - "Non ditelo ai grandi" - Pad. 33
Mercoledì 26 marzo Ore 15:00

Libreria Internazionale
Dedica con Emma Giuliani


SEZIONE OPERA PRIMA - MENZIONE

Sooyoung Kim,
The hair,
Somebooks – Seoul, Corea del Sud, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

In questa produzione artigianale, Sooyung Kim crea un mondo intenso e inquietante. Il libro indaga i temi dell’alienazione e della “differenza”. La sofferenza e il dolore del personaggio principale nel suo percorso di transizione sono descritte con intensità e forte senso del dramma. Una dinamica lineare potente da sinistra a destra conferisce maggiore intensità al viaggio fisico e metaforico del protagonista. Un’opera inquietante ed enigmatica, un debutto estremamente convincente.
Sooyoung Kim,
The hair,
Somebooks – Seoul, Corea del Sud, 2013

Per una migliore visione dell'intero libro guardate QUI


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Somebooks

Repubblica di Corea
Pad. 29 Stand A/2 - A/3

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale


SEZIONE OPERA PRIMA - MENZIONE



Romana Romanyshyn e Andriy Lesiv,

Зірки і макові зернята (Stars and Poppy Seeds),
Vydavnytastvo Starogo Leva (The Old Lion Publishing House) – Leopoli, Ucraina, 2013


LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA


Tramite la narrazione del desiderio di una bambina di contare qualunque cosa al mondo, l’opera indaga il tema della matematica. Ogni pagina diventa uno schema di numeri e forme, punti e simboli in un collage movimentato dell’armamentario della conoscenza scientifica. Attraverso le pagine del libro, il personaggio principale interagisce giocosamente con gli oggetti della sua ossessione. Il medium del collage digitale è usato con disinvoltura, in una integrazione riuscita tra il materiale grafico reperito e il tratto reso manualmente.

Potete vedere il libro intero QUI.


***Dove puoi trovarlo in fiera:

Vydavnytstvo Starogo Leva (The Old Lion Publishing House)
Ucraina
Pad. 30 Stand D/29

"Non ditelo ai grandi" - Padiglione 33
Libreria Internazionale

BOLOGNA CHILDREN'S BOOK FAIR 2014... LE PUBBLICAZIONI DA NON PERDERE

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Per prima cosa.... c'è un compleanno da festeggiare in fiera.

Un decimo compleanno!


C'è un modo migliore di farlo, per un editore, se non con la pubblicazione di una storia? Così devono aver pensato Topipittoriche, nel Cataloghissimo anni 10, pubblicato in occasione della Fiera, per una volta di storie, hanno raccontato la loro.

Illustrazione di Copertina
di Guido Scarabottolo

(potete scaricare il pdf qui)

Da qualche tempo, noi Topi andiamo domandandoci per quale ragione il nostro decimo anniversario ci riempia di gioia. Certamente il semplice fatto di essere sopravvissuti, contro ogni ragionevole previsione, nonostante un mercato riluttante e una congiuntura a volte catastrofica, è un buon motivo per festeggiare. Oggi sappiamo che esiste, nel mondo dei libri per ragazzi, uno spazio per i Topipittori. E questo, dieci anni fa, lo immaginavamo soltanto.
C'è poi il risultato del nostro fare: i centododici libri che abbiamo realizzato in questi dieci anni, e quelli che sono già pronti e aspettano solo di essere stampati per la stagione autunnale di quest'anno. In questo Cataloghissimo li mettiamo in ordinata fila. Sono libri che per noi contano e hanno un senso, tanto presi singolarmente quanto nel loro complesso. Siamo orgogliosi del nostro catalogo. Lo consideriamo la nostra opera migliore, al di là delle eccellenze dei singoli titoli che lo compongono. E lo siamo ancor di più se pensiamo che ci è valso la stima dei colleghi italiani e stranieri, oltre a qualche premio e riconoscimento. Ma anche l'orgoglio del fare, nulla è rispetto alla contentezza per questo anniversario.
Della vera, profonda ragione di tanta gioia ci siamo accorti impaginando alcune delle pagine di questo catalogo-sommario. Sono le pagine che raccolgono le fotografie degli scrittori e degli artisti che hanno contribuito con la loro creatività alla nostra avventura editoriale. Ci siamo, forse banalmente, resi conto che quel lavoro, sempre intenso, a tratti estenuante, che da dieci anni facciamo quotidianamente altro non è che creare un tessuto di relazioni. Non sono solo autori e illustratori che dovrebbero avere un ritratto su queste pagine. Bisognerebbe aggiungere quello di librai e genitori, bibliotecari e bambini, rappresentanti e stampatori, grafici e promotori della lettura, nonni e zii a decine. Persone che hanno fabbricato e venduto, comprato e letto, creato e distrutto, commentato e fatto leggere i nostri libri; che seguono il nostro blog con passione; che ci fanno conoscere le loro opinioni e che ci fanno notare, anche pubblicamente (come il bambino Giona e il nonno Zaffaroni), i nostri errori. Questo tessuto, di trama solida e ordito elegante, è tutto ciò che regge una casa editrice. Questa casa editrice. E deve essere davvero forte e bello se ci ha permesso di arrivare fin qui.

I Topipittori


Ho conosciuto i Topipittori nei primi mesi dell'anno 2005 e, come suol dire, da allora non li ho più lasciati, nel senso che non ho mai smesso di seguire con interesse e curiosità l'intelligente evoluzione del loro lavoro.

Creata nel 2004, da Paolo Canton e Giovanna Zoboli, Topipittori è una casa editrice milanese specializzata in libri per bambini e ragazzi. Attenta alle esperienze e alle culture del libro illustrato maturate in Italia e nel resto del mondo, nel corso degli anni la casa editrice ha sviluppato un catalogo innovativo per temi e linguaggi, interessante anche per la presenza di autori, illustratori e grafici sia italiani sia stranieri, spesso alla loro prima esperienza nell’ambito del libro per ragazzi (se ancora non la conoscete, potete leggere La vera storia dei Topipittori).


Al compimento del loro quinto compleanno scrissi un articolo che apparve sul numero 2/2009 di "LG Argomenti". Sono andata a ricercalo per questa occasione e posso dire, che nei cinque anni trascorsi, i Topipittori hanno continuato senza sbavatura il percorso che già si intravedeva all'inizio, che a metà sembrava bel delineato e, ora possiamo dire, è divenuto impareggiabile cifra stilistica:


BUON COMPLEANNO TOPIPITTORI!
di Elisabetta Cremaschi

Nel 2009 i Topipittori festeggiano i primi cinque anni di attività. Mentre scrivo questo articolo arriva la notizia che due loro libri, ABC cercasi di Gwénola Carrère e Dentro di me di Alex Cousseau e Kitty Crowther, hanno vinto l'importante concorso coreano CJ Picture Book Awards International Competition, davvero un bel modo di celebrare questa ricorrenza.
Dal 2004 ad oggi di strada ne hanno fatta tanta, fino a diventare una delle case editrici più interessanti e qualificate della storia dell'editoria italiana per ragazzi. Il merito di questo risultato si deve all'ingegno e all'impegno che Giovanna Zoboli e Paolo Canton hanno saputo mettere nella selezione sempre attenta e accurata dei titoli in uscita tesa, fin dagli inizi, a definire la specificità della loro linea editoriale, caratteristica che ha reso i libri dei Topipittori immediatamente riconoscibili tra le molte proposte per ragazzi esposte sugli scaffali delle librerie. Scorrendo i titoli del loro “cataloghino”, ormai una quarantina di cui circa la metà pubblicati anche in Francia, Spagna e Corea del Sud, ma ancor più inoltrandosi nelle collane, si ha la sensazione che ciò che guida il loro lavoro sia, ancor prima della coerenza editoriale, il tentativo di perseguire una ferrea onestà intellettuale, la sola che permette di offrire al bambino quella chiarezza di significati di cui ha bisogno per entrare nel mondo della conoscenza, senza dogmi e nel pieno rispetto dell'unicità della dimensione immaginativa dell'infanzia.
Chi ricorda la propria infanzia sa bene quanto i territori dei bambini siano preclusi agli adulti, quanto siano avvolti da un manto nebuloso e impenetrabile. Quanto, da adulti, ci si possa sentire spaesati di fronte alla geografia intellettuale e affettiva dell'infanzia che di quei territori segreti è il disegno preciso, senza sbavature, che una volta cresciuti, per eccesso di semplificazione, non si riesce spesso neanche più ad abbozzare. I Topipittori fanno, di questa consapevolezza, la ragione che li conduce a cercare di tutelare con ogni mezzo il mistero del mondo bambino e, nel farlo, si appellano proprio a quel dovere di onestà, di rigore dell'approfondimento, di responsabilità e di rispetto culturali che chiedeva Calvino nelle sue fondamentali lezioni, di cui quella sull'Esattezza dovrebbe essere, non l'unica, ma certo quella indispensabile per tutti coloro che con i libri per ragazzi intrattengono rapporti significativi. Calvino, Lionni, Munari, che qui sembrano i numi tutelari, hanno insegnato quale duro e costante lavoro si possa nascondere dietro la costruzione artistica di un libro. Nel libro, ancor più nel libro illustrato genere principe della casa editrice, tutto racconta, tutto è porta e finestra, educazione allo sguardo, pedagogia estetica, dalla parola all'illustrazione, dalla copertina al carattere tipografico, dal formato alla grammatura della carta, tutto. Ogni elemento deve essere perfettamente calibrato per dar vita a quella perfezione che sboccerà, di volta in volta, e in modi sempre nuovi e diversi, nelle mani di ciascun bambino. [...]


Oggi, parte degli oltre 100 titoli in catalogo sono stati venduti all’estero in Stati Uniti, Francia, Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Corea, Brasile, Messico, Cina, Grecia, Olanda e Polonia.

In catalogo ora la casa editrice ha all'attivo otto collane.
Cinque appartenenti agli Illustrati: dalla poesia ("Parola magica"), ai classici ("Fiabe quasi classiche"), ai picture book ("Albi"), ai libri illustrati per tutti ("Grilli per la testa"), al progetto sperimentale, dedicato ai libri-ponte pensati per creare momenti di condivisione fra bambini e adulti ("I Grandi e i Piccoli").
La collana di narrativa "Gli anni in tasca", che raccoglie racconti autobiografici di infanzia e adolescenza e, nata da una sua costola, "Gli anni in tasca graphic", serie dedicata ai fumetti per ragazzi e bambini. Infine, l'ultima, "PiPPo - Piccola Pinacoteca Portatile", nata con l'intento di offrire ai bambini occasioni per "Giocare con l’arte, imparare a osservare quel che c’è nei quadri, per riflettere su come e perché i pittori immaginano, disegnano, rappresentano cose, persone, animali, piante, città, paesaggi... Creare una collezione personale di immagini da appendere e da regalare, divertendosi a colorare, comporre, scomporre, ritagliare, incollare, in libertà e senza paura, i grandi capolavori di tutti i tempi".

Dal 2010, i Topipittori sono impegnati nell’approfondimento e nella divulgazione della cultura del libro illustrato e della cultura rivolta a bambini e ragazzi attraverso il seguitissimo blog topipittori.blogspot.it.

Nel 2011, Paolo Canton è stato insignito dalla Repubblica Francese del titolo del titolo di Cavaliere nell’Ordine delle Arti e delle Lettere, con questa motivazione: 

“Topipittori si situa al cuore della creatività contemporanea, attenta al rinnovamento dell’illustrazione e del racconto, con l’obiettivo costante di contribuire all’educazione emozionale, intellettuale ed estetica dei lettori più giovani”.

Dieci biglietti di Auguri estratti dal Cataloghissimo.




1
2004 - Gli inizi. Il primo albo illustrato scritto da Giovanna Zoboli

2
2005 - Un Cappuccetto Rosso sconosciuto
e indimenticabile

3
2006 - Chiuso per ferie, il primo libro dei Topipittori
che ho recensito per "LG Argomenti"

4
2007 - La poesia di Giusi Quarenghi


5
2008 - Il primo libro di Beatrice Alemagna
pubblicato con un editore italiano

6
2009 - La collana "Gli anni in tasca"
vincitrice del "Premio Andersen- Baia delle favole 2010"
come miglio collana di narrativa


7
2010 - Il fazzoletto... di Antonella Toffolo


























8
2011 - Un Esopo destinato a fare il giro del mondo
9
2012 - La collana "PiPPo" che ha ricevuto
la menzione del BolognaRagazzi Award 2013
nella sezione Non Fiction

10
2013 - Facce il libro accompagnato dalla app Facciamo!


E poi, la storia continua... con le novità da scoprire tra pochi giorni in Fiera... e di cui vi scriverò nei prossimi giorni.


*** DOVE LO TROVI:

Topipittori
Pad. 29 Stand D/36
(pubblicazione gratuita)


Nel 2008, i Topipittori insieme a Giulia Mirandola hanno ideato il "Catalogone" una pubblicazione progettata per fornire strumenti di supporto, analisi e lettura degli albi illustrati, e destinata ad addetti ai lavori quali librai, bibliotecari, insegnanti, studiosi, giornalisti, genitori, ma anche semplici lettori appassionati e curiosi.

Con le sue copertine colorate, differenti l'una dall'altra, il "Catalogone", ora giunto al numero 7, si appresta a diventare una sorta di "I Quindici" da sfogliare senza soluzione di continuità, dal primo all'ultimo, e da sfoggiare in bella mostra nella libreria perché possa essere preso in mano da tutti, grandi e piccini, a ogni occasione.



Copertina e Grafica
di Giulia Sagramola

Come parlano le immagini
Cosa dicono le parole
Cosa raccontano, insieme

Ventinove esercizi di lettura
per indagare la relazione
tra parole e immagini
nei libri di Babalibri,
Franco Cosimo Panini Editore,
La Margherita Edizioni, Lo Stampatello,
Terre di mezzo e Topipittori 


Catalogone 7 - 2014
Il settimo numero del Catalogone registra l'ingresso di due nuove case editrici: lo Stampatello e Terre di Mezzo. Con loro, gli editori di questa edizioni diventano sei. Tre rimangono le curatrici: Giulia Mirandola, Ilaria Tontardini ed Elisabetta Cremaschi. E anche il resto rimane invariato: la grafica a cura di Giulia Sagramola, e i modi della diffusione della pubblicazione, attraverso le librerie specializzate, oppure su richiesta alle case editrici coinvolte, oppure scaricabile dai loro siti; infine, per gli abbonati di “Hamelin”, attraverso il primo numero annuale della rivista, come ormai accade da tradizione. Fedele alle sue premesse, insomma, il Catalogone rimane uno strumento diffuso gratuitamente per la divulgazione e l'approfondimento della cultura del libro illustrato per ragazzi, e insieme anche un mezzo per fare rete fra editori, librerie, operatori di settore, genitori, bibliotecari, insegnanti, formatori, promotori della lettura, atelieristi, educatori... In sette anni, l'obiettivo è stato raggiunto, se quel che da un anno all'altro cambia in questa pubblicazione sono il numero di copie stampate, che crescono in relazione all'aumento costante delle richieste, e il numero delle pagine, poiché aumenta il numero delle schede analitiche proposte.
Catalogone 7 - 2014
Oggi, e ovviamente non solo per i meriti del Catalogone, la sensazione precisa è che nel nostro paese una rete si sia creata e si vada rinforzando attraverso il lavoro congiunto di realtà diverse che hanno saputo trovare modi, spazi e tempi innovativi di riflessione comune, scambio, incontro, attraverso iniziative, forum, blog, siti, gruppi di lettura, festival, corsi, laboratori, mostre... Un processo che si è avviato, negli ultimi dieci anni, intorno alla nascita di un panorama editoriale rivolto all'albo illustrato sempre più ricco, vario e articolato. Come ha scritto Roberto Denti, che qui vogliamo ricordare, nel libro, curato da Giorgia Grilli, in due volumi, edito da Bononia University Press, e voluto dalla Fiera di Bologna per festeggiare i suoi 50 anni, Bologna. Fifty Years of Children's Book from Around the World:
Catalogone 7 - 2014
[...] Ma se c 'è un fenomeno davvero notevole e che ha caratterizzato l'editoria dei primi dodici anni del nuovo millennio, è la nascita di un gran numero di piccole case editrici indipendenti, che ora prosperano accanto ai colossi. Case editrici indipendenti italiane che considerano l'albo illustrato principalmente se non esclusivamente, un terreno degno di essere esplorato e che hanno incanalato la loro passione in una nuova generazione di picture book, considerati il terreno di prova ideale per ogni possibile relazione fra testo e immagine. Piccoli editori come Orecchio Acerbo e Topipittori hanno investito energie, convinzioni e impegno inesauribili nell'albo illustrato, al punto da farne un mezzo espressivo specifico, con una propria grammatica e una propria struttura. Chi sono i destinatari di questi picture book? I bambini? Gli adolescenti? Gli adulti? Gli adulti insieme ai bambini? Tutti? Nessuno? Intorno a queste domande si è acceso un vivace dibattito, che ha avuto alcuni effetti collaterali interessanti: corsi e seminari, in istituzioni pubbliche e private, dedicati agli illustratori sono fioriti in ogni angolo del paese; stanno emergendo nuovi talenti che promettono molto bene per il futuro. Ma, ancor più rilevante, alcuni grandi editori (fra i quali Rizzoli e Donzelli) stanno seguendo la strada segnata da questi indipendenti e si avventurano nel dominio dell'albo illustrato con libri che non avevano mai - o solo sporadicamente - preso in considerazione in precedenza. E lo fanno sia realizzando in proprio sia acquistandoli nel mercato internazionale. Questo sta cominciando ad alimentare un fenomeno mai visto prima nel nostro paese, se si esclude l'esperienza unica e fugace della Emme Edizioni di Rosellina Archinto.
Catalogone 7 - 2014
Parole che indicano un cambiamento vero che, in questo inizio 2014, colpisce più che mai. Ed è l'interesse sempre più evidente da parte della società civile e del mondo della cultura per i libri per bambini, in particolare per quelli fatti di parole e immagini.Lo dimostra che un giornale come “Il Fatto Quotidiano” inauguri una nuova rubrica a essi dedicata, curata da bibliolettureragazzi.it; che il settimanale “Internazionale” ogni settimana proponga un appuntamento fisso con i libri per i piccoli, tenuto da Igiaba Scego; che Doppiozero, noto sito dedicato alla cultura diretto da Marco Belpoliti, apra la rubrica Babau, spazio dedicato ai libri per bambini affidato a Giovanna Zoboli; che la lastampa.it o panorama.it trattino con puntualità e frequenza di libri per bambini, attraverso le voci competenti e informate di Mara Pace e Giulio Passerini; che “l'Unità”, attraverso Manuela Trinci e Giovanni Nucci dedichi spazio alle tematiche dell'illustrazione e dei linguaggi visivi; che una delle rubriche più cliccate del sito di Fahrenheit. I libri e la lettura, su Radio3 Rai, è la bellissima Piccola Radio, che propone ai bambini storie, fiabe, poesie, racconti di grandi autori, per ragazzi e non, letti da ottimi interpreti;
Catalogone 7 - 2014
che la trasmissione Pane Quotidiano di Concita De Gregorio, su Rai 3, abbia fra i propri ospiti autori e illustratori chiamati a parlare di quelle specifiche narrazioni che sono i libri di parole e immagini; che l'apertura della Biblioteca per Ragazzi di Lampedusa, per volontà di Ibby Italia, con il suo nucleo fondante di libri senza parole, abbia richiamato l'interesse dei grandi media; che una casa editrice come Emme Edizioni di Rosellina Archinto riceva ben due mostre in un solo anno, e a trentatré anni di distanza, sui quotidiani nazionali, faccia parlare di sé e di un modo alternativo di fare i libri per ragazzi e di pensare i ragazzi; che la letteratura per ragazzi continua a resistere, impavida, alla crisi in atto nel settore del libro, motivo per cui si assiste alla nascita, a ritmo sorprendente, di tante nuove realtà editoriali dedicate in particolare agli albi illustrati; che negli ultimi anni, in controtendenza con il dato catastrofico relativo alla chiusura delle librerie indipendenti in tutto il territorio nazionale, a sorpresa, le librerie per ragazzi o quelle in particolare dedicate ai libri illustrati aprono ovunque, persino in realtà piccole dove nemmeno le librerie generiche hanno vita facile.
Catalogone 7 - 2014
E non solo resistono, ma si mostrano vivaci centri di scambio e incontro per una popolazione di giovani, giovanissimi, ragazzi, adulti che mostrano una grande curiosità e un grande interesse per i libri belli, per chi li fa e, non ultimo, per i bambini a cui questi libri sono destinati. Cosa, questa importantissima davvero.Tutti gli editori che operano in questo specifico campo sperimentano, in tutte le occasioni di incontro diretto con il pubblico, quanto le persone più diverse poco sappiano di questi libri e insieme quanto siano interessate, invece, a ricevere un'informazione puntuale e approfondita su di loro. E quante siano meravigliate, quanto si entusiasmino, sfogliando e scoprendo questi libri che sono un universo sconosciuto di cui fino a poco tempo fa nessuno parlava. Ma la cosa più significativa è che a partire da questi libri, inevitabilmente, le persone si trovano a riflettere sui bambini, sui loro bisogni di lettura, di storie, di buone parole e di buone immagini, di educazione al pensiero, allo sguardo e al gusto, di crescita culturale, estetica, emotiva. Ecco, il Catalogone fa parte di questo lento movimento in atto. Lo abbiamo realizzato esattamente per questo, sette anni fa, e continuiamo a realizzarlo per questo, certi che questo processo vada alimentato e nutrito. E che ognuno debba fare la sua parte, perché le cose cambino e continuino a cambiare.

***DOVE LO TROVI:

Il Catalogone sarà in distribuzione gratuita durate la Fiera presso gli Stand di:

Babalibri 
Pad. 26 Stand B/23
La Margherita Edizioni
Pad. 25 Stand A/19

Pad. 26 Stand B/8

Topipittori
Pad. 29 Stand D/36


ON LINE
Potrai scaricare il pdf del Catalogone sul sito di ciascuno di questi editori e della casa editrice Terre di mezzo.

INFINE
Per gli abbonati della rivista "Hamelin", attraverso il primo numero annuale della rivista, come ormai accade da tradizione.


SCELTE DI CLASSE
I migliori libri per ragazzi del 2013


Dalla TRIBU’ DEI LETTORI nascono le SCELTE DI CLASSE, un progetto, nato ormai quattro anni fa, cui è legata anche la pubblicazione di un catalogo che, dal 2009 ad oggi, ha raccolto, anno per anno, i migliori libri rivolti a bambini e ragazzi di età compresa tra i 5 e i 13 anni. La selezione dei libri, fatta ogni anno, da un Comitato composto da esperti del settore della letteratura per l’infanzia, mira a coinvolgere classi di scuole di Roma e Provincia, nella lettura dei libri selezionati, con l’idea di assegnare un premio agli editori del miglior libro dell’anno, scelto dagli stessi ragazzi . Scelte di classe vuole essere uno strumento importante per chi desidera avvicinarsi, ma anche per chi frequenta abitualmente, il mondo dei libri per bambini e ragazzi. 

Nasce dall’esigenza di dare strumenti d’informazione e di analisi che aiutino gli adulti a muoversi in una produzione congestionata per quantità, in rapidissima trasformazione, che molto facilmente porta al disorientamento, al cedimento nei confronti della moda editoriale del momento o ad una diffidenza pregiudiziale che condanna l’intero panorama, dimenticando le uscite di qualità che continuano ad esistere e anche con un certo numero. Proprio perché crediamo che la buona letteratura per ragazzi esista ancora, che ancora resistano progetti editoriali coraggiosi e innovativi, sono nati questo progetto e questo libro, perché sentiamo il dovere culturale, pedagogico e civile, di dare il giusto risalto e l’adeguata diffusione a questo coraggio e a questa innovatività.

Comitato di selezione
2013

Andrea Rauch
Grafico

Membri 

Fabia Bettini - Tribù dei lettori
Elisabetta Cremaschi - Libera docente di Pedagogia delle Narrazioni e blogger (Gavroche)
Martino Negri - Docente Università degli Studi di Milano-Bicocca
Giordana Piccinini - Hamelin Associazione Culturale
Martina Pezzobon - Bibliotecaria (Biblioteca di Montebelluna)
Simone Sbarbati - Editor in Chief @frizzifrizzi
Nadia Terranova - Scrittrice, Piccoli Maestri

Scelte di classe 
è un progetto della


Prodotto e organizzato da

Associazione Culturale PlayTown Roma
in collaborazione con Alice nella città

Curato da




Il ruolo del presidente della giuria per Scelte di Classe non prevede il diritto di voto. Singolarmente, si penserà, se è vero che, in genere, l’opinione di qualsiasi presidente, pur se inter pares, tende a valer doppio in casi di pareggio dei voti.

In questo caso, invece, il presidente dovrebbe limitarsi a un generico compito di “indirizzo” delle scelte generali, oppure di moral suasion, senza però partecipare direttamente alla costituzione della lista. Un compito, come si capirà, comodo e scomodo perché, se da un lato gli eviterà il lavoro “sporco” della decisione e dell’assunzione di responsabilità, dall’altro gli impedirà di scegliere a tutto tondo e limiterà il suo compito quasi a quello di “osservatore esterno”.

Osservatore esterno, però, in posizione privilegiata, al centro del dibattito (e anche un po’ intimorito dalla mole di lavoro, di competenza e approfondimento che gli altri giurati, esperti tutti col sacrosanto “diritto di voto”, hanno macinato nelle settimane e nei mesi di lettura ed esame).
Qualche considerazione è comunque d’obbligo e non intendiamo privarcene.
Anzitutto, la soddisfazione di constatare come su 21 titoli proposti siano presenti ben sedici diversi editori (grandi, medi, piccoli, piccolissimi…) a testimoniare la vitalità e i fermenti del settore. Ma anche, altra faccia della medaglia, la considerazione che dei predetti 21 titoli, solo tre sono quelli “italiani”, scritti cioè, e illustrati, da autori di questo paese.
Un ossimoro, quindi? Una cotta e una cruda? Un settore vivo che ha qualche (eufemismo!) difficoltà di proposta? Tutto questo, certo, ma anche la constatazione che, se di qualcosa sentiamo la mancanza, significa che quella cosa, purtuttavia, esiste. Vale a dire, se scorrendo la lista ci vengono
in mente i nomi di tantissimi autori e illustratori che mancano, significa che quegli autori e illustratori sono ormai ben presenti nel panorama editoriale e nella nostra memoria. Una considerazione che, in anni in cui la proposta italiana latitava quasi completamente e quasi mai raggiungeva standard di qualità elevati, non sarebbe certo stata formulata.
Poi, ultimo argomento ma certo non per significato, la piena maturità del linguaggio, grafico e letterario, delle proposte. I titoli presentati escludono il birignao infantileggiante, il bambinese andante e becero, lo sdolcinato e il dozzinale. Ovunque si cerca, e si trova, dignità di scrittura e di ricerca, onestà di rapporti, rispetto profondo per i piccoli, giovani e giovanissimi lettori.
In tempi di difficoltà e di crisi, che si cerchi di uscirne per la via disagevole della qualità, senza cercare scorciatoie facili, non è certo fatto da poco.
 Andrea Rauch

Selezione categoria 5 - 7 anni
Guillaume Duprat, Zoottica. Come vedono gli animali?,
L'Ippocampo Junior, Milano, 2013

Selezione categoria 5 - 7 anni
Guillaume Duprat, Zoottica. Come vedono gli animali?,
L'Ippocampo Junior, Milano, 2013


Se mi chiedessero di spiegare in poche parole cosa sono le Scelte di classe, direi senza esitazioni: un progetto comune; l’insopprimibile voglia di lavorare insieme, in maniera inclusiva, plurale ed aperta, è stato sempre un impegno costante che ci ha portato alla convinzione che fosse arrivato il momento di conquistare la forza necessaria, per allargare lo sguardo ed aspirare ad un percorso che non si esaurisca nella novità di un evento. L’entusiasmo e la generosità delle persone che da sempre hanno arricchito le pagine di questo catalogo, sono lì a dimostrare che di un progetto comune, libero e contendibile nelle idee, se ne sente il bisogno.

Selezione Categoria 8 -10 anni
Jimmy Liao, Una splendida notte stellata,
Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2013
Selezione Categoria 8 -10 anni
Jimmy Liao, Una splendida notte stellata,
Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2013


Il futuro delle Scelte di classe e della Tribù dei Lettori, si gioca sulla capacità, di questa speranza, di prevalere sulle tendenze allo sfrangiamento del tessuto culturale e del senso di comunità di chi lavora nel mondo dell’infanzia. Non solo dunque, le singole personalità ma le forze migliori per progettare qualcosa di unitario, capace di accorpare le esperienze più felici presenti sul territorio, mettendole, per competenza, l'una in contatto con l'altra; provando a immaginare un cammino che metta al centro il coraggio d’investire, tutti insieme, su un progetto per un pubblico che non c’è. Come ricordava Martin Scorsese sulla «New York Review of Books» dell'agosto scorso: «i giovani devono capire che non tutte le immagini sono fatte per essere consumate come un dolce e poi dimenticate». E che bisogna insegnare a distinguere «quelle che hanno qualcosa da dire al cuore e all'intelligenza da quelle che si limitano a voler vendere qualcosa».

Selezione Categoria 11 - 13 anni
Paul Dowswell, L'ultima alba di guerra,
Feltrinelli, Milano, 2013


Le radici di questo nuovo inizio sono qui: nella voglia di concentrarsi sul l'esigenza del nuovo lettore, non per assecondare il gusto corrente ma per determinarne la formazione e trasmettere gli strumenti che servono per capire quello che sta leggendo, vedendo o sentendo. Aiutarlo a orientarsi in un mondo dove si fa fatica a distinguere — per usare le parole di Scorsese — tra chi vuole solo vendere qualcosa e chi vuole parlare alla nostra intelligenza. Tra marketing e cultura, tra superficialità e necessità. Per aiutare, non solo i nostri ragazzi ad affinare meglio i propri strumenti per esprimere un'opinione personale motivata e pertinente, cioè essere più attenti, più informati e — perché no — più esigenti.  
Gianluca Giannelli - Tribù dei lettori

Scelte di classe è arricchito dall'ottima sezione "I libri imperdibili" che, in questa edizione, contiene due omaggi scritti uno da Ilaria Tontardini "Di cani e di ossi. Due libri per riparlare di Wilhelm Schlote",  dedicato alla riscoperta del valore di due classici del catalogo Emme Edizioni di Rosellina Archinto e l'altro da Massimiliano Tappari "Tana!", un tributo all'opera di Tana Hoban.








*** DOVE LO TROVI:

Scelte di classe sarà in distribuzione gratuita durate la Fiera presso gli Stand di:

Babalibri
Pad. 26 Stand B/23

Beisler Editore

Pad. 26 Stand A/8

Maurizio Corraini Editore
Pad. 25 Stand A/9

Editrice Il Castoro srl

Pad. 25 Stand A/31

Franco Cosimo Panini Editore
Pad. 25 Stand B/13

Giunti Editore spa

Pad. 25 Stand B/30

Kalandraka Italia
Pad. 26 Stand B/2

Logos Edizioni
Pad. 26 Stand A/16

Orecchio acerbo
Pad. 26 Stand B/25

Rizzoli RCS
Pad. 26 Stand A/42

Adriano Salani Editore
Pad. 25 Stand A/7

Topipittori
Pad. 29 Stand D/36

Uovonero Edizioni
Pad. 25 Stand A/5


Per completare lo sguardo sulla migliore editoria del nostro Paese... e condurlo anche oltre confine, non può mancare il numero 36 della rivista "Hamelin" che, in realtà, è l'ANNUARIO DEI LIBRI PER RAGAZZI 2013.




Per il secondo anno consecutivo, siamo arrivati all’appuntamento della Bologna Children’s Book Fair con l’annuario, ovvero la nostra selezione dei migliori titoli tra i romanzi, gli albi illustrati, i fumetti e i saggi usciti nel 2013, insieme ai focus e agli approfondimenti per osservare quanto sta accadendo in termini di immaginario su infanzia e adolescenza.

 EDITORIALE
Da qualche anno stiamo provando a riassumere la stagione editoriale appena pas- sata attraverso i libri che ci sono sembrati migliori o più importanti, vuoi per la co- struzione di bibliografie da utilizzare con bambini e ragazzi, vuoi per contribuire al meglio alla selezione di Scelte di classe, vuoi semplicemente per aiutarci a fissare nella memoria i fatti degni di nota, le evoluzioni e le involuzioni, le tendenze, i nomi e le opere. Non è necessaria questa attenzione comunque per rendersi conto che da un po’ la produzione italiana sta guadagnando a passi da gigante albi illustrati eccezionali e in grande quantità, e che invece è in crollo verticale la narrativa, che sembra abbia compiuto una rapida fuga schizofrenica verso i giovani adulti, o eletto la serialità (e con esiti mediocri) a unico sfogo.

Ma l’osservatorio che ci siamo imposti ci mette di fronte, ogni anno, a una cre- scente difficoltà di trovare libri davvero belli e rilevanti, e, al di là del latitare delle eccellenze, che capitano in anni di grazia, anche la qualità media ci sembra pur- troppo in costante diminuzione. Senza considerare la quantità sempre più elevata di paccottiglia, gadgetteria e brutture in circolazione, nel 2013 il numero di romanzi davvero buoni, per lettori tra i 10 e i 13 anni, ci è parso bassissimo, e non ci sembra affatto di intravedere una ripresa, di poter sperare a breve in una svolta. Sarà che ci siamo persi tante cose. Sarà che siamo un po’ snob. Sarà che bisogna proporre libri progressivamente più facili perché sennò “i ragazzi non ce la fanno”. Sarà la crisi.

Sarà che la notizia arrivata da casa Rizzoli a dicembre ci ha lasciato a bocca aperta, mettendoci di fronte all’evidenza che anche l’editoria per ragazzi è defini- tivamente entrata in un’altra era, che vogliamo ci rimanga aliena. Abbiamo saputo dai giornali che Beatrice Masini è stata sollevata dal suo incarico, e a noi sembrava che il suo lavoro avesse dato in tutti questi anni un prestigio, un timbro e una quali- tà invidiabili, anzi unici; e che il settore Ragazzi è il punto debole del gruppo, e a noi sembrava il punto forte, fortissimo, rispetto al resto. Punti di vista, certo.
Con tutte le sue mancanze e i suoi errori, questo annuario prova a dare il nostro. Hamelin

IN QUESTO NUMERO


LETTERATURA 

- Libri che corrono rischi • Beatrice Masini

- La giusta distanza. I classici della letteratura per adolescenti • Barbara Servidori

- Classici illustrati albi illustrati di classici • Veronica Bonanni

- Le migliori app del 2013 • Caterina Ramonda

- Nebbie, risate e magie. Considerazioni su cosa proporre a bambine e bambini che iniziano a leggere da soli • Nicoletta Gramantieri

- Suggerimenti di lettura


ALBI ILLUSTRATI- Riflessioni sull’albo illustrato: 2013 • Emilio Varrà

- Babar, l’elefantino che piace ad adulti e bambini • Marta Sironi

- Lo vedi il mondo? Di scienza e narrazione negli albi illustrati • Ilaria Tontardini

- P di papà • Giordana Piccinini

- L’architetto delle figure • Ilaria Tontardini e Damiano Pergolis

- Suggerimenti di lettura


BENJAMIN CHAUD


APPROFONDIMENTI
- Prima le immagini, poi le parole: le invenzioni visionarie di Tove Jansson • Luca Scarlini

- Mumin • Kitty Crowther

- Conversazioni silenziose intorno al mondo di Iela Mari • Giordana Piccinini e Ilaria Tontardini


FUMETTI

- Fumetti caduti nel tempo • Alessio Trabacchini

- Suggerimenti di lettura


SAGGI- Didattica dell’incanto • Elena Massi

- Suggerimenti di lettura



Ma, insieme gli altri numeri della rivista, vi consigliere di non perdervi  il numero 34 "SESSO E ALTRE BUGIE", una pubblicazione fondamentale che dovrebbe leggere ogni di un adulto che abbia a che fare con bambini e ragazzi.
Un spunto intelligente per iniziare a riflettere e a comprendere le ragioni di ciò che avviene nel nostro Paese ogni volta che si tenta un discorso compiuto e rispettoso sull'identità dell'individuo, che comprenda una delle sue componenti determinati sin dalla nascita: la sessualità.
Perché ciò che è accaduto qualche anno a Gevova, ora a Venezia e ancora sta accadendo, non abbia ragione di accadere mai più.


Copertina di Joëlle Olivet


Per chi non si occupa di psicologia, sociologia e pedagogia in senso stretto, la sessualità infantile e adolescenziale è, più che un tabù, un territorio ancora inesplorato e vagamente minaccioso. Eppure, o forse proprio per ignoranza, si avverte fortissima la necessità, se non l’impellenza, di educare le nuove generazioni ai rischi e alle gioie della sessualità, come se esistesse una corretta pratica sessuale da tramandare e, ovviamente, da applicare a dovere. A chi volesse avventurarsi in questo territorio sconosciuto, gli interrogativi di partenza non mancano. Basta uno sguardo attento per verificare come, negli ultimi quindici anni, sia cambiato tutto. Se fino a qualche anno fa il discorso sulla sessualità era rimasto confinato a una dimensione privata, intima, amicale, ora è esploso nell’arena pubblica, al punto che sembra esistere solo sotto i riflettori, reali o digitali che siano. Si accede al sesso senza mediazioni né filtri: è lì, a portata di un clic, perché tutti lo vedano e ne parlino. Scoprire gli effetti di una simile esperienza del sesso è già di per sé un’avventura.

EDITORIALE

Hic sunt leones. Per chi non si occupa di psicologia, sociologia e pedagogia in senso stretto, la sessualità infantile e adolescenziale è, più che un tabù, un territorio ancora inesplorato e vagamente minaccioso. Dei bambini e persino dei pre-adolescenti si con- serva perlopiù un’immagine candida e celestiale che, tempo il passaggio a una com- piuta adolescenza, è irrimediabilmente trasformata nel suo esatto contrario, in base a un perverso, e confusamente schizofrenico, manicheismo. Eppure, o forse proprio per ignoranza, si avverte fortissima la necessità, se non l’impellenza, di educare le nuovi generazioni ai rischi e alle gioie della sessualità, come se esistesse una corretta pratica sessuale da tramandare e, ovviamente, da applicare a dovere.

A chi volesse avventurarsi in questo territorio sconosciuto, gli interrogativi di par- tenza non mancano. In termini di immaginario, come è rappresentata la sessualità in- fantile e adolescenziale negli albi illustrati, nei romanzi, nei film, nei fumetti? Come è cambiata questa rappresentazione negli anni? Su quali strumenti di informazione ed educazione sessuale si formano bambini e adolescenti? È mutato qualcosa, tra gli/le adolescenti in particolare, nella percezione e nella fruizione della pratica sessuale? Ba- sta uno sguardo attento per verificare come, negli ultimi quindici anni, sia cambiato tutto. Se fino a qualche anno fa il discorso sulla sessualità era rimasto confinato a una dimensione privata, intima, amicale, ora è esploso nell’arena pubblica, al punto che sembra esistere solo sotto i riflettori, reali o digitali che siano. Si accede al sesso senza mediazioni né filtri: è lì, a portata di un clic, perché tutti lo vedano e ne parlino. Scoprire gli effetti di una simile esperienza del sesso è già di per sé un’avventura.

IN QUESTO NUMERO


Come far leggere i bambini • Roberto Denti


SESSO E ALTRE BUGIE

- Tu chiamale, se puoi, emozioni. La scoperta dell’amore ai tempi di Youporn. Una ricerca • Ilaria Bonato

- Nati dentro ai libri • Chiara Armellini, Giulia Guerra, Giulia Sambugaro, Federica Vagli

- “Di ragazzi, di sesso e cose del genere” I romanzi erotici per adolescenti • Barbara Servidori

- Comizi d’amore oggi. Un esperimento didattico sulle questioni di genere • Nicola Galli Laforest

- Corpi ingombranti. Alcune riflessioni sulla presenza di corpo e sessualità nei romanzi per ragazzi • Nicoletta Gramantieri

SULLA LETTERATURA PER RAGAZZI
- “Immaginare il futuro sa di rimpianto” I romanzi di John Green • Giordana Piccinini
- Cose Preziose. Libri in vetta alla classifica • Simone Piccinini
- Horror luna-park • Virginia Stefanini

SUL FUMETTO
- Sessualità e cartoni animati. Kimagure Orange Road • Alessandro Cochetti
- Fumetto e generazioni: i casi di Zerocalcare e Manuele Fior • Emanuele Rosso e Emilio Varrà

MARK ALAN STAMATY
Intervista a Mark Alan Stamaty • Steven Guarnaccia

RITRATTO
Emelie Östergren

LETTURE
Ventitré suggerimenti di romanzi, saggi, albi illustrati, fumetti, film




*** DOVE LE TROVI:

Hamelin Associazione CulturalePad. 25 Stand A/3
(pubblicazioni a pagamento)

GAVROCHE RIPRENDERÀ IL 13 GIUGNO

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PAUL KLEERed Balloon (Roter Ballon), 1922
Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Estate of Karl Nierendorf
© 2014 Artists Rights Society (ARS), New York / VG Bild-Kunst, Bonn

IL RITORNO DI GAVROCHE, LA PEDAGOGIA DELLE NARRAZIONI E IL CRONOTOPO NASCOSTO

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Ci siamo lasciati lì, sulla soglia della Fiera del libro per ragazzi di Bologna, che di solito vi raccontavo con una serie di post dedicati.
Invece, quest'anno Gavroche si è fermato, non una parola.
La motivazione? Antipatici motivi personali che hanno reso, per questo lunghissimo tempo, quasi incompatibile la relazione tra miei occhi e lo schermo del computer.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Dicevo, sulla soglia.
Dalla Fiera sono tornata con un bel numero di domande che mi hanno rivolto, o regalato come spunti per una riflessione più ampia e articolata, alcuni lettori di Gavroche che mi hanno invitato a partecipare a un incontro, stralunato e divertente fuori di misura, improvvisato sulle panchine tra il 25 e il 26, due dei quattro storici padiglioni della kermesse.

Da lì ha preso il via un gioco di rimbalzi via mail, di domande poste e riproposte e tentativi di risposte multiple, a quel punto aperte anche ad altri lettori che non erano presenti all'incontro ma che stavano partecipando ai miei i corsi.

Dopo pochi giorni è stato evidente che avevamo perso il controllo della cosa, ma come fare a tornare indietro? Alcuni avevano ricevuta risposta, altri no; gli studenti si aspettavano consigli, altri riferimenti appropriati e puntuali; un piccolo gruppo indicazioni precise, infine, altri ancora un appuntamento per discutere o valutare progetti.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Mi sono anche resa conto che, per la quantità di tempo che avrebbe richiesto e per l'esiguo orario-video giornaliero che mi era stato concesso, non sarei riuscita a rispondere a tutti. E così, grazie anche all'ingegnosa soluzione proposta da una lettrice, la preziosa e impareggiabile Chiara B. che ha messo mano al monte mail, con il consenso e la cooperazione degli altri lettori, sono state passate al vaglio le domande per tirarne fuori una lista di 10, ma poi 5mi sono sembrate il numero giusto a cui rispondere in questa sede.

Ecco, quelle che seguiranno sono le 5 domande riscritte da Chiara a cui, come promesso,  rispondo nel primo post della ripresa di Gavroche.

Ma di quali domande stiamo parlando?

Sono domande che mi sono state poste per capire che cosa si intende quando si parla di "Pedagogia delle Narrazioni", le cui risposte, come mi hanno suggerito i lettori, potrebbero interessare a chi un giorno decidesse - con un gesto intelligentemente folle - di dedicarsi a questo ambito della conocenza, o di qualcosa di molto simile, cosa ancora non così frequente nel nostro Paese.


Dunque, partiamo.


1 - Di che cosa si occupa la "Pedagogia delle Narrazioni"? 

R. Intanto di ricerca e riflessione continue, appunto, su ciò che si intende per narrazione e sulle sue mutazioni. 

Certo, così non vi aiuto, ma prendete queste prime righe come un'indicazione per l'atteggiamento da tenere nel leggere questo dialogo informale sull'argomento; pensatela come una sorta di esortazione a valutare le parole che seguiranno non come il frutto di certezze acquisite una volta per sempre, ma come tracce lasciate da continui spostamenti su una mappa, difficilmente collocabile nello spazio e nel tempo, che cambia i tratti sotto i vostri occhi con imprevedibile e certa costanza.

Mettiamola così: per semplificare, vi racconterò di due pensieri che mi sembrano buoni punti di partenza per orientare la visione che dovrebbe inseguire chi gravita nell'ambito della "Pedagogia delle Narrazioni" (fermo restando che, per quanto mi riguarda, sarebbe più opportuno dire che mi occupo di Storytelling, termine intraducibile inventato dagli americani che hanno dedicato anni di studi all'argomento, e che lo faccio partendo dalle prime narrazioni, quelle che si trovano all'origine di ogni cosa, che si rivolgono ai bambini e ragazzi).


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Vi dicevo, dei due pensieri, che qui riesco a riportarvi solo nella trascrizione dai miei quaderni, quindi passibili di imperfezioni, perché non ho i libri con me mentre scrivo. 

Il primo è di Jean Paul Sarte e lo trovate ne La nausea, scritto nel 1934 e pubblicato nel 1938 (Einaudi, ultima 2014):

«Un uomo è sempre un narratore di storie. Vive circondato delle sue storie e delle storie altrui, tutto quello che gli capita lo vede attraverso di esse e cerca di vivere la sua vita, come se la raccontasse».

Il secondo, iniziamo a salire, è di Walter Banjamin (e di chi se no?) e lo trovate ne Il narratore. Considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov scritto nel 1936 (fino a pochi anni fa solo in Angelus novus, che significava che la scalata dovevate farvela più o meno tutta da soli, e dal 2011 pubblicato, sempre da Einaudi, con l'introduzione, la postfazione e le note al testo di Alessandro Baricco, la scalata non si trasforma in una passeggiata ma con una guida così di sicuro diventa più interessante e divertente. N.B. Se non avete idea di che cosa intendo per scalata potete farvela QUI):

«Il giusto è un uomo che sa orientarsi sulla terra senza avere troppo a che fare con essa», scrive Benjamin dopo aver incontrato questa figura nei racconti di Leskov, e poi continua nel suo inconfondibile stile, «Il narratore è l'uomo che potrebbe lasciare consumare fino in fondo il lucignolo della propria vita alla fiamma misurata del suo racconto. Il narratore è la figura in cui il giusto incontra se stesso».

La "Pedagogia delle Narrazioni" studia principalmente questo: che cosa si intende per narrazione e il ruolo della figura di colui che narra. E lo fa usando le categorie del passato e del futuro per interpretare il presente e comprendere le modalità e le forme in cui i due elementi, narrazione e narratore, mutano di continuo la loro espressione.

Premetto che il discorso sarebbe lungo e piuttosto complesso, ma penso che tra questi due pensieri, che in anticipo su altri posero la narrazione al centro dell'esistenza, vicini tra loro, ma distanti un'ottantina di anni da noi, si possa giocare ancora l'inizio di una bella partita su che cosa intendiamo per narrazione.

Le parole di Sarte, suonano ancora oggi come profetiche. Se è vero infatti che esse hanno anticipato la condizione di uno stare al mondo che a noi oggi pare ovvia, e cioè che la nostra identità si costruisce, viene definita, si esprime attraverso i racconti delle nostre e altrui storie, è altrettanto vero che, a leggerle in trasparenza, mostrano un pericolo che da lì a qualche anno si sarebbe concretizzato in quella tragica narrazione che fu il nazismo, pericolo
 che in altra forma stiamo vivendo anche oggi, in uno scenario dove la narrazione ha preso il posto della realtà e si consuma nel tempo di un autoreferenziale presente.

E guardate che non è una questione da poco
 per chi si occupa di narrazione, questa delle categorie temporali, ancor più per chi, come me, lo fa partendo dai bambini e ragazzi e si confronta ogni giorno con il problema di riuscire a trovare i modi e mezzi per raccontare il passato o per fare immaginare loro il futuro. La "Pedagogia delle Narrazioni" si interessa anche di questo, di trovare i modi appropriati per ogni tipo di racconto, i mezzi giusti per trasferire esperienze in un momento in cui, mai come prima d'ora, proprio la categoria del «fare esperienza» è profondamente mutata a favore di una mobilità, velocità e di un porsi in superficie che fino a qualche anno fa sarebbero stato difficile da immaginare.

Chi è allora colui che narra in questo contesto?

Ecco che arriva Walter Benjamin in nostro soccorso, colui che al centro del discorso non solo ha messo la narrazione ma anche l'importanza della figura del narratore.

È curioso sapere che Benjamin avesse intravisto nella privazione della capacità di scambiare esperienze, individuata come conseguenza del passaggio dalla narrazione orale a quella scritta, la causa dell'avvio al tramonto dell'arte del narrare. Il che significa che, allora come oggi, fu una mutazione della categoria dell'esperienza a fare la differenza. Ed è magnifico assistere come, da quelle che a un primo sguardo parrebbero sembrare ceneri, Benjamin abbia permesso al narratore di risorgere come una fenice: «Il giusto è un uomo che sa orientarsi sulla terra senza avere troppo a che fare con essa» e poi, lapidario, «il narratore è la figura in cui il giusto incontra se stesso».

Che Benjamin abbia deciso di introdurre a un certo punto una categoria etica per illuminare il suo pensiero senza l'obbligo di dare spiegazioni è indubbio. Su come lo sia riuscito a fare, a ragione e tenendoci stretti lì con lui, è il mistero del suo immutato fascino.

Una cosa è certa, scegliendo «il giusto», non come lo potremmo pensare noi ma nella maniera in cui lo delineò Leskov che è qualcosa che ha a che fare con «la giustezza di un passo, l'adesione istintiva a una misura, una certa istintiva estraneità alla corrente maggiore, e un privato andar leggeri per sentieri sfumati eppure fermi», nelle parole di Baricco (e sempre dalla trascrizione dei miei quaderni), Benjamin decise per un'astrazione capace di superare l'essere contingente della narrazione. Qualcosa a cui possono riferirsi in definitiva anche i narratori odierni, in cui possiamo provare a sperare tutti per salvare, oggi come allora, la narrazione dai pericoli che derivano da sempre più dirompenti mutazioni, tentando, e forse è l'unica via d'uscita, di volgerle a favore nostro e della narrazione stessa.

Questa è la cornice, il resto nelle risposte alle altre domande.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


2 - Quali studi bisogna seguire per arrivare a insegnare "Pedagogia delle narrazioni"? 

R. Bella domanda! Farei però un passo indietro, perché prima di arrivare agli studi c'è molto lavoro da fare ed è bene iniziarlo a fare il più presto possibile.

Provo a scriverne, certa che tentare di dire in breve di alcuni modi di stare al mondo è una piccola impresa. 

Premetto che quando parlo di narrazione considero tre aspetti congiunti: l'ascoltare, il vedere, il sentire, il trovarsi ad assistere a, non meno che l'odorare e il toccare, qualcosa che proviene dall'esterno in grado di catturare la nostra attenzione (l'avvento di un'emozione estetica); il racconto che l'accogliere questa emozione produce in noi divenendo, a sua volta, altro e oltre (la modificazione del pensare e del sentire); il desiderio che porta all'intenzione di trasferire questo racconto ad altri (la trasmissione dell'esperienza). 

La "Pedagogia delle Narrazioni" studia questi aspetti e le molteplici relazioni che intessono tra loro. Si interessa, inoltre, di un'altra importante categoria, quella della "narratività", che si riferisce all'uso della narrazione in quei processi educativi consapevoli che la dimensione estetica sia l'elemento fondativo di ogni forma di conoscenza: 

«Narratività è soprattutto clima e atteggiamento culturale essenziali a un setting educativo che si riconosca nella dimensione estetica e pedagogico-fenomenologica. Narrare, allora, è saper fare riferimenti competenti ed efficaci all'universo del sapere narrativo e della dimensione narrativa dei saperi, è commentare e animare il commento delle narrazioni e delle pratiche ermeneutiche che le riguardano. La dimensione metacognitiva che si genera nel setting educativo narrativamente caratterizzato risulta essere la capacità di esercitare e utilizzare un pensiero simbolico, metaforico, «laterale». e di pensare e comunicare in forma di racconto» (Marco Dallari, 2005).

D'altra parte, bisogna tenere conto di come già gli studi di Algirdas Julien Greimas sulla narratività dimostrassero che si possono trovare le stesse funzioni di un racconto popolare tanto in una teoria scientifica, quanto in un contratto di assicurazione, di matrimonio o in formula giuridica.

Dicevo, del molto lavoro da fare. 

Se fin da bambini o al massimo da ragazzi non vi sono piaciute, e non avete praticato con passione e senza misura, almeno cinque di queste cose, occuparvi di narrazione forse non è la prima delle strade che dovreste intraprendere: leggere, ascoltare musica, andare al cinema, rimanere affascinati da quadri sculture e certe forme di artigianato; andare a teatro; trascorrere ore tra pagine di illustrazioni e fumetti; perdervi senza paura in certi passages di paesi e città; sorprendervi a cercare la quarta dimensione che trasforma gli oggetti, rinunciare a qualcosa e correre a perdifiato pur di non perdere: a) l'ultimo numero di un fumetto, b) l'episodio di un cartone, c) la puntata di un telefilm e, più tardi, quella di una serie, d) la partita a un videogioco; rimanere irretiti dal racconto di anonime storie di vita; provare piacere a stare nel centro esatto della natura; giocare con le piccole cose facendole diventare grandi e, per ultimo, non trovarvi male in defilati angoli di solitudine. 

Questa come indispensabile e fondativa base di partenza su cui poter solidamente costruire tutto quello che verrà.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Per quanto riguarda gli studi che favoriscono questo tipo di formazione, non a caso ho scritto favoriscono: non pensate di uscire da qualsiasi realtà formativa scegliate con un titolo specificatamente abilitativo, viene da sé che tutti quelli artistici e umanistici sono i più consigliati: dalla scelta della scuola superiore a quella della facoltà universitaria (in alcune Università, le Facoltà di Scienza della Formazione, mi riferisco per esempio a quella storica di Bologna, hanno da poco sostituito l'insegnamento di "Letteratura per l'infanzia" con quello di "Pedagogia della Narrazione"). 

Ma ci sono molte altre valide realtà in Italia che promuovono studi che vanno in questa direzione: Scuola Holden, Accademia Drosselmeier, Bottega Finzioni, e poi... IED,ISIA, Accademie di Belle Arti, Mimaster, Fabbrica delle Favole, Sàrmede Le immagini della fantasia, le scuole di fumetto... corsi di scrittura, cinema, di teatro, tra gli altri. 
Molto dipenderà dagli insegnanti che troverete e dal fatto che il pensiero e l'impostazione di ciascun corso o scuola facciano o meno il caso vostro. Posso anticiparvi che, in ogni caso, tutto poggerà sulle vostre capacità e onestà, ovvero se sarete capaci di fare il salto dal rapportarvi a qualcosa con la sola passione al volerla studiare professionalmente e se sarete così onesti da riconoscere se riuscirete a farlo con costanza e nel tempo, se sarete disposti a lavorare duramente, oppure no.

Dico questo perché guardare il mondo attraverso la narrazione richiede l'acquisizione di un sorta di «settimo» senso - un misto di particolari abilità e sensibilità nell'usare congiuntamente i cinque sensi più quell'intuizione a orientarsi nell'esistenza che percepiamo essere il «sesto» - che necessità di essere alimentato e praticato di continuo per essere perfezionato.

Illustrazione di © Mattias Adolfsson


3 - Come sei arrivata a insegnare "Pedagogia delle Narrazioni"? Qual'è stato il tuo percorso?

R. Il mio percorso è stato tutt'altro che classico.

Se è vero che fin da bambina ho praticato con smodata passione non solo cinque, ma molte di quelle cose di cui vi ho scritto sopra, non ho frequentato una scuola superiore di tipo umanistico e, come Facoltà universitaria ho scelto "Scienze politiche". Lì, per mia enorme fortuna, ho trovato un vero maestro di pensiero e di vita, Pier Cesare Bori, un uomo di cultura e saggezza oltre il dicibile, capace di un ascolto così profondo e significativo da trovare le parole per rivelarti a te stessa. 
Con lui mi sono laureata in "Filosofia morale". Mentre preparavo la tesi di ricerca su Maria Zambrano e sulla filosofia, letteratura e arte spagnola, come ho già avuto modo di scrivere in un post sul blog dei Topipittori qualche tempo fa, lessi che Maria durante la seconda Repubblica, poi stroncata dalla dittatura di Franco, aveva dato vita insieme ad altri intellettuali a “Las misiones pedagógicas”. Le "Misiones" nacquero dalla convinzione che la nascita di una nuova nazione potesse fondarsi solo sul diritto alla cultura riconosciuto a ogni persona fin dalla più tenera età e che questo potesse avvenire creando concreti presupposti per la costruzione di conoscenza condivisa la cui diffusione sarebbe stata garantita dalla messa a disposizione degli intellettuali e degli artisti, le anime chiamate per portare le "Misiones" fin nei paesi più remoti della Spagna.

Partirono così tra i primi, a dorso di mulo, Maria e gli altri, alla conquista di paesini dove non vi era altro libro che la Bibbia e dove le uniche immagini presenti erano icone cristiane e qualche sparuta fotografia. I gruppi erano due: uno promuoveva l'arte, l'altro la letteratura. Sul mulo veniva caricato, a seconda, un solo quadro o un solo libro. Il viaggio poteva durare settimane. Nel giro di poco tempo, la richiesta da parte dei piccoli paesi di avere altri quadri e altri libri raggiunse livelli impressionanti: tra il 1931 e il 1936, 196 circuiti di "Misiones Pedagógicas" raggiunsero 7.000 città e villaggi; con la partecipazione di 600 "missionari", furono attivate o riattivate, a seconda dei casi, 5.522 biblioteche, distribuiti oltre 600.000 libri, prodotti 286 spettacoli teatrali del "Teatro y Coro" e fatte approdare in 179 località le "Exposiciones Circulantes de Pintura" del Museo del Pueblo.




Illustrazione di © Mattias Adolfsson


A un'osservazione più attenta, che poi trova conferma nel pensiero espresso in tutta l'opera della Zambrano, quello a cui cercavano di dare vita questi intellettuali era la proposta di una narrazione alternativa (partendo dai bambini) a quella dittatoriale che aveva governato fin lì la Spagna, e che loro sapevano di non aver ancora interamente sconfitto. Il tempo purtroppo diede ragione ai loro timori e se è vero che la Guerra Civile Spagnola è stata, in tutto, il prodromo della Seconda Guerra Mondiale, non ci si può esimere dal rilevare quanto, nell'uno come nell'altro caso, sia stata proprio la narrazione a creare quelle due immense tragedie.

Sono state le "Misiones", la tesi e la possibilità di poter condividere poi per alcuni anni pensieri e parole con Pier Cesare Bori, insieme a un passo compiuto indietro nel tempo all'inizio delle passioni della mia vita (nel frattempo poi ero diventata giornalista, da qualche anno lavoravo in radio dove curavo una rubrica culturale dedicata ai libri e a ciò che gli gira intorno, di lì a poco avrei diretto un teatro...), che mi hanno portato a scegliere, con convinzione, una strada al di fuori dell'Università e a dedicarmi interamente alle narrazioni partendo da quelle rivolte ai bambini.

E poi, tanto studio, il rifare tutto quello che facevo prima con passione con più dedizione e consapevolezza, e la decisione di iscrivermi al master di alta formazione dell'Accademia Drosselmeier, dove ho incontrato Antonio Faeti, altro maestro che per primo ha intravisto per me il percorso della "Pedagogia delle Narrazioni", che lui volle plurale perché, al tempo, disse: «quelli che se ne occupano ora escludono ancora colpevolmente il figurativo a favore della letteratura, il cinema e il teatro, gli ultimi due quando va bene». Dopo diversi altri incontri e lezioni con Antonio Faeti, nel 2005 iniziai a insegnare "Pedagogia delle Narrazioni" e fu lui il primo a conoscere la pazienza e la fatica per convincermi che i due termini che definivano l'insegnamento potessero convivere uno al fianco dell'altro. Ci sto ancora lavorando, come avete letto. Onestamente devo aggiungere che avevo alle spalle, e poi ho continuato a seguire, un discreto numero di  altri corsi di approfondimento e perfezionamento. Posso dire però, con assoluta franchezza, che tutto ciò che ho fatto ha avuto significato e importanza per il lavoro che faccio oggi.

Questo per ricordarvi, nuovamente, che se vorrete dedicarvi a questo lavoro, molto, moltissimo dipenderà da voi.

Illustrazione di © Mattias Adolfsson


4 - Le tue lezioni sono rivolte a insegnanti, bibliotecari, librai, genitori, lettori, bambini e ragazzi. Abbiamo letto che hai tenuto anche corsi per gli anziani... sono ambiti diversi dello stesso insegnamento?

R. Non sono ambiti, sono solo sfaccettature diverse dello stesso insegnamento, diciamo così, e come tali chiedono che nella cassetta che vi porterete appresso vengano messi attrezzi differenti da usare, di volta in volta, in modo appropriato. 

Succederà così, prima vi accontenterete di metterete gli attrezzi d'uso poi, mano a mano che aumenterà la vostra esperienza, imparerete a forgiarveli da soli in modo che possano calzarvi alla perfezione, tanto da dimenticarvi, ma soprattutto da far dimenticare a chi vi ascolta, che li state usando. Non so, per farvi un esempio, se vi troverete a parlare del romanzo europeo potrà esservi utile conoscere quando e perché, al tempo, Bachtin decise di applicare la teoria del cronotopo di Einstein a quella della letteratura, ma nel contesto sbagliato esporre questa teoria potrebbe tramutarsi in un killer per l'attenzione e il piacere di chi vi sta ascoltando. Allora, come novelli Silvan, dovrete esercitarvi a lungo per imparare a mostrare senza esibire, a fare opera di prestidigitazione sulla vostra preparazione e tecnica, al fine di imparare a gestire contemporaneamente il concetto del cronotopo che avete studiato e l'abilità di usarlo senza che questo influisca sul racconto che state facendo, tenendo il cronotopo su un campo lunghissimo, se non del tutto nascosto.

Per dirvene una, dovrete imparare per primi a narrare.



Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Da poco ho terminato un corso semestrale per futuri illustratori e grafici che mi ha dato molta soddisfazione, altri attrezzi da sperimentare. 
A settembre ne inizierò uno dedicato alla scrittura, certo non è il primo ma ci sto già lavorando e sto provando a impostarlo in un modo del tutto nuovo. La possibilità di potermi rivolgere a gruppi di studenti (o partecipanti ai miei corsi) differenti è una delle cose più interessanti e stimolanti del mio lavoro. Inutile dire che così ho l'opportunità di apprendere molto da chi incontro. E poi questo mi pone su una sorta di crocevia privilegiato, uno snodo cruciale, che mi permette di confrontarmi con tutte le figure coinvolte dell'intera filiera del mondo della narrazione (gli editori, gli scrittori, gli illustratori, i grafici, i fumettisti, gli attori, i registi, poi i distributori e anche i bibliotecari, gli organizzatori di iniziative premi e altro, gli insegnanti i bambini e i ragazzi, i genitori e i nonni, i librai e i lettori) e sapere se le intenzioni incontrano le aspettative, le vocazioni i desideri, le offerte i bisogni. A volte a essere posizionati lì è anche fonte di frustrazione, quella che nasce dal toccare con mano come problemi che vengono vissuti pigramente senza soluzioni se solo fossero affidati a un dialogo onesto e costruttivo tra le parti potrebbero invece essere risolti con una discreta facilità.

Infine, i corsi con gli anziani, sì mi è capitato di condurne qualcuno, esperienze indimenticabili. Quella fame di storie così forte da bambini, che ci illudiamo muti con l'età, è ancora lì intatta che aspetta solo di essere alimentata di nuovo. Credo sia anche questa una grande opportunità conoscitiva che offre la possibilità di vedere dispiegato davanti a sé, in attesa di essere ascoltato e compreso, lo svolgersi di una narrazione che partendo dall'origine di una quasi, per molti totalmente, esclusiva oralità si è trovata nella tarda maturità a compiersi nell'epoca di internet e dei social media, una nuova forma di narrazione dalla quale gli anziani però rimangono per lo più esclusi. Tra i due estremi, si trova una terra di mezzo piena di possibilità non ancora esplorate da loro, una terra di stupore di cui possono divenire i nuovi abitanti.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


5 - È possibile declinare la "Pedagogia delle Narrazioni" anche in altri settori oltre l'insegnamento? Tu per esempio ne scrivi, hai creato Gavroche (a proposito, non ha pensato di aprire una pagina su Facebook?), ti abbiamo visto lottare per salvare libri delle biblioteche, qualcuno ti ha visto cambiare disposizione dei libri sugli scaffali di una libreria e si dice che tu lo faccia anche sulle tavole dei venditore ambulante di libri usati, si dice...

R. Una cosa per volta. E poi, ho promesso che non avrei toccato le domande, questa però mi fa sembrare un tantino fuori di testa, ma una promessa è una promessa. Allora, andiamo per gradi. Per quanto riguarda la prima parte della domanda, penso che non solo sia possibile, ma sia indispensabile declinare la "Pedagogia delle Narrazioni" in tutti i modi possibili. Il pericolo, in caso contrario, è quello di arrivare a cristallizzarsi nel bozzolo rassicurante di vuote teorie e quindi di non aver più niente da trasferire agli altri. Inoltre, la narrazione è troppo veloce per fermarsi a un unico confronto con lei, come può essere quello offerto dalla prospettiva del solo insegnamento, anzi proprio l'insegnamento deve essere l'ultima cosa, quella in cui vengono riversati tutti i frutti di ciò avete studiato e fatto fino a un momento prima.

Ecco, un altro punto fondamentale, che non mi avete chiesto ma che voglio dirvi perché credo che ci sia qualche falso mito da sfatare. Molto spesso mi capita di incontrare persone che si avvicinano alle narrazioni per l'infanzia spinte da motivazioni romantiche, da vissuti riferiti a particolari momenti di vita (magari sono diventati di recente madri o padri), oppure dopo aver provato il gusto amaro delle relazioni lavorative di un mondo esclusivamente abitato da adulti. Non sarò io a fare una classifica delle motivazioni più valide o interessanti perché non credo sia giusto farlo. Solo vorrei dirvi, non mi stanco di ripeterlo anche ai miei studenti, che dovreste valutare la professione che vi interessa praticare, prima di tutto e sopra ogni cosa, come lavoro. In particolare, questa di cui stiamo parlando richiede: che non siate mai stanziali ma sempre in movimento a cercare e a vedere cose nuove (e, va da sé, che siate abbastanza abili a muovervi con destrezza tra i prodotti culturali provenienti da diversi Paesi); che siate disposti a lavorare in posti spesso differenti e distanti da casa; che non smettiate mai di studiare e di mettervi in discussione; che siate in grado di regolare da soli l'organizzazione delle vostre giornate e, non meno, che siate voi a seguire, prima di altri, contratti e noiose, ma fondamentali per la vostra sopravvivenza, pratiche amministrative ed economiche.



Illustrazione di © Mattias Adolfsson


Per quanto mi riguarda, poi, e arrivo a rispondere alla seconda parte della domanda, scrivo rimanendo sempre nell'ambito della "Pedagogia delle Narrazioni" per riviste e pubblicazioni del settore. Poi, nel 2011, dopo anni in cui, viaggiando per il nostro Paese trovavo costantemente riscontro di quanto siano ancora tristemente e meravigliosamente attuali le “missioni pedagogiche” di cui vi ho scritto (naturalmente collocandole nel nostro tempo), ho pensato di aprire un blog, e di farlo diventare quel mulo che potesse andare dove io da sola non sarei mai riuscita ad arrivare.

Gavroche, il nome inizierà a tornarvi se pensate a quel bambino sulle barricate nelle strade di Parigi, è nato semplicemente così; dalla consapevolezza di quanto il nostro Paese sia impari nell'offrire opportunità di conoscenza ai bambini (e nel fornire strumenti agli adulti che li seguono) e di quanto sia pericolosamente disinteressato all'evidenza che le oggettive condizioni sociali ed economiche in cui i bambini vivono, decidono il numero di possibilità che potranno giocarsi per il loro (e il nostro) futuro; dal fatto che in questa incommensurabile e voluta disparità, la cultura continui a essere ogni giorno vilipesa nella sua essenza, che è quella di mettersi a disposizione per interpretare, sostenere, dare senso e, vien da sé, raccontare la vita di ogni donna e di ogni uomo. La cultura, tre le molte altre cose, è l'insieme delle possibilità che devono essere messe a disposizione delle persone perché possano scegliere come costruire la propria identità, perché possano rappresentarsi il mondo, la realtà, le cose, loro stesse, e produrre quelle metaconoscenze (tra cui la capacità di scegliere, di autodeterminarsi e di autrappresentarsi) indispensabili per la direzione autonoma della loro vita.

L'idea originaria di Gavroche era quella di farlo viaggiare per un po' di tempo con un bagaglio leggero per vedere come veniva accolto dai lettori: niente mio profilo, facebook e twitter. Poi, in base alla risposta dei lettori, piano piano avrebbe dovuto ampliare il suo profilo, cosa che ora trovate scritta nel blog e, udite udite, sarà proprio con questo post che approderà su FB.

Infine, per le questioni del "lottare per salvare i libri delle biblioteche", del "cambiare disposizione dei libri sugli scaffali di una libreria" e del "cambiarli sulle tavole di un venditore ambulante di libri usati", alcune di queste cose mi succedono spesso, è per questo che qualcuno di voi mi ha visto farle; altre meno, ma sono tutte sfumature del mio lavoro più che del mio carattere, come invece potrebbe sembrare.

Per dirvi, se foste chiamati a valutare un catalogo di una biblioteca che intende mandare al macero i libri senza parole perché non ha senso tenerli visto che non c'è nulla da leggere (uno tra i mille esempi che potrei farvi), voi cosa fareste? Oppure, se entrando in una libreria, sezione bambini, trovaste esposti in bella vista quasi solo libri mass market e nascosti negli scaffali quelli di ottimi scrittori e illustratori voi non cambiereste l'ordine? Infine, e pazienza se alcuni di voi erano presenti e già lo sanno, se vi fermaste a un banchetto di libri usati, badate bene vicino a una gelateria (in un thriller questo sarebbe l'annuncio della scena del delitto), e il proprietario vi dicesse che non vende un libro cosa fareste? Notando che i titoli sono buoni e i prezzi anche, capireste che è un problema di esposizione: i libri sanno instaurare sorprendenti relazioni tra loro. Allora, anche sulla promessa di un gelato pagato al giorno se dovessero aumentare le vendite e questo per i tre giorni in cui vi fermerete per il corso, decidete di dargli una mano e, con il suo permesso, gli cambiate l'esposizione sul banchetto. Succede poi, che le vendite si alzano felicemente (non è sempre così facile però). Magia? No, è solo la conoscenza di come si muovono le narrazioni (chiedetelo al famoso signor Daunt delle librerie londinesi se non è così). È questa è solo una piccola parte di quello che potreste imparare a fare anche voi, e che poi vi troverete a fare, se deciderete di dedicarvi alla "Pedagogia delle Narrazioni" o di come sarebbe meglio chiamarla.


Nella speranza di esservi stata utile, vi lascio con una pensiero: siate grati dei piccoli favori... ricordatevi che le storie vi sono arrivate, vi arrivano e vi arriveranno sempre per voce o per mano di qualcuno.


Illustrazione di © Mattias Adolfsson


* Un ringraziamento particolare a Chiara Beltrame e ai lettori di Gavroche che hanno saputo spronarmi a fare questo post e attendere.

** Tutte le immagini del post, come indicato, sono dell'illustratore svedese Mattias Adolfsson.
Al momento, purtroppo, non ci sono suoi libri pubblicati in Italia. Speriamo che una delle nostre case editrici più attente non se lo lasci scappare.


I GIARDINI DI VIRGINIA WOOLF... DI VANESSA E DI VITA

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Oggi vi parlo di alcuni libri (e qualcosa di più...) che, è possibile, diversi di voi possono conoscere già.

Gli ho scelti per tre motivi, almeno, che qui cercherò di dirvi, non certo in ordine di importanza.

Il primo, si riferisce a un'abitudine acquisita da bambina, che credo di condividere con tanti lettori, e cioè che i libri che scelgo hanno molto a che fare con le stagioni, e l'estate, per una come me che considera ancora settembre l'inizio dell'anno, è quella che più di altre mi offre il tempo per immergermi in letture germinali, quelle che mi offriranno lunga compagnia, quindi possibilità, scoperte, riferimenti, curiosità da cercare di lì a poco o per il resto dell'anno.

Il secondo, è che ogni estate leggo o rileggo qualcosa di Virginia Woolf. Quest'anno è toccato a The London Scene (Six essays in London life), nella bella edizione pubblicata da Dount Books, che mi è stato regalata, nella libreria di Marylebone, lo scorso gennaio e tra poco toccherà a Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura uscito pochi giorni faper Minimum Fax (a cura di Federico Sabatini).

Il terzo è, in realtà, una convinzione che nasce dalla combinazione dei primi due motivi,  ovvero che l'infanzia sta alla lettura come l'estate e che sia il principio di un cammino principalmente già tracciato da altri, nei più significativi dei quali noi percepiamo i tratti di quella rara perfetta congiunzione tra l'essere e il vivere, il più grande dei doni, che è una vita compiuta.
Cerco di dire meglio. L'infanzia è per definizione la stagione della vita in cui le letture, tutte, sono germinali, destinate cioè alla produzione e riproduzione di ciò che abbiamo trovato lì, per somiglianza o per differenza, per continuità o abbandono, per piacere o fastidio, per adesione o contrarietà, per conferma o scoperta, per emersione o risacca.
Tutto inizia in quel preciso perimetro, in misura diversa e singolare per ognuno. 
Perché allora non uscire dal seminato e non condividere con una bambina o un bambino  un racconto in grado di regalare loro la prima conoscenza di una figura che potrà farli innamorare per molto tempo? Ecco, il racconto di una vita compiuta?

Mi ricordo che a me successe, prima con Emily Dickinson (provate per credere!) poi solo dopo, proprio con Virginia, tanto che quando mi trovo a pensare a un certo modo di stare al mondo in cui lo scrivere e il vivere sono indistricabili, non riesco a vedere l'una senza accanto l'altra. Sarebbe interessante capire come due figure così complesse riescano ad affascinare profondamente le bambine, onestamente più dei bambini e, ancor più ovviamente, nei loro primi più facili sensi e significati, quelli rintracciabili nelle loro inusuali biografie.

Per sfatare ogni mito sull'infanzia prodigiosa, cosa che detesto profondamente, vi dirò che sono stati semplicemente due telefilm degli anni Settanta a farmi incontrare Emily e Virginia: il primo, l'ho cercato e ricercato in internet senza risultati, raccontava la storia di una classica famiglia americana dove la bambina più piccola, che amava leggere e scrivere, aveva una vera passione per Emily; per quanto riguarda l'incontro con Virginia, lo devo invece a "Otto bastano", serie meglio conosciuta come "La famiglia Bradford" ("Eight is enough", USA 1977). Così, per dire.

Qui vi racconterò di Virginia e di giardini.
In un'altra occasione, potrei farlo di Emily e il suo superbo Herbarium (Elliot Edizioni, 2007).
Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014
KYO MACLEARè scrittrice e saggista. Nata in Inghilterra, ha la mamma giapponese, vive a Toronto con il marito musicista, due figli piccoli e un gatto. Autrice di romanzi per adulti, ha pubblicato altri due libri per ragazzi (Spork e Mr. Flux) che, oltre alle menzioni speciali, hanno vinto l’IBBY nella sezione Libri per ragazzi con disabilità.

ISABELLE ARSENAULT vive a Montréal con la sua famiglia. Ha studiato Grafica e Belle Arti all’Università del Québec specializzandosi in illustrazione. Il suo libro Migrant (con testo di Maxine Trottier, Grondwoods, 2011) è stato scelto dal “New York Times” come uno dei migliori 10 album illustrati del 2011. Nel 2012, ha ricevuto il suo secondo "Governor General's Award" per le illustrazioni di Virginia Wolf e il premio  "Le Prix jeunesse des libraires du Québec" per Fourchon, la versione francese di Spork  (con testo di Kyo Maclear, Kids Can Pr, 2010). Tra i suoi ultimi libri, la bellissima graphic novel Jane la volpe e io (con testo di Fanny Britt, Mondadori, 2014) e Once upon a northern night (con testo di Jean E. Pendizidol, Groundwood books, 2013). A ottobre uscirà Alpha, il suo abc per la canadese la Pastèque. Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentroè stato il vincitore del "White Raven Award" di Monaco di Baviera nel 2013.

Quando, il 25 febbraio del 1895, nasce Adeline Virginia, Vanessa ha quasi tre anni e, insieme, sono la metà dei quattro fratelli della complicata famiglia Stephen (in realtà sette, se si contano George, Gerald e Stella, figli di un primo matrimonio). Quel giorno segna l'inizio di un rapporto intimo che legherà indissolubilmente le due sorelle fino alla morte di Virginia, avvenuta il 28 marzo del 1941 (Vanessa morirà il 2 aprile di vent'anni dopo).


La storia della famiglia Stephen è segnata da tragici lutti tanto che questa continua linea di dolore lascerà tracce profondamente nell'esistenza di Virginia. 

La morte della madre nel 1895, poi di Stella nel 1897 e infine del padre Leslie nel 1904, costringeranno Vanessa, Thoby, Virginia e Adrian a lasciare la casa di Hyde Park Gate per trasferirsi al 46 di Gordon Square dove Thoby darà inizio alle serate che segneranno la nascita dello storico Bloomsbury Group (ma anche lui morirà giovanissimo, nel 1906).

Vanessa sarà per tutta la vita una figura materna per Virginia e, al contempo, un specchio fedele in cui riflettersi e con cui confrontarsi: «Virginia non amava soltanto la sorella, ma, si direbbe, amava il rapporto d'affetto che c'era tra loro. Per la sorella maggiore le apparenze furono sempre la cosa più seducente del mondo o, almeno quando dava il suo affetto, questo affetto doveva esternarsi a lei in forma visibile. Per la sorella minore, la cosa più bella dell'amore fraterno era semplicemente l'intima comunione con un altro essere, il partecipare dell'altrui personalità. Fin dall'inizio, fu concordato tra loro che Vanessa doveva diventare pittrice e Virginia scrittrice», scrive Quentin Bell nella biografia Virginia Woolf (traduzione Marco Papi, Aldo Garzanti Editore, 1974).


«                                                   Warboys, Huntingdonshire, estate 1899

D'estate, pochi mesi dopo la morte della mamma, anche Virginia si è ammalata. Nessuno sa dire che cos'abbia avuto; lei stessa ha faticato a spiegarlo al dottor Seaton. È che le batteva forte il cuore, se lo sentiva salire in gola fino a soffocarla; e non aveva più voglia di stare con gli altri, non sopportava nessuno. Certi giorni le sembrava di non volere niente. Stava a letto, il viso rivolto verso la parete, a guardare il bianco del gesso che si scrosta, gli impercettibili graffiti del tempo, cercando di decifrare quel codice, come se dovesse dirle qualcosa. Ma non c'era niente da capire, il muro non aveva messaggi per lei. Meglio dormire, allora. E Virginia ha dormito sonni senza sogni, a occhi aperti. Un fantasma. [...] 
Poi è passata, per fortuna. Tutti hanno fatto finta di dimenticare. Ma quando Virginia si fa più pensosa, quando passa ore senza dire una parola, quando guarda fuori dalla finestra e si capisce che non mette a fuoco nulla, Vanessa ha paura per lei. Ha capito che la malattia di Gin non si cura con le medicine e il movimento, non è un equilibrio di umori sottosopra, che si rimette a posto per via chimica. E se non c'è ricetta che valga, potrà far qualcosa l'amore di una sorella, seppur incondizionato?» [...]
Beatrice Masini, Per amore delle parole. Vita e passioni di Virginia Woolf, ill. Emiliano Ponzi, Edizioni EL, collana "Sirene", 2005.


C'è una particolare consonanza tra il libro che Beatrice Masini, alcuni anni fa, dedicò alla figura di Virginia Woolf e l'albo Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro (che si potrebbe considerare a tutti gli effetti un prequel di Per amore delle parole), quindi è una benedizione che sia stata lei a tradurlo. 
Per prima cosa, il mostrare che una scelta editoriale caratterizzata da intelligenza e coraggio è ancora possibile, se non dovuta, quando si parla di letteratura rivolta all'infanzia. Possibile, molto faticosa indubbiamente, e anche capace di qualificare cataloghi editoriali se perseguita nel tempo.
E, non secondariamente, che quando si parla di questo tipo di editoria, tutto dipende dagli autori, da quanto le loro capacità narrative siano in grado di raccontare ai bambini storie che trattano di temi ritenuti, a torto, indicibili. Una sfida vinta per entrambi i titoli, dove la poesia e il rigore intellettuale, il dialogo tra parole e figure, la determinazione nel dire e l'evocazione del non detto, accendono nel lettore nuovi pensieri, inaspettate riflessioni e molti desideri, tra questi quello di saperne di più e, insieme, quello di poter vedere i due volumi,  stretti uno al fianco dell'altro, in un'ideale biblioteca dell'infanzia (è un vero peccato vedere sparire la collana "Sirene").

Il racconto di Kyo Maclear e Isabelle Arsenault, una dei più interessanti talenti dell'illustrazione di oggi, è quello di due bambine che sappiamo noi diventeranno famose, appunto Vanessa Bell e Virginia Woolf, e del significato profondo delle "sorellanza", quel miracolo capace di portare l'esistenza, i suoi momenti luminosi e oscuri, in un'altra dimensione, segreta ma visibile agli occhi degli altri, impalpabile eppure concretamente vitale, sempre complice anche nei conflitti. Una dimensione, una condizione, quando decise, vere una volta per sempre, che non assomigliano a nessun'altra forma di legame o affetto. Un luogo esclusivo, per il quale esistono solo due chiavi di accesso, qui fatto di parole e di silenzi e di un amore per l'arte che prende corpo in immaginifici e visionari giardini.



Un giorno mia sorella Virginia
si è svegliata che aveva un lupo dentro.
Faceva versi da lupo
e si comportava in modo strano...



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014



È un brutto giorno, forse il primo di quelli in cui Virginia si sveglierà male per il resto della sua vita, in cui neanche le parole riescono a soccorrerla, lasciando il posto a strani versi: vuole solo stare in camera sua, niente le interessa, tutto è "troppo" e nessuno può farla stare meglio. Urla, con una voce strana che ricorda l’ululato di un lupo. Ulula il dolore di un male che la opprime, e che ancora non sa ancora nominare, la depressione. Vanessa è al suo fianco, non intenda lasciarla sola in quella terra che per la prima volta le è preclusa ma di cui intuitivamente percepisce il pericoloso abisso «Ti prego, Virginia.», «Di' qualcosa.»



"Se potessi volare andrei in un posto perfetto. 
Un posto pieno di dolcetti glassati e di bei fiori e alberi da arrampicarcisi sopra. E niente niente malinconia.""Dov'è questo posto?" ho chiesto io.Lei ci ha pensato un momento e ha detto. "A Bloomsberry, naturalmente"


Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014



Vanessa le chiede se sa dove sia questo "Bloomsberry", ma niente. 
Prova a cercare sull'atlante, non lo trova.
Allora fa quello che sa fare: prende i pennelli, dipinge una parete di fiori e poi un’altra e poi un’altra ancora, trasformando la stanza della sorella in un giardino bellissimo con tanto di scala che arriva fino alla finestra “così chi era giù poteva andare su". Una scala, che possa allontanare la sorella dal precipizio dell'abisso e mostrarle, forse, quanto potrà essere alta quella visione dell'esistenza che solo lei, un giorno, saprà leggere e scrivere.



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014


Un giardino, un luogo perfetto, che lei e Virginia possono di nuovo abitare insieme.



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014


Un altro giardino sarà il luogo dove Virginia, molti anni più tardi, nel dicembre del 1922, farà uno degli incontri più significativi della sua vita. Le sue chiavi di accesso saranno sempre solo due, ma questa volta di Virginia e Vita Sackville-West.


«All about her is savage, patrician»
(le parole di Virginia per descrivere Vita)


« [...] Ma ci sono cose che non cambiano. Anche nei momenti di gioia che seguono al successo, [...] Virginia continua a vivere una vita anfibia, dentro e fuori dal letto. Il letto diventa l'unica maniera per sopire le conseguenze dei terribili mal di testa che la affliggono. Con l'emicrania arrivano i diavoli, le voci. La sensazione di essere privata di sé, espropriata, rapinata della propria libertà.
Ancora le amiche. Vita Sackville-West è la moglie di un diplomatico Harold Nicolson, e discende da una famiglia di antica nobiltà. È bellissima, eccentrica, colta, appassionata, curiosa. Quando appare sullo sfondo della sua residenza di campagna, Knole, è come una visione: si presenta circondata dai figli, bambini bellissimi, e da una muta di cani, come una dea cacciatrice con i suoi amorini.


Vita Sackville-West


Nutre una passione vera e autentica per i fiori e le piante; lasciata Knole, nel 1930 comprerà insieme al marito il castello e la tenuta di Sissinghurst, che diventa un progetto traboccante di passione: una serie di giardini incantevoli, un rigoglio di essenze rare e di comuni, sfolgoranti rose inglesi. Questa donna, che ha la passione per le azalee, che si perde a contemplare piogge di petali dai rami che il vento di primavera spettina senza pietà, in città ha il fascino levigato e scintillante delle pietre preziose che indossa a profusione sopra i vestiti di stravagante eleganza: il verde degli smeraldi, il pallore delicato dei chicchi di perle che scendono a fili e fili dal suo collo. È più giovane di Virginia; più temeraria. Dice di amarla, e Virginia, che è più ritrosa e meno ardente per natura, fa per sottrarsi a questa marea di passione che le avanza contro, la circonda, la assedia. Sono molto legate per anni; passano molto tempo insieme; si scrivono lettere intensissime, argute, divertenti, pungenti. Leonard sembra capire anche questa necessità di Virginia, tra le tante, e la lascia libera. Sa che tornerà da lui, sempre.
E siccome i ragazzi di Bloomsbury non hanno mai avuto pregiudizi, non si sono mai negati le esperienze più estreme, anche un amore al femminile ha senso, a condizione che sia amore. Nessuno si scandalizza, nessuno si truba. Tutto, purché Virginia sia felice. Sarà mail felice lei? Chi lo sa.
[...] A Vita è dedicato Orlando, il romanzo che Virginia pubblicherà nell'ottobre del 1928. Parla di un personaggio affascinante che attraversa le epoche della storia mutando da uomo a donna: perché non è importante che cosa si è, ma come lo si è». [...]
Beatrice Masini, Per amore delle parole. Vita e passioni di Virginia Woolf, ill. Emiliano Ponzi, Edizioni EL, collana "Sirene", 2005.


Virginia Woolf e Vita Sackville-West
Nell'ottobre del 1928, all'uscita di Orlando, Virginia, accompagnata da Vanessa e Vita, tiene una serie di conferenze nei collegi femminili di Cambridge. Due di questi saggi, accolti entusiasticamente, diventeranno di lì a poco A Room of One's Own (Una stanza tutta per sé).




Vita Sackville-West, Il giardino,
traduzione Silvia Bre,
(testo originale a fronte)
Elliot Edizioni, Roma, 2013 
La passione di Vita Sackville-West (Sevenoaks, 9 marzo 1892 – Sissinghurst, 2 giugno 1962), poetessa e scrittrice, per le piante e l'architettura dei giardini la rese molto più famosa delle sue opere letterarie. Dopo il successo ottenuto con i poemi The Land(1927) e The Garden (1946), Vita divenne collaboratrice per il giornale "Observer" per cui curò per quindici anni una rubrica di giardinaggio che, oltre a renderla famosa al suo tempo, ha influenzato la pratica dell'arte inglese nella cura dei giardini in maniera profonda. I migliori articoli dell'"Observer" sono stati selezionati, per la nuova raccolta, The Illustrated Garden Book (1986), da Robin e Louisa Lane Fox, dopo aver sviluppato e messo in pratica le sue idee nel giardino della prima casa con cui visse assieme al marito Harold Nicolson (suo collaboratore nella progettazione e nella cura), Long Barn, assieme crearono da zero il Giardino del Castello di Sissinghurst, nel Kent.




Vita Sackville-West, Il libro illustrato del giardino,
a cura di Robin Lane Fox, traduzione Marta Suatoni,
Elliot Edizioni, Roma, 2013





Vita Sackville-West e il marito Harold Nicholson, scrittore e diplomatico ed entrambi membri di Bloomsbury, fondarono Sissinghurst nel 1930 in seguito a preoccupazioni sul fatto che la loro proprietà di Long Barn, nei pressi di Sevenoaks, nel Kent, fosse vicina a uno sviluppo sul quale non avevano il controllo. Benché fosse in condizioni derelitte, essi comprarono Sissinghurst e iniziarono a costruirvi il giardino che oggi conosciamo. Il progetto di Nicholson e il lavoro di giardinaggio della Sackville-West furono entrambi fortemente influenzati dai giardini di Gertrude Jekyll e Edwin Lutyens oltre a quelli di Hidcote Manor, progettati dal loro proprietario, Lawrence Johnston. Sissinghurst fu aperto al pubblico per la prima volta nel 1938 e dal 1967 è proprietà del National Trust. È il giardino più visitato d'Inghilterra, con circa 200.000 visitatori all'anno nonostante la chiusura invernale.

Vita Sackville-West desiderava essere ricordata come poeta. Non stimava i suoi romanzi The Edwardians e All Passion Spent e riteneva che non meritassero il consenso che avevano suscitato.
Forse l'avrebbe amareggiata sapere che oggi è soprattutto famosa come botanica e scrittrice esperta di giardini.
Riteneva che The Land e The Garden, invece, le avrebbero garantito un posto duraturo nella storia della letteratura. La stesura dei due poemi fu molta sofferta: entrambi di circa 2500 versi, richiesero diversi anni per essere completati. The Land, concepito nel 1921, fu iniziato nel 1923, terminato nel 1926 e pubblicato nel 1927 (e si aggiudicò l'"Hawthornden Prize"). Dopo la sua pubblicazione, Virginia Woolf, la sua più sincera critica, la incoraggiò a scrivere un poema su un villaggio. Vita lo iniziò immediatamente, ma non parlava di un villaggio, era The Garden. Disse a Harold: «Conterrà molto più del semplice giardinaggio - tutte le cose in cui credo e quelle in cui non credo». The Garden,  iniziato ne primi mesi del 1939, fu concluso nel 1945 e pubblicato nel 1946, nel tempo in cui si svolse la seconda guerra mondiale.
Seconda opera di quello che nelle intenzioni dell'autrice doveva essere un dittico,  non a caso segue la stessa divisione in stagioni adottata in The Land, The Garden fu da subito considerato un poema di carattere filosofico, molto più riflessivo, intimo e simbolico del primo. Ottenuto un immediato successo, fu insignito del prestigioso "Heinemann Prize". 

IL GIARDINO

Piccoli piaceri devono emendare grandi tragedie,
dunque di giardini nel pieno della guerra
io con coraggio parlo. Un tempo, della nobile terra
osavo azionare i registri dell'organo, le note
profonde del basso, l'estensione del diapason 
della ricca rotazione, procedendo di raccolto in raccolto,
di stagione in stagione mentre la ruota
girava ciclica nei solchi e nei frutteti del tempo;
nominavo gli arnesi classici, l'aratro, la falce,
nell'importante rito del lavoro nei campi,
ma adesso del fratello minore dell'agricoltura
tocco il grazioso acuto, pizzico di corda,
componendo la collana di un'annata di giardiniere,
dell'opera del giardiniere, nel bene e nel male
sgranata fin troppo facilmente in perle di versi. 
[...]


ESTATE

[...]

Luglio pesante. Troppo veemente e troppo rigoglioso;
culmine d'estate, fermo, appagato, e sazio,
nulla da temere, e poco da aspettarsi.
Persino gli uccelli sono calmi.
Boschi bui sovraccarichi: troppo nero, il loro verde.
Nessuna promessa di un sussulto, nessuna sorpresa, nessuna
febbrile difficile battaglia contro un'aria giovane, agile
e tagliente e un suolo gelato; nessuna lotta accesa
di un coraggio fragile che vince ciò nonostante.
Luglio facile, quando tutto fiorisce troppo intensamente
e l'esuberanza delle rose
non corre pericoli;
e quelle aggressive indistruttibili
noiose, le piante erbacee, che accettano di buon grado
tutto quello che capita e non chiedono niente
più del distratto favore di un paletto;
modesto fascino, non fiero comando,
come qualche severa zitella, risoluta, zelante,
tutta virtù e nessun incanto.

Non amo una pienezza come questa, affatto.
Troppo dolce, la pioggia inglese; troppo morbido, il sole.
Troppo florida, la piena estate nella nostra isola
delicatamente umida, che non spinge mai verso gli estremi.
Bellezza moderata, ma insidiosa,
i veli che indussero Shakespeare alla magia dei sogni;
Inghilterra, castigata come un manicotto da signora.
[...]



AUTUNNO

[...]

Eppure il giardino contrasta lo stato di guerra
in modo risoluto, uno sforzo in miniatura
per conservare grazie e gentilezze
contro un orrido deserto. Ciò che è civile
si è sempre contrapposto a ciò che è bruto, mentre il lento
progresso dei secoli arrancava, poi si fermava,
poi di nuovo la salita lenta, la scivolata
all'indietro verso il fosso, l'arrampicata verso l'uscita,
avanti, indietro, avanti, indietro, avanti,
regolare come il ritmo di una danza;
è così che il giardiniere nel suo piccolo
sostiene il baluardo della sua opposizione
e con un simbolo salva i modi civili;
è così che l'uomo degno lotta
per mantenere la gioia viva nel suo petto
quando ogni cosa è buia e persino nel cuore
della bellezza cova il verme pallido della morte.
[...]
Vita Sackville-West per quasi quindici anni conquistò i lettori dell'"Observer" con la sua rubrica di giardinaggio, e fu questa a tributarle enorme successo. I lettori che attendevano ansiosi il suo appuntamento settimanale, sapevano che le idee che di volta in volta proponeva erano da lei personalmente sperimentate nei suoi giardini di Sissinghurst. Vita, pur scrivendo con l'autorità di una grande creatrice di giardini, era un'autodidatta e così più che sessantenne e nonostante due anni prima, nel 1955, la "Royal Horticultural Society" l'avesse insignita della Veitch Memorial Medal, decise di iscriversi a un corso per corrispondenza di orticoltura generale, ottenendovi un 8/10. Oltre alla competenza, ciò che la caratterizzava ero lo stile con cui scriveva gli articoli, tanto che prima della sua rubrica non era mai esistito nulla di simile: era semplice, diretto e arricchito da metafore letterarie e artistiche. E questo fece e sì che essi fossero attesi anche da migliaia di non appassionati, semplicemente perché erano belli, curiosi, evocativi, insomma molto piacevoli da leggere.


«A Castle somewhere in Kent»


Vita teneva una fitta corrispondenza con i suoi lettori, accompagnata da un intenso scambio di sementi, idee e regali che in continuazione le venivano recapitati spesso a un non meglio specificato indirizzo nel Kent.
Il ricco epistolario che tenne con Virginia fino alla primavera del 1941, testimonia dei suoi numerosi viaggi alla ricerca di specie e qualità, di consigli e segreti, da poter sperimentare al rientro nei giardini della sua tenuta e condividere poi con i suoi lettori.


Sissinghurst

Sissinghurst



Quando scrisse l'elogio del garofano Chabaud, venne sommersa da tante lettere che le occorsero sue settimane per rispondere a tutte.



ANCORA SUI GAROFANI CHABAUD  

In risposta a numerosissime richieste, vorrei tornare sull'argomento dei garofani Chabaud. Monsieur Chabaud era un botanico di Tolone che, all'incirca nel 1870, ottenne questi ibridi dall'antico garofano perenne e dal tipo annuale.
Ne abbiamo di due specie, quello annuale e quello perenne. Gli annuali si dividono in "Giant Chabaud, "Enfant de Nice" e "Compact Dwarf". Devono essere seminati in febbraio o marzo in contenitori riempiti di un composto ben amalgamato di pacciame, terra e sabbia fine. Non richiedono riscaldamento, ma nel caso di temperatura particolarmente rigide i semi devono essere protetti. Non bagnateli eccessivamente. Manteneteli all'asciutto. Piantateli all'aperto piuttosto radi, in un punto soleggiato con un buon drenaggio (personalmente li preferisco da soli, non associati ad altre piante). La loro gamma di colori è ampia: giallo, bianco, rosso, porpora, rosa e screziati. Si propagano facilmente, e seminandoli ora saranno in fiore da luglio in poi. Se volete rimuoverli in ottobre e collocarli in vasi, continueranno a fiorire sotto vetro o dentro casa, sopra il davanzale di una finestra, o comunque in qualsiasi luogo protetto dal gelo, fino a inverno inoltrato.
La specie perenne, perfettamente rustica, deve essere seminata tra marzo e giugno, e collocata all'esterno la stessa estate, affinché fiorisca per diverse estati a venire. I giardinieri che apprezzano un poco di storia saranno lieti di sapere che la varietà chiamata "Flammand" discende da una stirpe del XVII secolo, che produrrà fiori screziati e variegati spesso ricorrenti in dipinti olandesi nell'incantevole confusione di un soggetto floreale.
A dire il vero il catalogo di questi fiori è tutto intriso di romanticismo, non solo storico, ma anche geografico, se concordate con me che il pensiero della Provenza, dalla quale provengono le sementi, evoca qualcosa di romantico. Siete mai stati a St. Remy, l'insediamento romano in quelle che una volta era la Gallia sud-orientale, dove ancora si leva un arco di trionfo, e dovei fiori vengono coltivati in appezzamenti lunghi più di un chilometro per il mercato delle sementi? Lo spettacolo deve essere magnifico quando tutti i garofani, le zinnie e le petunie sono in fiore, e macchiano con acri di colore il paesaggio provenzale alla Van Gogh.
Probabilmente questo non ha nulla a che vedere con un articolo di giardinaggio pratico, ma mi lascio sempre distrarre dalla storia delle piante che raccomando. Mi sono anche lasciata distrarre da una nota nello stesso catalogo riguardante le petunie, in particolare una specie ottenuta dalle monache di un convento nei pressi di Tolone. Non ho ancora provato a coltivarle, ma intendo farlo. Mi piace pensare a quelle suore di Tolone, indaffarate nel giardino del loro convento, che raccolgono i loro semi di petunia e li spediscono in Inghilterra, per la nostra delizia. 
Vita Sackville-West, Il libro illustrato del giardino, Elliot Edizioni, 2013.

Sissinghurst

Sissinghurst


«Vita Sackville-West aveva sempre amato l'immaginazione e la creazione di miti: la Spagna e il Sud, l'idea perduta di giardino rurale con i suoi romantici colori, i gitani e i climi esotici stimolavano la sua immaginazione. Poco dopo il primo incontro con Virginia Woolf elaborò in forma epistolare il sogno di andare insieme ai raduni de i gitani spagnoli», si legge nell'introduzione al libro. 

Se non è questo un giardino, un luogo privilegiato di immaginazione e libertà, l'inizio e la fine di un cammino dove vivere pienamente se stessi, che cos'altro lo è?

«Life, Life, Life!»
(l'ultimo addio di Virginia a Vita)

Tratto dall'introduzione di Mitchell A. Leaska 
in Le lettere di Vita Sackville-West a Virginia Woolf
a cura di Louise De Salvo e Mitchell A. Leaska, 
trad. Sylvie Coyaud, La Tartaruga Edizioni, 1985.


Nella sua lettera di sabato 22 marzo 1941, sei giorni prima della morte, Virginia chiedeva a Vita notizie sulla morìa degli uccelli - le cocorite - a Sissinghurst. Nelle scene finali di Between the Acts (Tra un atto e l'altro), il romanzo di Virginia pubblicato postumo, c'è una riga su «uccelli che discordanti sillabano vita, vita, vita...».

Quando Vita lesse quelle parole, alcuni mesi dopo la morte di Virginia, non poterono esserle sfuggita la fonte: Orlando.


«Andremo in cerca di meraviglie, in questo mattino d'estate, tutto adorazione del prugno in fiore e dell'ape. E camminando bellamente, domandiamo allo stornello (che è un po' più domestico dell'allodola, per esempio) che cosa gli passa per il cervello quando, sul mucchio della spazzatura, tra gli avanzi della verdura, trova da beccare in fretta qualche capello della servetta. E poi, appoggiati allo steccato, giù a gridare: che cos'è la vita? La Vita, la Vita, la Vita! Canta l'uccellino che ha il cervello fino...».


Nel 1945, quattro anni dopo la morte di Virginia, Vita e suo marito Harold curarono un'antologia di poesia intitolata Another World Than This. C'è in quel volume una «poesia» di Virginia Woolf, l'ultimo addio di Virginia a Vita, che le aveva dato appunto tanta vita - con tutta l'infelicità e il dolore - in quasi vent'anni di amore e amicizia. Vita mise in versi quel brano di Orlando:


Andremo in cerca di meraviglie, 
In questo mattino d'estate, 
Tutto adorazione 
Del prugno in fiore e dell'ape. 
E camminando bellamente, 
Domandiamo allo stornello
Che cosa gli passa per il cervello,
Quando, sul mucchio della spazzatura,
Tra gli avanzi della verdura, 
Trova da beccare in fretta 
Qualche capello della servetta. 
E noi giù a gridare: che cos'è la vita? 
La Vita, la Vita, la Vita!, canta l'uccellino 
Che ha il cervello fino...


«Virginia Woolf: Art, life and vision»
(la mostra alla National Portrait Gallery di Londra 
- 10 luglio al 26 ottobre 2014 -)



Supported by the "Virginia Woolf Exhibition Supporters Group"
and "The T.S. Eliot Estate"


«Virginia Woolf è stata una dei pensatori e degli scrittori più importanti della Gran Bretagna, una di coloro che hanno giocato un ruolo fondamentale nel cuore del modernismo nel 20esimo secolo», questo è stato il convincimento che ha portato Sandy Narnie, il direttore della National Portrait Gallery, ad allestire la prima mostra che ripercorre la vita della scrittrice, intellettuale e attivista britannica, a partire dai ritratti che l'hanno rappresentata.

Curata dal biografo e storico dell'arte Frances Spalding, la mostra è composta da oltre 100 opere, tra dipinti, fotografie (Beresford e Man Ray), disegni e materiali d'archivio rari (tra cui le lettere, i diari, i libri), scelti per raccontare la vita della Woolf all'interno del gruppo di Bloomsbury, la sua sfera intima e più strettamente familiare, i successi letterari, accanto ad aspetti meno noti di un'intellettuale così poliedrica e dal pensiero ancora estremamente attuale.

Frances Spalding,
Virginia Woolf: Art, Life and Vision
catalogo della mostra che potete trovare qui


***

«La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei.
Perché Lucy aveva fin troppo da fare. Bisognava togliere le porte dai cardini, stavano arrivando gli uomini di Rumpelmayer. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca come se fosse scaturita per dei bambini su una spiaggia. 
Che allegria! Che tuffo! Aveva sempre avuto quella sensazione quando, con un sommesso cigolio dei cardini, lo stesso che udiva ora, spalancava le portefinestre a Bourton e si tuffava nell'aria aperta. Quanto era fresca, calma, più ferma laggiù naturalmente, l'aria di prima mattina; come la carezza di un'onda, il bacio di un'onda, freddo e pungente e tuttavia (per una ragazza di diciott'anni qual era lei allora) solenne, sentendo come lei sentiva, là in piedi davanti alla finestra aperta, che stava per accadere qualcosa di terribile. 
Guardava i fiori, gli alberi che la bruma dipanandosi svelava e le cornacchie che si alzavano in volo, e planavano; là in piedi a guardare, finché Peter Walsh disse, «In meditazione tra gli ortaggi?» - disse così? O disse, «Io preferisco gli uomini ai cavolfiori»? Doveva averlo detto un mattino a colazione quando lei era uscita sulla terrazza - Peter Walsh. Sarebbe tornato dall'India a giorni, in giugno o in luglio, non ricordava quando, perché le sue lettere erano mortalmente noiose; ci si ricordava invece di certe sue battute; i suoi occhi, il coltellino, il sorriso, i modi scontrosi e, quando milioni di altre cose erano completamente svanite - che stranezza! - qualche battuta come quella sui cavoli»  
Virginia Woolf, La signora Dalloway, traduzione di Anna Nadotti, Einaudi, 2012.


Virginia Woolf, Mrs Dalloway,
cover Vanessa Bell,
Hogarth Press, London, 1925

LEZIONI DI VOLO

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Se c'è una cosa che fanno solo le vacanze, piccoli spostamenti o grandi viaggi che siano, è quella di ridefinire le nostre distanze. 

Per gli adulti, da quelli che eravamo prima, dal lavoro, dai problemi di tutti i giorni, da qualcosa di positivo appena successo che portiamo in giro un po' con noi gustandocelo quasi in segreto in attesa di poterlo ritrovare al nostro rientro, da qualcosa che avrebbe potuto succedere e non successo. Rimisuriamo le distanze tra quello che sognavamo di essere, che siamo e che ci ostiniamo a non voler diventare, per essere pronti per una buona storia da raccontare ai nostri al amici al ritorno.

Da bambini, partiamo felicemente ansiosi per ogni posto vicino o lontano che sia, lasciandoci miracolosamente alle spalle tutto ciò che prima ci rassicurava, purché le persone che per noi contano siano lì, dietro di noi. Lo scambiamo volentieri per un po' di stupore e meraviglia, per qualche nuovo amico, per diventare architetti di sabbia e pesci e boscaioli e contadini ed esploratori e minuscoli cittadini metropolitani, per catturare una buona storia da raccontare ai nostri al amici al ritorno. Lì lasceremo qualche sassolino della nostra infanzia, che ogni tanto andremo a riprendere per rigirarcelo tra le mani nel corso della vita. 

Prendono nuove forme anche le distanze tra adulti e bambini, in vacanza. L'orologio batte ore fatte di giochi, di leggerezze, confidenze e di abbracci, ma anche di reciproci sguardi da lontano che in silenzio misurano con un sorriso improvvise nuove altezze. I bambini in vacanza crescono di centimetri diversi. I genitori di nuove consapevolezze.

I giorni di vacanza del mese di agosto, hanno qualcosa di più in questo senso.
Sono i più vicini a inizi o ripartenze importanti per i bambini, non meno che per i genitori, che di lì a poco si troveranno a varcare  le soglie di nidi, scuole d'infanzia e primarie.

Sono pronti a vivere nuove esperienze, i bambini e le bambine, anche se ancora loro non lo sanno, anche se i genitori lo sanno ma un po' lo temono. Hanno già lo zainetto e gli astucci e i quaderni nuovi, alcuni sanno già quale amico e amica li seguirà nelle nuova avventura.

Si sentono finalmente più grandi, come speravano di diventare al più presto quando guardavano i loro fratelli, eppure ogni tanto escono qua e là inaspettati timori, piccoli capricci che celano inespresse inquietudini. Notti insonni in cerca di rassicurazioni e di genitori esausti che però non riescono a spegnere quella luce di cui hanno bisogno come i loro bambini.

Nessun timore, stanno solo crescendo...  e bisogna saperli lasciare andare... 


Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014
Mies Van Houtè una graphic designer e illustratrice di origine olandese. Nata a Eindhoven nel 1962,  cresciuta a Hapert (Brabant), ora vive a Tynaarlo (Drenthe) con il marito Jan e i tre figli Anna, Auke e Koen. Dopo il liceo ha frequentato la scuola d'arte di disegno tessile a Tilburg e, in seguito, i corsi serali dell'Accademia  d'Arte di Groningen. Ha illustrato altre venti titoli; di otto di questi è autrice e illustratrice. L'amore è... (Verrassing, 2014) è l'ultimo titolo della trilogia di successo iniziata con Emozioni (Vrolijk, 2011) e proseguita con L'amicizia è... (Vriendjes, 2012) pubblicata da Lemniscaat e, per l'Italia, in co-edizione con Il Castello editore

Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014
È stato otto anni fa - dopo aver studiato graphic design all’università del Québec, a Montréal - che Marianne Dubuc ha pubblicato con la Pastéque La mer, (Il mare, Officina Libraria,2012) il suo primo libro come autrice sia dei testi sia delle immagini. 


E quel libro, ancor oggi,occupa per lei un posto del tutto speciale fra i molti che ha poi pubblicato. Poche parole, solo quelle necessarie, e disegni essenziali ma fortemente espressivi le sue caratteristiche, riprese in pieno in Le lion et l’oiseau, anch’esso edito da la Pastéque e pubblicato in Italia da Orecchio acerbo. Devant ma maison e The carnival of the animals (Il carnevale degli animali, La Margherita, 2011), entrambi pubblicati da La Courte Echelle, sono quelli che, con le loro quindici edizioni, ne hanno consacrato il successo internazionale. Per Casterman ha pubblicato Un éléphant qui se balancaite la serie “My very first tales”.



Da sempre, il primo pensiero che ci viene alla mente guardando il volo di un uccello, la più intensa delle sensazioni che proviamo, è un indiscutibile senso di libertà. Anche il più piccolo di questi esemplari è in grado di muovere in noi l'idea della ricerca di una possibilità di vita altra collegata al movimento, al cambiamento di situazioni, di tempi e di luoghi, al continuo migrare. Incuranti di quanta fragilità e fatica pesino sui piccoli esseri piumati, decidiamo - una volta per tutte - che sia la libertà a vincere su tutto. 

Ci sarebbe molto da riflettere e tanto da dire su questo tema eterno.

Di certo, non è difficile pensare come la letteratura per bambini, nel corso dei secoli, abbia fatto propria questa potente visione che non conosce confini e che è così radicata, delicata e la contempo fortemente densa di significati e metafore da essere alla portata di ogni bambino.

Non si sono lasciate sfuggire questa opportunità Mies Van Hout e Marianne Dubuc, i loro libri vanno sicuramente annoverati nell'elenco dei migliori di questo genere. 

E in un certo senso, a guardarli bene, sono in perfetta consonanza, tanto da apparire  primo e un secondo atto di un lungo discorso.

L'amore è... si presta a un dialogo senza mediazione alcuna, diretto, tra mamma e bambino, sulle possibilità espresse e inespresse, manifeste e silenziose, della loro intima e inestricabile relazione.


L'amore è... SPERARE

Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014


L'amore è... STUPIRSI

Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014


Nel girare le pagine di questo che è un libro essenziale e fortemente simbolico, come del resto gli altri due titoli che compongono la trilogia, le immagini dalle perfette cromie realizzate grazie all'uso dei pastelli a olio su carta, si  può dire che conservino tutta l'espressività che il disegnare all'impronta imposto da questa scelta di materiali comporta, sembra che appaiano e scompaiono, concedendosi secondo l'intensità dello scambio dei sentimenti via via provati dalla mamma e il suo piccolo nel percorso che li vede protagonisti sulla strada della maternità e della crescita, di entrambi.



L'amore è... CONFORTARE

Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014

L'amore è... ACCUDIRE

Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014


È un libro, a dire la verità, che aiuta riconoscere e poi a nominare i sentimenti, cosa che spesso ai bambini, ma possiamo dirlo solo di loro?, fa paura.

In questo senso, credo che la trilogia di Mies Van Hout, possa essere vista come un piccolo dizionario visivo di educazione sentimentale che, solo a torto, si pensa possa essere un apprendimento individuale facile da acquisire come l'abilità nell'allacciarsi le scarpe.

In ogni quadro, le distanze tra mamma e bambino mutano, da minime a massime. È un divenire poetico e sincero, onesto, fatto via via di piccole cose, di gesti lenti, quello che sostiene la trama del libro, fatto di lievi movimenti che preparano a vivere l'inevitabile finale del distacco in perfetta armonia.


L'amore è... ASCOLTARE
Mies Van Hout, L'amore è...,
Il Castello srl/Lemniscaat,  Milano, 2014

Se riuscissimo a vivere ogni separazione della nostra vita come un momentaneo passaggio di consegne, sarebbe un dono per noi e per chi ci è, ci è stato, più caro. 

Ed è ciò che potrebbe succedere all'uccellino che esce dall'ultima pagina del libro di Mies Van Hout che, nel suo vagare libero sembra entrare, in un momento di difficoltà, o così mi piace poter pensare, nel libro di Marianne Dubuc, per essere curato, accolto e custodito, badate bene, da un leone.


Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014



Premurosamente, e con delicatezza, il leone soccorre l'uccellino dall'ala spezzata caduto dallo stormo e lo cura. Ora potrebbe riprendere il volo, ma i suoi compagni sono ormai lontani. L’inverno s’avvicina, e il leone gli apre le porte di casa. Insieme dividono il tepore del camino, il calore del pranzo, la gioia dei giochi sulla neve.



Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Poi torna la primavera, e il cielo di nuovo si riempie di stormi. Triste il leone, triste l’uccellino, ma è giunto il momento di separarsi. 
Un nuovo passaggio di consegne...



Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Il leone riprende la vita di sempre, passa la primavera ed ecco l'estate... mentre con nostalgia, ogni tanto, alza gli occhi al cielo.


Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Fino a quando, arriva l'autunno e vede un uccellino staccarsi da uno stormo… chi è se non il suo vecchio piccolo amico?


Marianne Dubuc, Il leone e l'uccellino,
traduzione Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2014


Il leone e l'uccellinoè lo strumento di misurazione delle distanze perfetto per ogni adulto che si trovi di fronte a un bambino che, mentre compie il suo percorso, chiede, anche senza parole, di essere ascoltato. 

E questo, è il momento dell'anno che per eccellenza disegna inizi di lunghi percorsi.

È un libro di intima condivisione, tutto qui è delicatamente piccolo, e al contempo di grandi spazi, non a caso quelli della natura, che lasciano che il tempo scorra seguendo l'occorrenza, prendendosi ritmi propri, come quelli che richiede il farsi di un'amicizia, ma non solo, di tutte quelle relazioni che, nel prendersi cura dell’altro senza impedirgli di spiccare il volo, provano a declinare nel modo più proprio l'amare.

È un libro, per i genitori e per gli insegnanti, che aiuta a far sì che quei centimetri di nuove altezze che i bambini hanno conquistato nel corso delle vacanze d'estate acquisiscano le sembianze dei significati, dei sentimenti, che li hanno determinati.


Grande Voliera
una delle opere di artigianato artistico
di LA BOTTEGA DI BETTI
(Santarcangelo di Romagna)

GAVROCHE RIPRENDERÀ IL 7 SETTEMBRE

"MAPS", PER IMPARARE L'INGLESE GIOCANDO CON LE FIGURE

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MAPS, la nuova collana che Orecchio acerbo ha pensato per imparare l'inglese giocando, mi offre l'opportunità di riflettere almeno su due cose che mi stanno a cuore: sulla preparazione e l'impegno dell'editoria di progetto italiana di oggi e su quali e quanti libri pubblicati da questo tipo di editoria la scuola, o meglio, gli insegnanti potrebbero contare per sostenere, facilitare, rendere interessante l'apprendimento dei bambini e dei ragazzi, di tutti i bambini e ragazzi, delle loro classi tenendo conto della storia, della personalità e dei tempi e talenti di ciascuno.


La Stazione-The Train Station,
illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS,
Roma,  2014 (uscita agosto/settembre)

La Città-The City,
illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS,
Roma,  2014


Ma torniamo alla collana che nasce da una scoperta, poi divenuta idea concreta, di Fausta Orecchio, preziosa e colta editrice.


Tutto ha avuto inizio, così mi è stato raccontato, in un imprecisato luogo abitato da un antiquario, dove un giorno, proprio Fausta Orecchio, si è imbattuta nelle opere di Elizabeth Skilton.


Forse, sarebbe meglio dire, si è innamorata delle opere che Elizabeth Skilton, sconosciuta illustratrice di cui non si riesce a reperire alcuna informazione (solo che con molta probabilità è nata nel 1908 e deceduta nel 1962), disegnò per le scuole londinesi degli anni '50 per facilitare l'apprendimento della lingua da parte dei bambini. 


L'antiquario, come se la cosa non fosse già abbastanza interessante di per sé, ha poi aggiunto un tocco di fascino esotico al mistero di questo ritrovamento (che, in realtà, sono opere su carta telata come lo erano gli abbecedari e le carte geografiche delle nostre scuole fino alla metà degli anni '70), dicendo a Fausta che al tempo furono usate dagli inglesi anche in Cina per insegnare la lingua dell'Impero ai bambini del luogo.


(Questa foto e le date riferite a E. Skilton
sono state prese dal blog di Cristina Marsi)


Una volta rientrata in casa editrice, Fausta Orecchio ha iniziato a pensare a come riuscire a riprodurre, almeno sessant'anni dopo e in un altro Paese, l'intento, il valore originario custoditi in quelle bellissime carte: quello della diffusione di una lingua, qui quella inglese, attraverso l'uso delle immagini, le uniche capaci di offrire ancora oggi una concreta e inesauribile opportunità di mediazione interculturale in classi multietniche ricche di vita ed esperienza, ma sovraffollate e bisognose di attenzione come sono le nostre.

È in questo contesto che MAPS può rivelarsi uno strumento inusuale e prezioso a disposizione degli insegnanti, non meno dei genitori, per promuovere la conoscenza della lingua inglese usando i metodi e i materiali ritenuti ancora innovati in materia: quelli che prevedono il pieno coinvolgimento dei bambini, senza limitarsi a focalizzare l'attenzione solo sulla meccanicità della lettura e della scrittura, ma favorendo l'acquisizione linguistica attraverso la comprensione e la lingua parlata, esattamente come avviene nell'apprendimento della lingua madre.



La Città-The City,
illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS,
Roma,  2014

Ogni libro MAPS, di cui sono previste altre 6 uscite dopo La Stazione/The Train Station e La Città/The City, ha un formato di cm 22,3. x 31,7 ed è composto da 16 pagine che, una volta dispiegate, daranno vita a un poster di cm 65,4 x 94,2 su cui potranno essere attaccati i 45 sticker riposizionabili con le parole in lingua inglese che si trovano nella scheda allegata alla confezione.


illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma
(prossime uscite)


Quello che apparirà è quindi grande poster ricco di colori, dettagli, sorprese per immergersi nell’Inghilterra degli anni ‘50, un corposo vocabolario di immagini. Poi, un poster accanto all'altro, comporranno una galleria di frammenti di scenari di vita quotidiana entrando nei quali i bambini potranno imparare nuove parole: basterà cercare i particolari all'interno di ogni immagine e incollare sopra gli sticker con le parole corrispondenti. Una volta posizionati tutti gli sticker resterà una sorta di grande "mappa", da appendere a casa o in classe per ricordare tutti i termini e ripassarli ogni volta che lo si desidera.



illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma
(prossime uscite)


Nelle parole dell'editore: 

«MAPS è l'ideale per i piccoli che cominciano a imparare l’inglese e per quelli che amano inventarsi delle storie guardando le figure ed è perfetto per i grandi che insegnano le prime parole in inglese, a scuola o in famiglia, insegnano a leggere le figure vogliono condividere con i più piccoli un gioco che stimola curiosità e ingegno e amano il mondo dell'illustrazione, in particolare quella d'epoca». 


illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma
(prossime uscite)


La scuola è, dovrebbe essere, quel luogo dove attraverso la preparazione e l'atteggiamento degli insegnanti, vengono offerte e messe concretamente in campo condizioni atte a comprendere, alimentare e sostenere le attitudini e le passioni degli individui. Il tempo trascorso al suo interno deve essere il più possibile un momento in cui i bambini e i ragazzi sentono le prime vibranti consonanze tra ciò che imparano, ciò che amano e ciò che riescono a fare.


illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma,
(prossime uscite)

Nessuno di noi ha mai provato queste sensazioni fondative della conoscenza in uno stato di noia. Al contrario, avviene quando ci sentiamo partecipi di un processo di creazione, quando sentiamo di comprendere ciò che sta avvenendo davanti a nostri occhi, e difficilmente questo accade se non ci stiamo divertendo, se non siamo colpiti da qualcosa di inaspettato. 


illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma,
(prossime uscite)


L'insegnamento delle lingue straniere, teniamo conto che oggi più che mai anche la lingua italiana nelle nostre scuole per moltissimi bambini e ragazzi è da considerarsi tale, può essere considerato la cartina di tornasole delle buone pratiche di insegnamento; se ci pensate, infatti, poche cose come la loro mancata comprensione e padronanza sono state capaci di buttarci in uno stato di profonda frustrazione con il risultato che, nel corso di ore di lezioni percepite sempre più come interminabili, siamo arrivati ad aspettarci sempre meno da noi stessi. 

A volte mi viene da chiedermi se davvero milioni di alunni, in tanti anni di scuola italiana obbligatoria, erano ontologicamente così negati.

Guardando questi libri penso però che se avessero iniziato così, sapendo che avrebbero potuto anche giocarci per un po' con una lingua straniera, assaporandola, stupendosi, guardandola, facendosela risuonare nelle orecchie, e non dalla impervia grammatica, avrebbero considerato da subito la lingua inglese un'amica e non una preziosa conoscente di cui conquistare la stima, goffamente giorno dopo giorno, per il resto della loro vita.

Benvenuta MAPS!




illustrazioni di Elizabeth Skilton,
Orecchio acerbo, collana MAPS, Roma

(prossime uscite)

DAVIDE CALÌ, UN ANNO DOPO: DUE COMPLEANNI E MOLTI PROGETTI

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Davide Calì, classe 1972, fumettista, illustratore e scrittore con all'attivo ormai 70 titoli pubblicati in circa 30 Paesi e numerosi riconoscimenti internazionali, è senza dubbio uno dei protagonisti più interessanti della letteratura per bambini e ragazzi contemporanea. 

E lo è per molti e differenti motivi. 

Il primo, ovviamente, il grande talento. Il secondo, l'intelligenza, la visione e un modo di intendere e vivere la vita fuori dall'ordinario. Il terzo, la serietà, la dedizione e la professionalità nello svolgere il proprio lavoro, al fianco da una disponibilità non così usuale a trovarsi, che gli permettono di muoversi con disinvoltura in diversi campi narrativi padroneggiando con maestria gli strumenti che, di volta in volta, sente più propri. 

Caratteristiche, queste, che nel tempo hanno contribuito a trasformare Davide Calì in uno scrittore di successo e, al cosa più importante, in quello che viene riconosciuto come un artista consapevole, rara qualità che concorre a far sì che sia per lo meno curioso e stimolante, per molti potrà rivelarsi addirittura proficuo, conoscerlo. 

Il resto, ve lo racconterà lui in questa intervista fatta in occasione di due avvenimenti, due compleanni, che lo riguardano da vicino: i 20 anni dal suo debutto ufficiale come fumettista sulle pagine del mensile "Linus" (per il quale Davide lavorò dal 1994 al 2008) e i 10 anni dall'inizio della pubblicazione dei i suoi libri per bambini, poi fumetti e non solo, in Francia. 


© Davide Calì
Alla singolarità del lavoro di Davide Calì ho dedicato un postnel mese di luglio dello scorso anno dopo che, trascorso un lungo periodo di attesa, ha ripreso a pubblicare in Italia con una certa continuità. 

Da allora, Davide, come è nel suo stile, non si è fermato un attimo. Tra le molte cose fatte, ha pubblicato altri 7 titoli nel nostro Paese: Polline. Una storia d'amore con Monica Barengo (2013) e l'appena uscito Quando un elefante si innamora con Alice Lotti per Kite Edizioni, La scimmia con Gianluca Folì (2013) e Pum! Pum! con Maddalena Gerli (2014) per Zoolibri e Mamma, prima dov'ero con Thomas Baas (2014) per Rizzoli, l'edizione italiana di Il nemico con Serge Bloch (2014) per Terre di mezzo e diNon ho fatto i compiti perché... con Benjamin Chaud per Rizzoli più altri 6 titoli in Francia: Le grand livre de la bagarre con Serge Bloch (2013), Les jours hibou con Vincent Mathy (2013) e Vide-Grenier con Marie Dorleans (2014) per Éditions Sarbacane, il secondo romanzo Elle est où la ligne? con Joëlle Jolivet (2013) per Oskar Jeunesse, (Bons) Baìsers Ratés de Venice con Isabella Mazzanti (secondo titolo della serie) per Gulf Stream (2014) e Le Perroquet de L'Empereur con Chiaki Miyamoto (2014) per Nobi Nobi. Infine, in Spagna è uscito il primo numero del fumetto "Super-Potamo" con Raphäelle Barbanègre (2013) per Bang!.

© Davide Calì
Nel frattempo, ha aggiunto ai riconoscimenti internazionali ricevuti, altri quattro premi: il "Prix des ados - Salon du Livre Midi-Pyrénées" per il suo primo romanzo L’amour? C’est mathématique (Éditions Sarbacane, 2013), il "Premio Orbil" e il "Primo Premio Cassa di Risparmio di Cento" per Mio padre, il grande pirata con Maurizio A.C. Quarello (Orecchio Acerbo, 2013 qui raccontato da Davide e da Maurizio; quiil racconto della visita a Marcinelle che Davide ha scritto per il magazine online"Frizzifrizzi") e il "Prix du Livre jeunesse de Marseille" per Le grand livre de la bagarre con Serge Bloch (Éditions Sarbacane, 2013). 

Da poco (il 24 agosto) è uscito per Vraoum! l'integrale di «Adam (& Eve) Le Paradis perdure» illustrato da Bob (Yannick Robert), la serie di fumetti apparsi fino al 2012 su "L'Echo des Savanes", poi su "Fluide Glacial" e sull'omonimo blog (su cui Davide si firmava come Daïkon). 

© Davide Calì
A seguire, tra la fine del 2014 e i primi mesi del 2015, saranno pubblicati Snow White and the 77 Dwarf con Raphaelle Barbanègre per Random House Canada, A funny thing happened on the way to school, il seguito di I didn't do my homework because... con Benjamin Chaud per Chronicle Books (a febbraio 2015 che diventerà una trilogia accompagnata da altrettanti doodle books), e in primavera Le Double con Claudia Palmarucci per Éditions Notari. 


Non aspettatevi però che finisca qui. 

 



Davide Calì/Alice Lotti,
Quando un elefante si innamora,
Kite Edizioni, Padova, 2014

Davide Calì/Alice Lotti,
Quando un elefante si innamora,
Kite Edizioni, Padova, 2014

Davide Calì/Alice Lotti,
Quando un elefante si innamora,
Kite Edizioni, Padova, 2014

Davide Calì/Alice Lotti,
Quando un elefante si innamora,
Kite Edizioni, Padova, 2014


G. Éditions Sarbacane, la tua prima casa editrice francese e tuttora quella di elezione, continua i festeggiamenti per i vostri 10 anni di collaborazione facendo uscire il 3 settembre una nuova edizione di Un papa sur misure, il libro del tuo esordio nel mercato editoriale d'oltralpe (con le illustrazioni di Anna Laura Cantone), e il tuo nuovo romanzo 3 Tyrans + 1 Bolosse = Quelle vie! Nel suo catalogo sono presenti ormai più di 40 tuoi titoli: albi illustrati, i libri con Serge Bloch (con Moi j'attendsavete vinto il "Prix Baobab 2005"), le serie di fumetti "10 petits insectes" con Vincent Pianina e "Cruelle Joëlle" con Ninie, fino a L'amour? C'est mathématique!, il tuo primo romanzo. Puoi raccontarci un po' di questi 10 anni francesi? 
DAVIDE - Sono stati dieci anni molto intensi, difficili da riassumere. È cominciato tutto con la collana Sapajou, che ora non esiste più, aperta per accogliere i miei testi comici (Piano piano, Bernard et moi) e i primi fumetti (Il faut sauver le sapin Marcel,Mission Kraken). Lavorare in Francia era una novità ma già poco tempo dopo avevo voglia di cambiare, e sono usciti Moi, j'attends e L'ennemi. Da lì in poi è cominciato il successo, i primi inviti ai saloni, i premi. Poi è venuto tutto il resto: come dici tu, una quarantina di titoli tra fumetti e album, alternando le storie comiche a quelle più “impegnate”, una trentina di premi, una tournée di saloni e scuole che ormai mi occupa ogni anno da ottobre a giugno. In questo lavoro però non arrivi mai da nessuna parte, devi sempre ricominciare daccapo. Così, complici il mio bisogno cronico di novità e il mercato che cambia, sto cercando qualcosa di nuovo, principalmente oltre oceano. In Francia continuerò a lavorare e proseguirà ovviamente la mia collaborazione con Sarbacane, anche se per il momento abbiamo esaurito la scaletta. Dopo il romanzo che uscirà oggi non abbiamo altri titoli previsti. È una cosa che ci capita mediamente ogni tre anni. Riprenderemo la programmazione verso fine anno e le prime novità usciranno per il 2016. 


Davide Calì,
3 Tyrans + 1 Bolosse = Quelle Vie!,
Éditions Sarbacane, Paris, 2014


G. Oltre a Sarbacane, in Francia lavori con altri editori (Actes Sud, Thierry Magnier, Gulf Stream, Trimestre/Oskar, Nobi-Nobi, Michel Lagarde Éditions...) e con la presse. Questo ti ha offerto la possibilità di maturare, insieme a una significativa esperienza, uno sguardo privilegiato su quello che è considerato uno dei Paesi più importanti e, in un certo senso, anticipatori di tendenze dell'editoria per bambini e ragazzi. Ci puoi raccontare qualcosa di quello che oggi vedi lì e che pensi possa avere un significato anche per il domani?
DAVIDE - Paragonata ad altri paesi la Francia è un paradiso: la qualità dei libri e la scelta offerta dalle uscite sono senza pari. Quello che vedo però in questo momento è una fortissima crisi del settore, cominciata ormai anni fa e consolidatasi in tempi recenti con l'accentuarsi della crisi generalizzata. In Francia la crisi economica che ha impattato sull'Europa è arrivata tardi, circa tre anni fa, ed è coincisa con l'apice di un down intellettuale e politico che si trascinava da tempo. L'anno scorso ho percepito un po' di ripresa ma quest'anno le cose vanno male di nuovo. Risultato: gli editori piccoli chiudono o si fanno comprare dai più grandi, i grandi riducono le tirature e le uscite. Tutto questo ovviamente non è il prodotto esclusivo dei problemi recenti, ma piuttosto il risultato di una politica di sovra-produzione editoriale che la Francia ha portato avanti per alcuni decenni. Potremmo restare qui a discutere le possibili letture socio-economiche per settimane e forse non avremmo una visione definitiva: penso che le interpretazioni siano molteplici e complesse. La fotografia attuale penso sia però fuori da ogni dubbio preoccupante: si comprano meno libri, la gente riempie meno i saloni. Non so cosa vedere in futuro. I francesi negli anni 80 hanno cominciato a investire nella cultura e nel libro. Il benessere di questi anni è il prodotto di tre decenni di lavoro in questo senso. Oggi il panorama dell'offerta culturale è sempre ricchissimo ma la parabola è discendente. Vedo poi una serie di sintomi nella società, nella politica, nell'informazione, che mi fanno pensare che se i francesi non si danno una regolata, tra 15-20 la Francia sarà come l'Italia di oggi. Ai francesi non piace sentirselo dire ma fino a tre anni fa queste cose non succedevano: http://www.frizzifrizzi.it/2014/02/21/se-il-presidente-nudo-ci-fa-paura.


Davide Calì/Serge Bloch,
Le grand livre de la bagarre,
Éditions Sarbacane,  Paris,  2013

Davide Calì/Serge Bloch,
Le grand livre de la bagarre,
Éditions Sarbacane,  Paris,  2013

Davide Calì/Serge Bloch,
Le grand livre de la bagarre,
Éditions Sarbacane,  Paris,  2013

Davide Calì/Serge Bloch,
Le grand livre de la bagarre,
Éditions Sarbacane,  Paris,  2013


G. Abitualmente lavori una media di 20-25 progetti nello stesso tempo. L'attività di scrittore però non è la sola a cui dedichi le giornate. Il successo ottenuto e il fatto che i tuoi libri vengono pubblicati in 30 Paesi fanno sì che tu sia impegnato per la maggior parte dell'anno in veri e propri tour internazionali divisi tra le partecipazioni a Saloni, gli incontri nelle scuole, librerie e biblioteche, la curatela di mostre di illustrazione, ma anche workshop e corsi di scrittura (solo in Italia collabori con il MiMaster di Illustrazione Editorialedi Milano,Ars in Fabula di Macerata, l'Istituto europeo di design IEDdi Torino eArtelier di Padova). Quale valore assume per te questo bagaglio di esperienze?
DAVIDE - Questa è una di quelle domande difficili alle quali non so rispondere. Quel che posso dire è che vado in giro, racconto il mio lavoro alle classi che hanno letto i miei libri o a classi di studenti che ambiscono praticarlo in futuro. Non so come e quanto tutto questo mi arricchisca, non so dargli un peso. Posso solo dire che questo muoversi senza posa sfama, almeno in parte, il mio bisogno di fare sempre qualcosa di diverso, incontrare persone, seguire progetti, vedere città. E ovviamente assaggiare la cucina di ogni posto!


© Davide Calì - Australia 2012 

© Davide Calì
Salon du livre de St Paul-Trois-Châteaux febbraio 2012

© Davide Calì - libreria Parigi 2013

© Davide Calì
Salon du livre et de la presse jeunesse de Montreuil 2013


G. Un'esperienza di viaggio simile alla tua, così come il vivere abitando case in città di Paesi diversi, fecero dire a Italo Calvino: «Il luogo ideale per me è quello in cui è più naturale vivere da straniero». Una verità, una condizione mentale prima che fisica, che influenzarono molta della sua poetica. Un pensiero, questo, che mi è riaffiorato alla mente leggendo diversi tuoi libri, ma che mi ha fatto ripensare anche a una considerazione che hai scritto qualche tempo fa in Scrivere e fare fumetti con i bambini (Sonda, 2012): «Alcune persone credono che le storie vengano per ispirazione; io preferisco credere che vengano invece per disposizione: la disposizione a guardarsi intorno, a osservare i dettagli delle cose, a notare particolari che altri trascurano. Le storie vengano da tutto ciò che ci circonda. [...]». Ecco, due cose queste, che mi sono sembrate perfette per definire una delle costanti della tua poetica che è sicuramente quel «vivere da straniero» che dice Calvino, a cui intimamente però appartiene anche quella «disposizione a guardarsi intorno», a guardare il mondo con quel candore come se ogni cosa fosse vista, e vissuta, per la prima volta. È così? 
DAVIDE -  Ecco un'altra domanda difficile! Non so darti una risposta. Sono sempre stato curioso. Il fatto di non sentire nessun luogo come “casa” fin da piccolo forse mi ha effettivamente spinto verso l'idea di viaggiare e studiare le lingue. Sono nato in Svizzera e sono cresciuto a Genova, ma mi rendo conto solo ora, riflettendoci, che i miei mi hanno educato in un modo un po' anomalo, un po'“svizzero” se vuoi, per cui mi sono sempre sentito “straniero”. Già da ragazzino pensavo di andare via. Ovviamente all'inizio idealizzi l'idea di partire e di trovare un Paese elettivo. Poi ho capito che probabilmente non ne ho nessuno: mi piace fare tante cose ma non le posso fare tutte nello stesso posto, per cui l'unica è muoversi. Viaggiare ti apre molti confini mentali, se non sei troppo rigido e ti lasci contaminare. Vivere come uno straniero ovunque in questo senso aiuta. Così come aiuta riuscire a mantenere uno sguardo “bambino”. Ma soprattutto è utile non essere troppo campanilista, troppo affezionato alle proprie origini. A me piacciono ancora i sapori e i profumi della mia infanzia, ma nel frattempo se ne sono aggiunti altri che fanno comunque parte di me, anche se vengono da lontano.


N.d.r. 
Se volete leggere alcune pagine tratte dai «DIARI DI VIAGGIO» di Davide Calì: 


SAISONS (mostra a Parigi)


GScrivere per diversi Paesi e nella lingua originale di ciascuno come fai tu, almeno per le pubblicazioni italiane, francesi e anglosassoni, implica un modo di pensare le storie che, inevitabilmente, porta a esiti di sviluppo diversi a seconda della lingua usata.
Quando passi alla scrittura, in che modo riesci a tradurre una storia che hai già pensato? Oppure la pensi già nella lingua in cui la scriverai?
DAVIDE - Sì, mediamente scrivo direttamente nella lingua in cui la storia mi viene in mente. Ho difficoltà a tradurre le mie storie in un'altra lingua, vedo che il risultato è sempre goffo, aderente in modo scolastico alla forma originale. Per evitare questo effetto la maggior parte delle volte, traducendo, modifico di fatto la storia, mi lascio prendere dalla lingua e aggiungo e tolgo cose. Ma scrivere per me non ha un regola fissa, dipende dal progetto. Al momento per esempio sto lavorando al terzo sequel di I didn't do my homework. Sto cercando il motore della storia e compilando una lista di possibili location e situazioni. Una volta imbastita la struttura del libro e approvata da tutti, procederò a rivestire la struttura con il testo letterario. Più che un album illustrato sembra un abito da sera. O un sottomarino. Ma i libri si fanno anche così. 


Matite di © Benjamin Chaud
per  A funny thing happened on the way to school,
Chronicle Books, 2015

Matite di © Benjamin Chaud
per  A funny thing happened on the way to school,
Chronicle Books, 2015

Matite di © Benjamin Chaud
per  A funny thing happened on the way to school,
Chronicle Books, 2015


G. C'è una cosa che si può intuire, ma non tutti sanno e cioè quanto tu sia amato dai lettori, senza rischiare di esagerare si può dire che tu sia adorato dai bambini, che incontri migliaia all'anno e con i quali hai instaurato un dialogo basato su una profonda onestà che ti ha permesso di raccontare loro anche temi difficili, come la morte, il dolore, il distacco, l'amore, l'emigrazione, temi grandi insomma e di farlo con la lealtà di non dare mai niente per scontato. Segni di un profondo rispetto ricambiato dai bambini.  Quando incontri i bambini e parli con loro di questi temi che cosa succede? Alla fine hai la sensazione di avergli lasciato in tasca qualcuno di quei sassolini, quelle informazioni utili per crescere che potranno tenere in tasca anche per anni ma che saranno lì pronte per essere usate al momento giusto, che ti sono così cari?
DAVIDE - Qualche volta sì, anche se gli incontri mediamente sono brevissimi e c'è poco tempo per lasciare qualcosa. Quel che vedo è che i bambini hanno sempre un'enorme aspettativa, lavorano ai libri per mesi, disegnano, preparano le domande, quindi quando entri in classe, dopo mesi di attesa, è come se a te suonasse il campanello Keith Richards.
Il mio impegno in questo senso è sempre volto a sfatare un po' il mito dell'autore: alla fine è un lavoro, siamo in tantissimi a farlo e non siamo diversi da chiunque altro. I bambini ti immaginano sempre intento in qualcosa di creativo, mentre io gli racconto la realtà: che magari l'idea per un libro mi arriva mentre sono in coda al supermercato (ebbene sì, anche gli autori fanno la spesa!) o mentre cucino (e cucinano!).
Mi piace restituire un lato umano a questo lavoro che penso sia un po' sopravvalutato.
Quando capita di fermarmi a pranzo alla mensa scolastica per loro è una cosa impensabile: è come se Keith (che ti ha appena suonato il campanello) ti chiedesse lo zucchero per fare una torta per sua zia. Però è buffo. Tutti mi guardano, poi c'è sempre il bambino che si avvicina e mi chiede: “Hai mangiato il pesce? Dì la verità, com'era?”
Se rispondo che non era un granché i suoi occhi si illuminano, poi si gira verso i compagni e con grande orgoglio dichiara: “Ha fatto schifo anche a lui!”


© Davide Calì - Francia giugno 2014

© Davide Calì - Francia Maggio 2014

© Davide Calì - Tallinn ottobre 2013

© Davide Calì - Montblanc febbraio 2012



G. Una volta, mentre ci scambiavamo pensieri sul lavoro, ti avevo detto che alcune delle tue ultime storie, in particolare mi riferivo agli albi illustrati, sembravano state fissate lì quasi per un attimo, come una fotografia, ma che avessero il respiro per andare più lontano o che sembravano arrivare da più lontano... e tu mi hai risposto così: «Non so se le mie storie facciano parte di qualcosa che arriva e va più lontano, penso sia più facile per gli altri analizzare. Io ho capito che certi temi mi spingono ascrivere storie in qualche modo simili, che messe insieme, a distanza di tempo, compongono effettivamente un discorso, o una serie di riflessioni...», una riflessione che mi è sembrata interessante. Approfitto di questa occasione per chiederti di dire più...
DAVIDE -  Non son se ci sia molto di più di quello che hai appena detto. Qualche volta mi rendo conto di star facendo un discorso a pezzetti, scrivendo storie che in qualche modo complementari. Ma appunto, come riprendevi tu, la maggior parte delle volte me ne accorgo dopo. In un solo caso ho pensato di riunire le storie in un unico progetto ideale, ma rimane una cosa mia, che non sarà indicata nei libri.
Pollinefa parte di questo progetto, una quadrilogia sull'amore che ho idealmente suddiviso in stagioni. Il libro cronologicamente è il quarto, ma è uscito per primo. Non so nemmeno se gli altri usciranno mai e se completerò la serie. Per ora abbiamo finito Un giorno, senza un perché (illustrato da Monica Barengo per Kite) che era il primo nella cronologia.
In mezzo ce ne sono altri due. Il secondo lo ha preso un illustratore famosissimo, ma siamo solo all'inizio.
Ora che ci penso già anni fa avevo riunito tre soggetti in una ideale trilogia della città. Purtroppo erano uno più strano dell'altro e nessuno ne ha voluto nemmeno uno.


Davide Calì/Manica Barengo,
Un giorno senza un perché,
Kite Edizioni, prossima uscita

Davide Calì/Manica Barengo,
Un giorno senza un perché,
Kite Edizioni, prossima uscita


GI tuoi libri vengono per lo più considerati tout public, poiché per molti di essi è difficile pensare a un'età di riferimento precisa, tanto che sono amati allo stesso modo da bambini e adulti. È successo con gli albi illustrati destinati ai più piccoli e con i libri con Serge Bloch, tra gli altri. Ora questa considerazione assume maggior consistenza e una nuova veste se si pensa, ai tuoi ultimi albi, appunto Polline... a Un giorno senza un perché ma anche a Mio padre, il grande pirata e, ovviamente, ai romanzi, come se il tuo scrivere su più livelli assumesse ora significati pronti per lettori più adulti...
DAVIDE -  Sì, sto progressivamente indirizzando le mie storie a un pubblico più adulto. 
La cosa deriva in parte dal fatto che all'inizio il mio “petit français” mi consentiva di scrivere solo album, poi, prendendo confidenza con la lingua, ho cominciato ad aver voglia di testi più lunghi. Il primo è stato L'ennemi, uscito nel 2007. Parlavo francese solo da tre anni fu quella la prima volta che ho sentito il bisogno di scrivere di più. 
In parte invece il cambiamento deriva dal fatto che dopo tanti libri per i piccoli ho voglia di parlare a un pubblico diverso, quello degli adolescenti: penso sia stato il mio tour in Australia del 2012 a darmi la voglia, perché ne avevo incontrati moltissimi. 
A parte questo, resta il fatto che poi le storie che racconto sono un po' per tutti.


Davide Calì.
L'amour? C'est mathématique!,

Éditions Sarbacane, Paris, 2014

Davide Calì/Joëlle Jolivet,
Elle est où la ligne?, 
Oskar Jeunesse, Paris, 2013

G«Io scrittore lo sono diventato. Fin da bambino volevo fare i fumetti. Al massimo i cartoni animati», una tua affermazione apparsa in più di una intervista. Quest'anno ricorre anche il 20° anniversario del tuo debutto ufficiale come fumettista sulle pagine dello storico “Linus”, con cui hai collaborato poi per 14 anni. Il fumetto lo hai abbandonato per dedicarti interamente alla letteratura per l'infanzia, poi lo hai ripreso. Che rapporto hai in questo momento con la nona arte... considerata anche la tua nuova apertura verso il mercato editoriale anglosassone?
DAVIDE -  Negli ultimi mesi il fumetto mi ha ripreso moltissimo. Ho buttato giù non so quanti soggetti, che si aggiungono alle svariate decine che ho da parte. Questo ritorno è legato effettivamente alla mia recente frequentazione del mercato anglosassone. Ho fatto diverse proposte alle americane Vertigo e Dark Horse. Dopo anni di fumetto francese, ho voglia di cambiare forma narrativa. Anche per i fumetti poi ho voglia di un pubblico più adulto. In generale penso che per me il fumetto rimanga il centro della mia narrativa, sospesa tra letteratura e visione cinematografica.


Daïkon/Bob, «Adam (& Eve) Le Paradis perdure»,
Vraoum!, Paris, 2014

Daïkon/Bob, «Adam (&Eve) Le Paradis perdure»,
Vraoum!, Paris, 2014

Daïkon/Bob, «Adam (& Eve) Le Paradis perdure»,
Vraoum!, Paris, 2014

Daïkon/Bob, «Adam (& Eve) Le Paradis perdure»,
Vraoum!, Paris, 2014


G. Nuovi progetti a cui stai lavorando? Lo scorso anno è anche uscita Each to his own!, la tua prima app per Kite Edizioni e sviluppata da Paramecio Studio 
che, tra le altre cose, è stata selezionata come Best Book Apps 2013 dalla Kirkus Reviews. Tra le altre cose, tu hai iniziato la carriera come disegnatore di videogiochi... stai procedendo in questa direzione?
DAVIDE -  No, ma mi piacerebbe. Ogni tanto butto giù qualche idea per un videogioco. Chissà, prima o poi ci lavorerò di nuovo. Per quel che riguarda invece la narrativa digitale sto ultimando il mio primo vero e proprio ebook. Non ho ancora la data di uscita ancora ma penso sarà un ottimo prodotto: ho lavorato con un super-team e non vedo l'ora di avere in mano il risultato. Si tratta di un vero e proprio libro interattivo che sfrutta a pieno le caratteristiche della piattaforma digitale.
Il passo successivo che mi piacerebbe esplorare è il libro interattivo senza narrazione vera e propria. Un po' l'ho già fatto con Each to his own! ma vorrei andare oltre.
Per quel che riguarda i progetti in corso dopo Un giorno senza un perché c'è un nuovo libro con Monica Barengo e Kite. Ho appena finito di sceneggiare un silent book e spero di riuscire a realizzarlo. Per Monica Barengo dovrei invece sceneggiare una graphic novel, ma devo trovarne il tempo. Ci sono poi un paio di sequel di libri usciti, che per ora sono solo in discussione, mentre invece si farà il terzo volume della serie "Bons baisers ratés", su New York. Poi ho un nuovo libro in Portogallo con Bruaá, diversi progetti americani, tra cui uno colossale che mi sta impegnando parecchio, sono ancora alla fase di studio.


IL 50° TITOLO
Davide Calì/Ninamasina,
Arturo,

Bruaá editora, Figuera de Foz, 2012
(pubblicato da poco anche in Korea)


IL 50° TITOLO
Davide Calì/Ninamasina,
Arturo,

Bruaá editora, Figuera de Foz, 2012
(pubblicato da poco anche in Korea)

IL 50° TITOLO
Davide Calì/Ninamasina,
Arturo,

Bruaá editora, Figuera de Foz, 2012
(pubblicato da poco anche in Korea)

IL 50° TITOLO
Davide Calì/Ninamasina,
Arturo,

Bruaá editora, Figuera de Foz, 2012
(pubblicato da poco anche in Korea)

G. Un sogno nel cassetto (nel caso quelli di scrivere un pezzo per Billy Corgan degli Smashing Pumpkins e di recitare in un film di Woody Allen tardassero ad avverarsi)?
DAVIDE - Ah!ah! Non mi dire nulla! Pensa che Corgan l'anno scorso l'ho incontrato… e non gli ho detto niente! Il giorno dopo il concerto di Vienne, nel sud della Francia, ero alla stazione il mattino dopo e chi vedo sul binario alla stazione? Gli Smashing Pumpkins al completo! Avrei dovuto avvicinarlo e dirgli tutto d'un fiato che sono un suo grande fan e se voleva suonassimo insieme.
Ma poi mi è sembrato meglio di no. Non gli ho nemmeno chiesto una foto o un autografo!
Qui ho raccontato tutto: http://dedominicisagency.com/2.0/?p=3370.
Scherzi a parte, mi basterebbe riuscire a fare qualcosa con la musica. Stando sempre in giro però è difficile trovare qualcuno con cui condividere progetti. La scorsa estate mi ero preso un mese per comporre dieci pezzi nuovi. Durante l'inverno ho messo da parte un sacco di pezzetti che dovrei mettere insieme per farne nuove canzoni. Ma il materiale non è un problema, ne ho abbastanza per tre dischi. Mi manca tutto il resto!
E poi ovviamente c'è il cinema. Ho diversi soggetti originali che sto proponendo in America e alcuni tratti invece dai miei libri. Per ora con il cinema non si è mosso nulla, però si è mossa un'altra cosa che non abbiamo cercato e sulla quale stiamo discutendo. Ma è resto per parlarne.
Ovviamente rimane il sogno di apparire in un film di Woody, magari uno nuovo girato a Parigi? Però deve promettermi di cambiare luci perché con Midnight in Paris, non ci ha azzeccato per nulla!
Un sogno più realizzabile invece è portare la musica nei miei libri. Ho diversi soggetti, per un romanzo e vari fumetti. E poi un libro illustrato al quale tengo in particolare perché mi piacerebbe presentarlo in giro suonando la chitarra. In qualche modo dentro c'è anche Billy Corgan, per cui avrei anche la scusa per chiedergli una prefazione.
Subito dopo gli chiedo di fare un disco insieme.


Smashing Pumpkins
Foto di © Davide Calì

IL DEBUTTO DELLA NOBROW PRESS ALLA LONDON ART BOOK FAIR

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Tra poche ora la Whitechapel Gallery ospiterà la sesta edizione della London Art Book Fair, una delle manifestazioni eurepee più qualficate e interessanti dedicate all'editoria d'arte contemporanea.

Da domani fino a domenica 28 settembre (l'inaugurazione si terrà oggi a partire dalle 18.00) i visitatori potranno sfogliare i libri d'artista, le pubblicazioni d'arte e i cataloghi proposti da oltre 80 tra i più qualificati editori del settore, partecipare a un ricco programma di conferenze ed eventi, essere coinvolti in numerosi workshop e acquistare i libri con le dediche dei loro beniamini.

La Whitechapel Gallery si trova nel pieno Est End di Londra e da più di un secolo è considerata una delle più originali e vibranti comunità artistiche d'Europa, oltre a essere un punto di riferimento per l'arte contemporanea internazionale. Alla WCG hanno esposto, tra gli altri, Pablo Picasso, Jackson Pollock, Mark Rothko, Frida Kahlo ma anche Sophie Calle, Lucian Freud, Gilbert & George e Mark Wallinger.

È una delle visite che consiglio sempre a chi va a Londra e, aperta tutto il tempo dell'anno con ingresso gratuito (London Art Book Fair compresa), si può tornare a vedere le sue stanze, a consultare i numerosi materiali a disposizione, in più occasioni e tutte le volte che lo si desidera.


Whitechapel Gallery
77-82 Whitechapel High Street
London E1 7QX


Tra le belle novità di questa edizione della London AB c'è di sicuro la partecipazione (con tanto di stand) della londinese Nobrow Press, una delle attuali case editrici più importanti in fatto di graphic art, fumetti e illustrazione. Da non dimenticare poi che è l'organizzatrice dell'ELCAF, East London Comics and Arts Festival, che nel giugno di quest'anno ha visto la sua terza edizione.





Nobrow Press ha fatto la sua prima apparizione alla fine del 2008, in piena crisi editoriale, come raccontano i suoi fondatori Sam Arthur e Alex Spiro, e di questa scelta azzardata ha scelto di farne il carattere distintivo della sua produzione. Nata con l'obiettivo di fornire una piattaforma indipendente, per diventare uno dei principali promotori di qualità nella progettazione del libro e di contenuti creativi nell'editoria del Regno Unito e all'estero, in quei giorni in cui ci si interrogava sulla "morte o meno del libro stampato" Nobrow decise che i suoi libri - per meritarsi l'onore di essere stampati - avrebbero dovuto distinguersi dal resto della produzione già presente per scelta degli autori, proposte, contenuti, grafica e metodi di stampa.

Guardando al catalogo, conoscendolo piuttosto bene grazie ad acquisti compulsivi nella loro libreria al 62 della Great Eastern Street di Londra (purtroppo chiusa a metà del luglio di quest'anno... il che non mi ha impedito di continuare a procurarmi i titoli in altri modi, l'ultimo da Ingrid, nella libreria Panta Rhei di Madrid), è facile comprendere perché oggi la Nobrow venga considerata una delle case editrici più prestigiose e innovative a livello europeo.



Marion Fayolle, In Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013


Marion FayolleIn Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013
 

Marion FayolleIn Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013


Marion FayolleIn Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013

Marion FayolleIn Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013


Marion FayolleIn Pieces,
con un'introduzione di Paul Gravett,
Nobrow Press, London 2013


«Nel corso degli ultimi anni abbiamo cercato di pubblicare costantemente libri di altissimo livello e qualità, sia per la loro forma che per il loro contenuto, lavorando con i migliori artisti e illustratori al mondo, esordienti insieme a protagonisti già affermati.
Una parte importante del nostro modo di raggiungere questo obiettivo è stata rivestita dalla scelta di utilizzare solo i migliori materiali e metodi di stampa nella progettazione e produzione dei nostri libri. In realtà, i nostri metodi di stampa rendono il nostro catalogo molto caratteristico e subito identificabile. Usiamo un processo chiamato stampa a colori spot, per cui puri colori Pantone sono combinati in separazioni per creare alcune delle più vivaci e lucide opere d'arte che mai si siano viste in stampa». 




Robert HunterMap of Days,
Nobrow Press, London, 2013


Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013

Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013

Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013

Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013

Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013

Robert Hunter, Map of Days,
Nobrow Press, London, 2013


Nonostante le tirature non certo da grandi numeri - da 1.500 a 6.000 copie per titolo - i libri Nobrow sono distribuiti in tutto il mondo. Da poco poi, è stata lanciata la Nobrow France che pubblica edizioni dei libri più popolari del catalogo nella lingua d'oltralpe. 

«Hilda et le Géant de la Nuit, (ndr. in Italia la serie di Hilda è pubblicata da Bao Publishing) il nostro primo titolo in lingua francese, ha già ricevuto ampi consensi dalla stampa e anche fatto un'apparizione alla televisione nazionale francese (Arte) e al Festival International de la Bande Dessinée d'Angoulême».

La serie di Hilda poi è approdata nel catalogo della Flying Eye Books, la sezione della casa editrice che pubblica libri per bambini.




Luke Pearson, Hilda e il Troll,
Bao Publishing, Milano, febbraio 2014
Classificato al Premio Scelte di Classe
I migliori libri del 2013
sezione 8 - 13 

Luke Pearson, Hilda e il gigante di Mezzanotte,
Bao Publishing, Milano giugno 2014
  
Luke Pearson, Hilda e la parata dei pennuti,
Bao Publishing, Milano, luglio 2014


Per Flying Eye Booksè uscito da pochi giorni Hug me di Simona Ciraolo che sarà uno dei protagonisti della London Art Book Fair.


Simona Ciraolo, Hug me,
Nobrow Press/Flying Eye Books, London,
(settembre 2014)

Al piano inferiore della casa editrice, c'è uno studio tipografico che ospita la Nobrow Small Press l'etichetta che edita opere artistiche numerate/firmate/certifiche in serigrafia, in collaborazione con "i più grandi protagonisti della grafica mondiale". Tra questi: Jan Van Der Veken, Jon Boam, Ben Newman, Patrick Hruby, Golden Cosmos, Stuart Kolakovic, Gwenola Carrere e Eda Akaltun.



GWENOLA CARRERE



Ma la pubblicazione principe della casa editrice è il volume antologico NOBROW giunto, nell'aprile di quest'anno, alla nona uscita.

Si tratta di una curatissima rivista in brussura divisa in due parti - una comics e una illustrazione - contrassegnate da due diverse copertine in ciascuna delle quali sviluppa il tema del numero con 4 pagine per ogni fumettista e 2 per ogni illustratore.


NOBROW #9, dal titolo "It's Oh so Quiet" e curato da Ben Newman, è certamente, per la varietà delle proposte autorali, uno dei numeri più interessanti.



AA. VV., NOBROW #9,
Nobrow Press, London, aprile 2014

"It's Oh so Quiet" COMICS: Jon McNaught, Jamie Coe, William Exley, Jim Stoten, Zosia Dzierzawska, Will Morris, Bianca Bagnarelli (di cui tra poco uscirà l'atteso Fish, qui la recensione di forbiddenplanet), Joseph Lambert, Kirsten Rothbart, Disa Wallander, Kyla Vanderklugt, Arne Bellstorf,Mikkel Sommer, Edward Carvalho Monaghan e Hellen JQ.



JOHN MCNAUGHT 

JAMIE COE


ZOSIA DZIERZAWSKA


WILL MORRIS



BIANCA BAGNARELLI




ELLA BAILEY

ELISA MACELLARI

KALI CIESEMIER

JOSE LUIS AGREDA

MERJIN HOS

OWEN DAVEY


A una prima occhiata, sembra proprio che la partecipazione della Nobrow Press alla London Art Book Fair sia una gran bella novità.





L'UOMO DEI PALLONCINI E MARY POPPINS... VENTO DA EST E VENTO DA OVEST

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Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


Giovanna Zoboliè nata nel 1962 a Milano, dove vive e lavora. 
Ha collaborato con numerose case editrici come redattrice, curatrice e editor. È autrice di poesie, racconti, storie e romanzi per ragazzi e non, editi in Italia e all’estero. Dal 1994, si occupa di letteratura per l’infanzia. Con Mondadori Ragazzi ha pubblicato diversi volumi, fra cui alcuni titoli per adolescenti firmati con lo pseudonimo Giulia Goy. Insieme a Paolo Canton, ha creato, nel 1998, I Libri a naso e, nel 2004, i Topipittori, marchi editoriali specializzati in volumi illustrati (qui un po' della storia di storia dei Topipittori in occasione del loro 10mo compleanno). Si occupa di comunicazione d'impresa per lo studio Calamus. I suoi libri hanno ottenuti riconoscimenti italiani e stranieri, come il premio Andersen 2007 e 2008 per miglior albo 0-6, e il White Ravens 2004 e 2005. Nel 2006; con il personaggio di Pilly, ha vinto il premio Comicon Micheluzzi, come miglior sceneggiatrice di striscia umoristica. Dal 2006, collabora alla rivista “Hamelin. Note sull’immaginario collettivo” con articoli dedicati ai temi del libro illustrato e dell’infanzia. Dal 2005 al 2008, a Bologna, presso l’Accademia Drosselmeier, ha tenuto un corso sulla parola e le immagini nel picture book. Fra i suoi libri, nel catalogo dei Topipittori, ricordiamo: L'angelo delle scarpe (2009), Vorrei avere (2010), Troppo tardi (2010), Nove storie sull'amore (2011), Il viaggio di una stella (2011), Il viaggio di Miss Timothy (2012), Cose che non vedo dalla mia finestra (2012), C'era una volta una storia (2013), Il grande libro dei pisolini (2013), Casa di fiaba (2013), La colazione più buona del mondo (2013). È autrice di "20 buone ragioni per regalare un libro a un bambino" (progetto grafico di Giulia Sagramola, Topipittori).

Tra pochi giorni Giovanna Zoboli, grazie all'intrepida, preziosa, Maria Giaramidaro e a OliverLab (in collaborazione con l'Istituto Culturale Italiano e Topipittori) sarà ospite di Litquake (Bay Area, 10 - 19 ottobre), il festival letterario più longevo di San Francisco. Insieme a lei, Simona Mulazzani, vincitrice della Silver Medal dalla Society of Illustrators degli USA. Qui potete trovare tutti i dettagli del viaggio.

Simone Rea (pagina FB) è nato nel 1975 ad Albano Laziale, dove vive e lavora. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, si è specializzato in seguito nel campo dell’illustrazione. Simone si racconta così: «Da cinque, sei anni a questa parte vivo del mio lavoro. Illustro principalmente albi illustrati. Ho vinto vari premi tra cui la Plaque of the BIB alla biennale di Bratislava, sono stato selezionato alla mostra illustratori Figures Futur a Parigi, ho vinto il secondo premio alla biennale di Ilustrarte in Portogallo e sono stato selezionato diverse volte alla fiera del libro per ragazzi di Bologna. La cosa più importante del mio lavoro è interpretare al meglio i testi che mi propongono. La cosa più gratificante del mio lavoro è leggere le mail di estranei che mi raccontano di come loro e i loro figli apprezzino le mie illistrazioni. All'attivo ho varie pubblicazioni, tra le più importanti: Favole di Esopo (Topipittori), El Actor (A Buen Paso), La Cavalla Storna (Rizzoli), L'uomo dei Palloncini (Topipittori).

Simone Rea sarà l'Artista del mese di Ottobre di La Casetta dell'Artista. Bed end Breakfast, Art Gallery, Art Studio di Bologna. E sarà lui a inaugurare - Venerdì 17 ottobre alle ore 19.30 e fino alle 23.00 - la prima mostra delle tavole originali di L'uomo dei palloncini(trovate tutte le INFO in calce al post).


Simone Rea - prova di copertina
L'uomo dei palloncini - work in progress


«L'idea di questo libro nasce da una cosa che ho visto dalla finestra 
una sera di agosto del 2008. 
Ho una casa sull'appennino emiliano, nel centro di un paese dove, da giugno a settembre, si fanno mercatini per ogni occasione possibile: festa del patrono, festa del cioccolato, festa di ferragosto, festa del mirtillo, festa della tigella, festa della costoletta, festa della salamella, festa del commerciante, festa dello sbarazzo, festa della notte bianca, festa del borlengo eccetera.
 In mezzo a un tripudio di bancarelle gremite di abiti made in China, 
strafalari etnici, pietre curative, bigiotterie, cani di ceramica a grandezza naturale e ratamaglia varia al gustoso prezzo di un euro, loro ci sono sempre: l'uomo dei palloncini e la sua signora che, dal camioncino dei torroni, 
vende delizie in una nuvola di profumo di mandorla caramellata. 
E sempre davanti alla mia finestra. 
Questo libro, L'uomo dei palloncini, perciò, è su di loro. Dedicato a questa coppia archetipica che regna su tutte le feste di paese, forse di tutto il mondo. [...]»

Giovanna Zoboli, "Un tempo nuovo di zecca", post per il blog dei Topipittori



Ho l'abitudine di prendere piuttosto sul serio le dediche degli scrittori.
Le volte che mi è possibile approfondirle, scopro cose in grado di indicarmi strade di lettura che non sempre riescono a farmi intravvedere una buona introduzione, dove presente, o una attenta critica.

La dedica di Giovanna Zoboli, mi ha fatto riaffiorare alla mente molte pensieri.

Il primo, quello di Henry Corbin, filosofo, mistico francese e secondo padre della psicologia archetipica dopo C.G. Jung, secondo cui: «il mundus archetypalis coincide con il mundus imaginalis», asserzione che l'ha condotto al duplice assunto in base al quale: «a) la natura fondamentale dell'archetipo è accessibile anzitutto all'immaginazione e si presenta anzitutto come immagine, sicché b) l'intera procedura della psicologia archetipica come metodo è immaginativa», (James Hillman, voce "Psicologia Archetipica", in Enciclopedia del Novecento, Treccani, 1980).

Lasciando stare la psicologia archetipica, che per ultima si è occupata, appunto, di archetipi passando dallo studio dei neoplatonici fino a William Blake, quello che qui interessa chi studia la letteratura per l'infanzia, è l'attenzione posta sull'osservazione che la natura fondamentale dell'archetipo sia accessibile anzitutto all'immaginazione e che si presenti anzitutto come immagine. E che questo, va da sé, porta necessariamente a riconoscere la centralità dell'attività "immaginale" universale dell'uomo, fin dall'infanzia.

Da questi brevi passi è facile intuire perché James Hillman, figura chiave e ultima di questo pensiero, spostando la sua indagine e riflessione etico-sociale sulle problematiche dell'uomo contemporaneo, sia arrivato a occuparsi di cultura più che di esercizio della psicoterapia.

L'indicazione che ci viene fornita da questo pensiero è che unicamente nelle circostanze culturali (fatte di relazioni, possibilità partecipative e strumenti)fin da bambini e grazie all'esercizio continuo dell'immaginazione, possiamo trovare gli archetipi che abitano la storia dell'uomo. Archetipi che, pur inconsapevolmente, fanno parte del corredo in dotazione nel momento della nostra venuta al mondo. Figure, di cui, chi ci accudisce, deve avere estrema cura, perché solo così, nel corso della vita, le sapremo riconoscere, potremo dare loro un aspetto e un nome, quando le incontreremo dal vero.



«[...] Il libro, infatti, parla di un'altra cosa, una cosa ancora più misteriosa di quelle elencate. Così misteriosa che proprio non saprei come fare a spiegarla, 
se non con le parole e le immagini che ci sono nel libro. 

Questa cosa misteriosa riguarda il tempo: il favoloso Tempo Che C’Era Prima di Loro. Loro intesi come i bambini. 
Quel tempo di cui tutti i bambini hanno sentito parlare e da cui l'uomo dei palloncini proviene insieme ai delfini e alle stelle, alle scimmie e ai cavalli, agli orsi bianchi e alle astronavi che vende per la strada, in tutti i paesi in cui si festeggia qualcosa, e in attesa ognuno del suo bambino, con il suo tempo nuovo di zecca. [...]»

Giovanna Zoboli, "Un tempo nuovo di zecca", post per il blog dei Topipittori




È in questo senso che vedo l'uomo dei palloncini, e la sua inseparabile ragazza tutta bianca (narratologicamente si potrebbe dire il suo doppio), abitare la terra della migliore letteratura per l'infanzia, quella che è stata capace di catturare e fissare una volta per tutte, partendo dalla fiaba fino al romanzo di formazione, quegli archetipi che hanno abitato, e abitano, il nostro Immaginario. 
In quella terra, molti di noi l'hanno provato, all'uomo dei palloncini e alla ragazza dei dolci, è riservato un posto speciale.

Ma non si è fermata qui, la riflessione suggeritami dalla dedica di Giovanna.

Anzi, mi ha portata dritta a pensare a una delle figure più importanti delle infanzia che, più di tutte (e ce ne sono tante), in questo libro partecipa in trasparenza: Mary Poppins.

Vi sembra strano? 



"L’uomo dei palloncini quando arriva 
ti chiama dalla finestra. 
Ma a modo suo, perché è di poche parole. 

Ha un camion misterioso come una valigia che si apre 
e dentro c’è il paese dei torroni,
 con veri palazzi, vere strade e campi, fiumi, colline a perdita d’occhio."



Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


Mary Poppins arriva in Viale dei Ciliegi al civico 17 di sera, portata, insieme all'inseparabile valigia delle meraviglie, dal vento da Est. I primi ad accorgersi del suo quasi precipitare sono Jane (sì, Jane) e Michael, i bambini della famiglia Banks che, dichiarando di non aver mai visto nulla di simile, la scorgono dalla finestra. 



Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


Arriva, di sera, portata dal vento da Est, Mary Poppins, quando e dove ci sono bambini che hanno bisogno del suo aiuto.

Istitutrice di poche parole e autrice di fantasiose aperture sul quotidiano, come l'uomo dei palloncini, lei sola capisce dei bambini cose che agli altri adulti appaiono inestricabili e misteriose, dando forma e sostanza ai desideri che ancora in loro non riescono ad affiorare. 




"L'uomo dei palloncini conosce ogni bambino di ogni paese e città. 
È questa la sua specialità. 
E per ognuno sa cosa è meglio."



Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014



Pochi altri come lei sanno che per indicare a un bambino la strada da prendere, bisogna conoscere, vivere pienamente e senza paura la propria. 



Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


Tra le molte altre cose che noi non sappiamo, ma Mary Poppins sì, è quanto sia fondamentale per i bambini vivere sospesi tra sogno e realtà, in quella terra di mezzo dove le esperienze vissute non è sempre necessario che siano comprese, deve infatti passare un tempo incerto per ciascuno di noi perché le cose possano lasciare un segno.

Sa, infine, come l'uomo dei palloncini e la sua ragazza tutta bianca, e perché anche loro lo sono stati molto tempo fa, che i bambini hanno bisogno di un pizzico di magia e di un poco di zucchero, per diventare grandi, che i grandi ne hanno bisogno per ritrovare le indicazioni smarrite dell'infanzia e che non si è mai sicuri di che cosa si possa trovare, in una magica notte, al giardino zoologico.



Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


C'è una scelta, importante a mio avviso, che  Giovanna Zoboli e Simone Rea hanno fatto a differenza di P.L. Travers; una scelta che pone una differenza stilistica sostanziale tra l'uomo dei palloncini e Mary Poppins. E cioè hanno tentano l'impresa di trasfigurare una figura del reale in una figura dell'Immaginario, anche se in realtà l'uomo dei palloncini abita già lì ma non era ancora stato riconosciuto prima d'ora (torna Henry Corbin), e nel farlo di rivolgersi ai bambini più piccoli. Una sorta di doppio salto mortale, gli scrittori e gli illustratori sanno di cosa parlo, che hanno compiuto dopo un significativo tempo di preparazione e confronto: "perché ci vuole tempo per fare un libro sul tempo", ci dice Giovanna Zoboli.

Tanto che è difficile dire dove finiscono le parole e iniziano le illustrazioni.
Simone Rea, poi, come se non fosse abbastanza, si è cimentato con un cambiamento di tecnica importante, abbandonando l'acrilico per usare esclusivamente le matite creando così una perfetta consonanza con la leggerezza, il non detto, l'apertura che caratterizzano la storia, regalando così al lettore la sensazione di partecipare alla fragile bellezza delle cose temporanee, modeste, imperfette. La bellezza di quelle cose insolite che Giovanna Zoboli ha saputo fermare alla perfezione, e ancora una volta, sulla pagina e che solo i bambini sanno ancora cogliere.

Se oggi Mary Poppins, finalmente, può contare su un amico che si prende cura dei bambini fino al suo arrivo, beh, deve ringraziare loro.

E, quando arriverà il momento in cui i bambini saranno pronti per sentire soffiare il vento da Est, l'uomo dei palloncini, spinto dal vento da Ovest e con la sua ragazza tutta bianca, condurrà il camion misterioso su una nuova piazza, dove altri bambini saranno già lì, pronti ad attenderlo.


Giovanna Zoboli/Simone Rea,
L'uomo dei palloncini,
impaginazione e calligrafia Anna Martinucci,
Topipittori, Milano, 2014


«Thinking is linking»

P. L. Travers


Info

L'UOMO DEI PALLONCINI
Expo di Simone Rea

Evento a cura di Giulia Sollai

La Casetta dell'Artista
Via Cesare Battisti, 9 (laterale di via Ugo Bassi) - 40123 Bologna
T. +39 3249574319

Le esposizioni all'interno della Casetta dell'Artista durano circa 1 mese per ogni artista e sarà possibile visitarle durante tutto il mese solo su appuntamento da richiedere telefonicamente o via mail.

LA SCUOLA ANTISCOLASTICA DI PAOLO NORI

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Paolo Nori,
Scuola elementare di scrittura per non frequentanti,
(con illustrazioni di YOCCI)
Corraini Edizioni, Mantova, 2014


Paolo Nori (Parma, 1963), scrittore e traduttore, dopo il diploma in ragioneria ha lavorato in Algeria, Iraq e Francia. Tornato in Italia ha conseguito nel 1995 la laurea in Lingua e Letteratura Russa presso l'Università di Parma, con una tesi sulla poesia di Velimir Chlebnikov. Ha quindi esercitato per un certo tempo l'attività di traduttore di manuali tecnici dal russo part time. Alla redazione de "Il semplice" conosce Ermanno Cavazzoni, Gianni Celati, Ugo Cornia, Daniele Benati, con i quali collabora per anni, cominciando a pubblicare i suoi scritti fortemente influenzati dalle avanguardie russe ed emiliane. È fondatore e redattore della rivista "L'Accalappiacani", edita da DeriveApprodi. Collabora con alcuni quotidiani tra cui "il manifesto", "Libero", "Il Foglio" e "Il Fatto Quotidiano". Col manifesto i rapporti si sono poi interrotti. Il 24 marzo 2013 è investito da una moto presso Casalecchio di Reno (dove risiede) e viene ricoverato in gravi condizioni all'Ospedale Maggiore di Bologna. Si è poi ripreso.

Queste sono le note biografiche, o forse autobiografiche, di Paolo Nori prese da Wikipedia dove, oltre agli ultimi titoli Tredici favole belle e una brutta, (con le illustrazioni di YOCCI, Rizzoli, 2012), La banda del formaggio (Marcos y Marcos, 2013), La Svizzera (Il Saggiatore, 2013), Mo mama (da chi vogliamo essere governati?) (Chiarelettere, 2013) e Si sente? Tre discorsi su Auschwitz (Marcos y Marcos, 2014), potete trovare l'elenco completo di tutti i suoi libri (per una nota bio-biblografica più ricca cliccate qui).  



Paolo Nori
(foto di Alfredo Anceschi)


Mentre sto scrivendo il post, sto ascoltando Paolo Nori, ospite di Fahrenheit in occasione dell'uscita di Siamo buoni se siamo buoni, perMarcos y Marcos (che verrà presentato a Bologna Martedì 14 ottobre alle ore 18.00 allaLibreria Ambasciatori), ma poi, Paolo Nori, parla anche di Mosca-Petuškì. Poema ferroviario di Venedikt Erofeev, ritenuto un libro mitologico della cultura russa, che ha tradotto per Quodlibet e anche oggi, come succede sempre quando lo leggo o lo ascolto, riesce a mostrarmi cose, a portarmi in luoghi letterari, che prima non conoscevo o che se anche li conoscevo già non li avevo mai visti sotto quella luce.


Paolo Nori,
Siamo buoni se siamo buoni,
Marcos y Marcos, Milano, 

9 ottobre 2014

Venedikt Erofeev,
Mosca-Petuškì. Poema ferroviario,
traduzione di Paolo Nori,
Quodlibet Compagnia Extra,
Macerata, settembre 2014

Ma il libro di cui ho scelto di parlarvi in questo post è Scuola elementare di scrittura emiliana per non frequentanti (con esercizi svolti e, aggiungo io, compiti per le vacanze), uscito in occasione del Festivaletteratura di Mantova.

Perché per non frequentanti? Perché la scuola elementare di scrittura emiliana esiste, e vive, ormai da dieci anni in Emilia, prima a Reggio Emilia poi a Bologna (dove lunedì 13 ottobre inizierà il nuovo corso da Modo Infoshop) ed è una scuola, spiega Paolo Nori in apertura del libro, «dove si insegna, in un certo senso, a scrivere male, cioè a provare a misurarsi con una lingua concreta, con la lingua che sentiamo parlare tutti i giorni intorno a noi e che, quando ci mettiamo a scrivere, sia portati a correggere e a nobilitare».

«L’italiano-italiano, l’italiano doc, quello dove si dice giuoco e non gioco, quello dove pésca e pèsca sono due cose diverse, quello dove si seguono tutte le regole dettate non dall’uso, ma dalle grammatiche, cioè quello dove si parla così non perché è così che si parla, ma perché è così che si dovrebbe parlare, lo parleranno, in Italia, due o tre mila persone, gli altri parlano in una lingua che risente del posto in cui viene parlata, e che differisce, spesso, dalla lingua che si parla nel paese a cinque chilometri di distanza, ma che resta, nella maggior parte dei casi, una lingua comprensibile a tutti e carica di un'espressività che con l’italiano-italiano è più difficile ottenere. Per quello la scuola si chiama emiliana, non perché si debba scrivere in emiliano (ci sono state anche scuole di scrittura emiliana all’estero, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, in Sardegna e in Canton Ticino, perfino) ma per sottolineare il fatto che a chi partecipa a questa scuola verrà chiesto di lavorare anche su una lingua concreta, regionale, grossolana, una lingua dove difficilmente chi parla dice cribbio o poffarbacco, e più facilmente dice vacco mondo o zio campanaroPaolo Nori, "Paratesto", in op. cit., Corraini Edizioni, 2014.


Paolo Nori,
Scuola elementare di scrittura per non frequentanti,
(con illustrazioni di YOCCI)
Corraini Edizioni, Mantova, 2014


Le riflessioni di Paolo Nori sull'uso delle parole, nella vita come in letteratura (e sulla letteratura stessa perché Scuola elementare di scrittura... è un libro che parla in modo intelligente, composito e inusuale proprio di letteratura), sono riflessioni che, pagina dopo pagina, si trasformano in un dialogo serrato e coinvolgente con il lettore il quale, senza rendersene conto e ancora prima degli esercizi pratici, ha già messo in moto mente e corpo per mettersi sulla scia di uno "che scrive libri" che, in questo testo come nei romanzi, sembra sentirsi perfettamente a sua agio più nel perdersi che nel trovarsi.

Una sorta, questa, di straniamento provocato da quella eccentrica, ma sempre vera, libertà linguistica che caratterizza come unica la sua opera e che diviene una lezione fondamentale per una scuola, come quella elementare di scrittura, il cui intento è di dare indicazioni su come si può scrivere un romanzo, «solo che se qualcuno mi chiedesse come si fa a scrivere un romanzo», scrive Nori, «io gli direi che non lo so». 
Lui, che in diciassette anni ne ha scritti ventuno.


Paolo Nori,
Scuola elementare di scrittura per non frequentanti,
(con illustrazioni di YOCCI)
Corraini Edizioni, Mantova, 2014


«[...] Cioè quel che fa Tolstoj, e che secondo, Šklovskij, se ho capito bene, dovrebbero fare tutti quelli che scrivono, è usare le parole sentendone il peso e il materiale di cui sono fatte, scrivere come se si prendesse in mano la penna per la prima volta, descrivere le cose come se non le si conoscesse, descriverle come se le si vedesse per la prima volta che è un po' la cosa che dice un poeta russo che si chiama  Mandel'štam, che ha imparato l'italiano per leggere Dante, e che ha scritto poi una "Conversazione su Dante" dove si chiede, tra le altre cose, quanti sandali ha consumato, Dante, per scrivere la Divina Commedia, e dove dice, tra le altre cose,  che l'italiano è «la più dadaista delle lingue romanze», e dove scrive, tra le altre cose, che «Dire "sole" significa compiere un lunghissimo viaggio, al quale siamo però a tal punto abituati che viaggiamo dormendo. La poesia - scrive  Mandel'štam- si distingue dal linguaggio automatico appunto perché a metà della parola ci riscuote e risveglia. La parola ci pare allora molto più lunga di quanto credessimo, sicché ci rammentiamo che parlare significa essere sempre in cammino». » Paolo Nori, in op. cit., Corrani Edizioni, 2014, p. 19.


ESERCIZI SVOLTI. 1

Compito della finestra:
descrivi quello che vedi dalla tua finestra. 


Paolo Nori,
Scuola elementare di scrittura per non frequentanti,
(con illustrazioni di YOCCI)
Corraini Edizioni, Mantova, 2014


Se è vero, dunque, che parlare significa essere sempre in cammino, è anche vero che quel cammino inizia molto lontano, forse molto prima di Osip Ėmil'evič Mandel'štam, del suo saperlo mettere a fuoco così bene. È lo stesso Paolo Nori, in un cero senso a indicarci quel punto di partenza, quando racconta che certe parole proprio non riesce a pronunciarle e che ha capito che questo gli succede perché nella sua lingua madre, quel parmigiano che lo accolto alla nascita e lo ha visto crescere, semplicemente quelle parole non esistono. E, quindi, non fanno parte del suo lessico famigliare.

«[...] l'altro giorno a me han chiesto di definire la cultura, più esattamente mi han chiesto, un mio amico, mi ha fatto questa domanda, «Che cos'è la cultura?», e c'era una telecamera che mi filmava, intanto che rispondevo, e gli ho detto che la cultura è una parola che io, a pronunciarla, mi vien vergogna, un po'; ci sono, gli ho detto, delle parole del genere, come anche il verbo amare, io amo è una frase che non riesco a dirla, e secondo me non riesco a dirla, ci ho pensato, secondo me non ci riesco perché, in dialetto parmigiano, non si dice, «Io ti amo» si dice «A't voj ben», «Ti voglio bene», e anche, non so, felicità, «Son felice», io se provo a dirlo faccio delle smorfie, mi casca la faccia, e mi casca perché, ci ho pensato, perché la felicità, in dialetto parmigiano, non esiste; «Sono felice», in dialetto parmigiano non lo puoi dire, puoi dire, al massimo, «A stag d'un ben», «Sto di un bene», e mi viene in mente Gianni Celati che dice che la felicità è un concetto americano, l'han messo anche nella costituzione, che, per carità, han fatto bene, ma se Parma avesse una costituzione, felicità non ce la potrebbero mettere, perché non c'è la parola, e non c'è neanche la parola cultura, secondo me, in dialetto parmigiano, uno che ha una gran cultura, non so come dirlo, «Von c'l'à studiè bombé», forse, uno che ha studiato molto, quindi a quella domanda lì, ho detto, non saprei rispondere, e ho detto che forse sarei stato più a mio agio a rispondere a una domanda su cos'era l'ignoranza, ma visto che mi avevano chiesto che cos'è la cultura, dovevo dire che non lo sapevo, non potevano farmi una seconda domanda? [...]» Paolo Nori, op. cit., Corraini Edizioni, 2014, p. 104.


Dopo aver letto questa pagina, sono andata a prendere in mano Pasolini, quello di Trasumanar e Organizzar, e nella prefazione di Franco Cordelli (Garzanti, collana "Gli elefanti") ho trovato delle parole che potrebbero essere buone, oggi, per dire della letteratura di Paolo Nori: «Pasolini a differenza dei poeti della sua generazione, e di quella precedente, per non parlare di quelli venuti dopo di lui, non ha mai paura dell'esplicito. Si può essere sicuri che ogni sua poesia vuole, essendo antipoetica, dire qualcosa di assolutamente poetico, cioè di assolutamente vero, della verità che gli scaturiva dalla vita fin lì vissuta, vissuta quel giorno, vissuta un minuto prima.»

Dopo aver letto questa pagina, poi, mi sono trovata a pensare anche a quel Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, citato poco sopra, a quelle malagrazie, quei sbrodeghezzi, quei potacci, quei loghi, delle prime pagine che fanno parte del dizionario dell'infanzia di tutti noi e che ancora oggi non sapremmo dire altrimenti.


E ho capito che siamo esseri tragicamente divisi a metà. Usiamo per esprimerci e per pensare quell'italiano-italiano che abbiamo imparato sui banchi di scuola, ma poi che abbiamo lasciato lì senza impadronircene fino al punto di farlo nostro. E per imparare questo pezzo di lingua, per me comunque fondamentale, abbiamo lasciato da parte il dialetto che ci ha definiti, che condividiamo ormai solo con i nostri cari, gli amici più intimi e i conoscenti dei luoghi dove siamo nati o cresciuti. Durante questo apprendimento incompiuto, abbiamo lasciato da parte, anche, la spontaneità di una terza lingua, quella dell'infanzia, fatta di parole improbabili, strampalate, capaci di aprire finestre impreviste su altri sensi e significati, scorci su nuove possibilità di mettere a fuoco le cose, giochi indivisibili tra il bambino che parla e chi l'adulto che ascolta.

E ho pensato, continuando a leggere il suo libro, che ha ragione, ancora una volta, Paolo Nori, ad aver creato la Scuola elementare di scrittura emiliana, che è un posto perfetto non solo per gli adulti che vogliono scrivere un romanzo, ma anche per gli insegnanti, per i bambini e i ragazzi, un posto dove abbandonando le sovrastrutture possono instaurare un dialogo coinvolgente e autentico, fuori dalle righe, vero.


Se sono fortunati, proprio come succede al lettore di Paolo Nori.


«[...] l'altro giorno sono stato a Firenze a leggere da un libro di favole che ho scritto io [n.d.r. Tredici fiabe belle e una brutta, Rizzoli, 2012], e il libro è scritto un po' come scrivo io, con una sintassi, diciamo così, eccentrica; l'esergo, per esempio, è questo: «Tutte quelle canzoni che uno impara da ragazzo cosa le impara a fare? Per cantarle da grande a sua figlia per farla addormentare», che è un libro che fin dall'esergo sembra scritto da uno che pensa che val più la pratica della grammatica, come si dice, e l'altro giorno, a Firenze, c'erano dei bambini di una quarta elementare che il libro l'avevan già letto e che, alla maestra, avevano chiesto perché io potevo scrivere delle cose che loro, se le avessero scritte, gliele avrebbero segnate come errore, perché io potevo scrivere in quel modo lì e loro no, avevano chiesto alla maestra, e io quando sono tornato a Bologna, l'altro giorno, sono andato in libreria ho trovato un libro per bambini di Lev Tolstoj che Tolstoj aveva intitolato L'abbecedario, e che nell'edizione italiana si intitola I quattro libri di lettura [n.d.r. qui in Gavroche], ed è scritto da Tolstoj e dai figli dei contadini della sua tenuta, e di questa esperienza Tolstoj parla in un saggio che si intitola "Chi deve imparare a scrivere da chi? I figli dei contadini da noi o noi dai figli dei contadini?", e io ho pensato a una volta che avevo detto a mia figlia che i gatti erano animali notturni e lei mi aveva detto che «Invece i bambini sono giornurni, come animali», e mi è venuto in mente che sarebbe molto bello fare una scuola, per bambini, di scrittura emiliana, dove non si insegnasse a scrivere l'italiano-italiano, che per quello c'è già la scuola, ma si insegnasse a scrivere nella lingua che gli viene, a scrivere delle cose senza avere paura di fare degli errori, a usare le parole, e le sillabe, e i suoni, come usano i colori quando fanno i disegni, senza preoccuparsi del fatto che non conoscono bene le regole della prospettiva, a scrivere come se disegnassero e magari, ho pensato, sarebbe bello fare anche una scuola materna, di scrittura emiliana, per capire chi deve imparare a scrivere da chi, i grandi dai bambini o i bambini dai grandi, e ho pensato che ai bambini potrei leggere qualcuna delle favole di Tolstoj e dei figli dei contadini della sua tenuta, [...]»
Paolo Nori, op. cit., Corraini Edizioni, 2014, p. 137.

«Perché se si può insegnare a disegnare, 
si può anche insegnare a scrivere, e a guardare» 

PAOLO NORI


INFO

MODO infoshop Interno 4 Bologna

Via Mascarella 24/b
tel. 051/5871012 | info@modoinfoshop.com



 
corsi
da ottobre a dicembre 2014

TREDICESIMA SCUOLA ELEMENTARE DI SCRITTURA EMILIANA

maestro Paolo Nori

sono aperte le iscrizioni per la tredicesima scuola elementare di scrittura emiliana (con esercizi pratici)
maestro Paolo Nori

dieci incontri di due ore e mezzo, dalle 21 alle 23e30

per 9 lunedi e un martedì:
13, 20, 27 ottobre 2014
4, 10, 17, 24 novembre
1, 8, 15 dicembre

con questo programma:

I semicolti e le loro scritture, il letterario e il non letterario.
Il suono e il senso, la paura e il riso.
Andare fuori tema, straniarsi, non sapere.
Le liste, le fattografie, la storia delle cose.
I riassunti, le sostituzioni, il cosiddetto cut up.
La frase, la ripetizione della frase, diversi modi di ripetere la frase.
La trama e la non trama, il tutto e il niente.
Le biografie, le agiografie e l’incontrario delle agiografie.
Le poesie, il suono nelle poesie e l’incontrario delle poesie.
L’editoria, le pubblicazioni, il senso dello scrivere.
E delle altre cose.
Con esercizi.

AL SALONE DELL'EDITORIA SOCIALE, LA SCUOLA DEL FARE DI ELSE LIBRI SERIGRAFICI E... MOLTO ALTRO

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(qui il programma) 


É dedicata a “L’Europa in cammino” la sesta edizione del Salone dell'editoria sociale, l’iniziativa promossa dalle Edizioni dell’asino, dalla rivista "Lo Straniero", dalle associazioni Gli Asini Lunaria, in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco e sostenuta da Banca Etica, Capitale lavoro, Credito Cooperativo, Fondazione Unipolis e Regione Lazio, che si terrà a Roma da domani fino a domenica 19 ottobre.


(cliccare sopra per ingrandire)


Si potrà assistere a più di 40 incontri, tra tavole rotonde, dibattiti, presentazioni di libri, video e letture musicate, promossi da case editrici e organizzazioni del terzo settore e parteciperanno oltre 30 espositori: 66thand2nd, Alegre, CESVOT-Centro Servizi Volontariato Toscano, Confronti, Contrasto/Lo Straniero, Ecra - Edizioni del Credito Cooperativo, Ediesse, Edizioni Comunità, Edizioni dell'Asino, Eleuthera, ELSE Edizioni Libri Serigrafici E altro, Emons Audiolibri, Edizioni e/o, Exorma, Iperborea, Iacobelli editore, Jaka book, Lantana Editore, la Nuova frontiera, Laterza, Minimum fax, NdA, Nottetempo, Nova Delphi Editore, Nutrimenti, Orecchio acerbo editore, Paoline, Quodlibet, Redstar Press, Spes -Centro di documentazione sul volontariato e il terzo settore, SUR, Stampa Alternativa e Voland.

Un’occasione per riflettere sui deficit dell’Europa attuale e sulle risorse con cui costruire un nuovo spazio europeo democratico e inclusivo, a partire dalla questione della giustizia sociale. 


Il posto giusto, per conoscere da vicino, tra le molte altre, l'esperienza di ELSE Libri Serigrafici E altroprogetto etico, di editoria e laboratorio serigrafico, unico e promosso da Orecchio acerbo,Cemea del Mezzogiorno Onlus e Asinitas Onlus; un luogo dove «la valorizzazione delle differenze e il recupero del fare divengono comunione ideale per celebrare la dignità dell'uomo». 

L'esperienza di ELSE l'ho conosciuta quando è divenuta anche un progetto serigrafico e editoriale, affiancato a sostenuto da Orecchio acerbo. Da allora, ogni anno, attendo l'uscita di uno dei suoi libri preziosi, nei contenuti e nella forma: serigrafie stampate su carta Fedrigoni ecologica, ritagliati, cuciti e rilegati dalle stesse mani degli autori dei testi e delle illustrazioni. Sono nati così Radici (2010), Erano come due notti (2011) e Animali (2012) e ai quali si sono presto aggiunti il Cantico di Fratello Sole (con le illustrazioni di Mariana Chiesa, 2013), Re tigre (di James Thurber con le illustrazioni di JooHee Yoon e la traduzione di Damiano Abeni, 2014) e si aggiungerà WORK. Il lavoro dalla A alla Z di Armin Greder, del quale, domani in occasione dell'uscita, parleremo con l'autore in Gavroche (tutti i libri sono editi da Orecchio acerbocollana Else Libri Serigrafici E altroSe non li troverete nelle librerie, potrete acquistarli qui).



Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,
postfazione Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 16 ottobre 2014


Ma facciamo un necessario passo indietro, al racconto di Marco Carsetti, per sapere dalla voce di chi ha partecipato alla sua creazione come è nato tutto questo. Un racconto,  protagonista di questo post, in grado di ispirare insegnanti, operatori a vario titolo del settore scolastico, culturale, sociale, e poi bibliotecari, genitori, editori, scrittori e illustratori.



Una narrazione perfetta, la condivisone di una visione, un'intenzione, un progetto, dedicata a chi crede nella scuola del fare come pratica da vivere nelle classi e nella vita:




«ELSEè nata dall’incontro inaspettato tra due realtà apparentemente distanti: una scuola di italiano per migranti, rifugiati e richiedenti asilo e Orecchio Acerbo, una casa editrice di albi illustrati. Il filo rosso che avvicinava queste esperienze era sicuramente il lavoro sull’immaginario attraverso le narrazioni, i racconti. Appunto non la storia con la S maiuscola, ma le storie. Nella scuola di italiano (portata avanti dall’associazione Asinitas) le storie erano quelle degli altri, di chi era appena arrivato nel nostro Paese. Le ragioni di questo lavoro quotidiano di ascolto, scrittura, raccolta e trascrizione di ricordi, testimonianze e narrazioni erano molto semplici: l’italiano come seconda lingua, come lingua del paese ospite, è il territorio da conquistare non solo a livello individuale di autonomia e appaesamento, ma conquista collettiva da fare insieme noi e loro, per costruire una memoria condivisa e soprattutto come territorio di incontro e scambio, di costruzione, di convivenza e condivisione. [...] In tanti anni di lavoro si è sperimentato che grazie alle storie ci si ritrova poi più vicini, più simili che diversi, e sempre attraverso le storie c’è la possibilità di rintracciare anche nei silenzi, nell’indicibile, nel non detto una radice comune. 
Anche una casa editrice si fonda sulle storie e appunto le storie universali che parlano di tutti e a tutti nel tempo, a loro modo inesauribili tramandate di generazione in generazione. Questo è stato il principale binario su cui queste due esperienze si sono incontrate e hanno dato vita a Else. 
L’incipit di tutto, come spesso accade, fu imprevisto e casuale, ovvero Fausta Orecchio propose a noi insegnanti di italiano L2 di dare vita a un laboratorio artigianale di stampa serigrafica per libri illustrati rivolti a bambini, ragazzi e adulti in cui coinvolgere gli studenti stranieri della scuola di italiano. Nessuno di noi aveva idea di cosa fosse la serigrafia, cosa fosse un libro illustrato ovvero del lavoro che comportava realizzarne uno. [...]» M. C.


La proposta di Fausta Orecchio, seppur improvvisa, arrivò su un terreno fertile, una consapevolezza e pratica didattica che gli insegnanti condividevano già con gli alunni della scuola italiana per immigrati ma che non erano ancora riusciti a portare fino in fondo. Ora, ciò che avevano seminato ero pronto per dare nuovi frutti, continua Marco Corsetti, ma a mio parere e come molti insegnanti sanno e praticano, anche per questo oggi vi propongo questo post, questa è un'esperienza che potrebbe dare grandi frutti anche nella classi delle nostre scuole:


«[...] Nella scuola si era messo a punto un metodo didattico che attraversava le tecniche montessoriane per approdare al testo libero frenettiano, ai laboratori manuali, ai giornali di scuola. Di Celestine Freinet (pedagogista francese) avevamo sempre seguito con passione e curiosità senza mai riuscirlo a sperimentare concretamente l’utilizzo che lui faceva nella sua piccola scuola di provincia in Francia a partire dagli anni ’50 della stampa tramite caratteri tipografici per la composizione del giornale di scuola che raccoglieva le storie e i testi della classe. Ci era sembrata un’attività viva e efficace per l’apprendimento della scritto-lettura e ci sembrava che potesse essere trasposta anche su degli adulti migranti non parlanti l’italiano. 
Per cui la proposta della serigrafia come tecnica di stampa ci sembrò subito una risposta possibile a questa ricerca e sperimentazione, per offrire alla scuola di italiano e agli studenti delle tecniche, degli strumenti per lavorare manualmente sul testo, sulla carta stampata tra illustrazioni e parola. Nello stesso tempo a scuola si usavano spesso e con molto successo didattico gli albi illustrati, spesso proprio quelli pubblicati da Orecchio Acerbo, per proporre agli studenti temi altrimenti difficilmente affrontabili. Il libri illustrati servivano come filtri indispensabili e strumenti utilissimi proprio per l’apprendimento della lingua e la condivisione di temi universali. Offrivano uno spazio per la lettura e la comprensione, servivano per l’apprendimento di nuovi vocaboli tramite il rapporto tra parola e immagine, evocavano emozioni, ambienti, destini in cui riconoscersi al di là del tempo e dello spazio. 
La proposta di Fausta attecchì immediatamente su questo terreno fertile di riflessione e pratica didattica e ci offrì proprio uno strumento nuovo di lavoro e un grande salto di qualità: potevamo diventare direttamente noi i produttori dei nostri libri e dei nostri materiali didattici attraverso un fare manuale che era la ricerca portata avanti dalla scuola. Se in prima battuta l’interesse che suscitò la proposta di Orecchio Acerbo era essenzialmente legata agli sviluppi didattici che potevamo offrire alla scuola piano piano nel tempo la serigrafia stessa ci ha offerto nuovi orizzonti e nuove risposte. [...]» M. C.


Continua, il racconto di Marco, dicendo delle mille peripezie, degli ostacoli burocratici che deve superare chi vuole dare vita a questo tipo di impresa, indicando nella perseveranza, sorretta da una profonda convinzione, l'unica forza che spinge ad andare avanti.

Dopo prodezze dai tratti funanabolici, ecco che nel 2010  il primo libro di ELSE vede la luce Radici, un libro collettivo scritto, illustrato, stampato e rilegato da diciassette persone provenienti da dieci diversi paesi. Diciassette alberi, diciassette radici che però rappresentavano con forza una stessa umana radice comune (qui in Gavroche).


AA. VV., Radici,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2010

AA. VV., Radici,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2010

AA. VV., Radici,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2010

Se l’imperativo di una ricerca didattica fu il laalla sua creazione, dopo quattro anni si sono sommate e stratificate altre ragioni alla base di Else: una è legata all’immigrazione e a alla partecipazione di ELSE come parte integrante e propositiva di un discorso di cittadinanza e convivenza.
L’altra è il lavoro, la formazione professionale, la creazione di uno spazio di creatività misto, condiviso in città, in un quartiere tra ELSE e immigrati.

La sfida che ha deciso di affrontare ELSE è stata quella di immettersi nel lavoro da pari, di passare dall'accoglienza alla formazione professionale, senza distinzioni tra ospitanti e ospiti, per la costruzione di un laboratorio serigrafico e la creazione di una casa editrice di libri fatti a mano, per uscire da uno schema vittima/salvatore, e quindi di un certo paternalismo che contraddistingue molta azione sociale che si dice congli immigrati ma poi sostanzialmente è sugliimmigrati, sottolinea Marco Carsetti:



«[...]  Tale sfida ha ancora più senso proprio perché gli effetti della crisi hanno livellato impoverendo tutti e questa volta anche gli italiani che insieme agli immigrati diventano bisognosi di assistenza in un sistema di welfare sempre più incapace di rispondere ai bisogni e ai desideri delle persone. Per cui ci è sembrato un segno del tempo dire: ad armi pari siamo sulla stessa barca, nessuno si salva da solo, proviamo a farlo insieme creando lavoro oltre che una proposta culturale, diventiamo alleati a partire dal lavoro. [...]» M. C.


AA. VV./Slim Fejjari, Erano come due notti,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2011


AA. VV./Slim FejjariErano come due notti,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2011

AA. VV./Slim FejjariErano come due notti,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2011



Erano come due notti è un libro dedicato alle partenze, al viaggio, ai minuti prima di lasciare la propria casa, alle ultime parole, ai saluti, scritto da diverse mani è illustrato da  quelle di un giovane artista tunisino Slim Fejjari(qui in Gavroche).


Poi è seguito Animali anche in questo caso con diciotto storie da diversi Paesi raccolte qui in Italia nelle scuole di italiano, sempre illustrato da Slim Fejjari.


AA. VV./Slim Fejjari, Animali,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2012

AA. VV./Slim FejjariAnimali,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2012

AA. VV./Slim FejjariAnimali,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2012



«[...] Un gruppo misto significa un gruppo trasversale che vuole parlare attraverso temi universali provenienti da diverse culture e tradizioni. Ecco perché abbiamo scelto di ripubblicare il Cantico di Fratello Sole di San Francesco. [...]

Sono passati otto secoli, ottocento anni, dalla scrittura del Cantico me quel “nuovo” atteggiamento verso il mondo e la vita a noi sembrano oggi attuali come ieri. E veri, profondamente veri. E così abbiamo chiesto a Mariana Chiesa, argentina di origini spagnole, italiana di origini argentine, di accompagnare le parole di Francesco con i suoi disegni.

Ne è nato un libro dove centrale è il risveglio della coscienza, il richiamo all’essenziale in un presente sempre più estraniato e frantumato. E la verità delle lodi, la loro attualità, viene esaltata dall’accostamento delle immagini alle parole. Immagini che cercano la verticalità del testo di Francesco in un contrappunto continuo con la realtà contaminata, piatta e frantumata, del presente.

Una bambina, un bambino, sono i protagonisti di questo Cantico. Sembrano gli unici capaci di sentire, vedere, avvicinare, dialogare con il miracolo del mondo, e quindi risvegliare le coscienze. Sono loro i portatori di speranza, capaci di ricordarci il nuovo come potenza del possibile, la trasgressione come forza per una ricombinazione degli elementi capace di salvare, le creature, il creato, e ribaltarne il destino. [...]» M. C.


Cantico di fratello Sole,
illustrato da Mariana Chiesa,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2013



Cantico di fratello Sole,
illustrato da Mariana Chiesa,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2013

Cantico di fratello Sole,
illustrato da Mariana Chiesa,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2013



È la lotta per il potere, tra una tigre e un leone, invece, la protagonista di Re tigre. In una giungla di tutti i giorni, una mattina un tigre si sveglia deciso a diventare il re. Una favola del nostro tempo in cui un grande umorista statunitense ci fa riflettere sull’ottusità del potere, maschile, e sull’inutilità della guerra. Riletta attraverso le immagini di un giovanissimo talento che già si annuncia una stella: JooHee Yoon.


James Thurber/JooHee Yoon, Re tigre,
 traduzione di Damiano Abeni,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro, 2014

James Thurber/JooHee Yoon, Re tigre,
 traduzione di Damiano Abeni,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro, 2014

James Thurber/JooHee Yoon, Re tigre,
 traduzione di Damiano Abeni,
Orecchio acerbo,
collana ELSE Libri Serigrafici E altro, 2014



« [...] Poi lavorando quotidianamente in laboratorio abbiamo scoperto cosa altro c’è alla base di Else ovvero la serigrafia stessa. Ma direi che è stato proprio il lavoro artigianale intorno al libro la vera scoperta, il nuovo territorio da conquistare oltre la lingua, oltre le storie. La conquista del lavoro come professionalità. Una scoperta che poi oggi è diventata l’idea alla base di Else sia dal punto di vista editoriale che autoeducativo, formativo, lavorativo, appunto il lavoro artigianale, il laboratorio. La scoperta di un lavoro artigianale altamente professionale ci ha riportato così al punto di partenza, ovvero ci ha fatto scoprire quanto il lavoro artigianale fosse per noi l’approfondimento del lavoro educativo finora svolto per quanto riguarda tecniche, strumenti e cooperazione all’interno del gruppo davanti alle sfide del fare. Il filo rosso tra quello che è diventato Else e i suoi presupposti di partenza sta tutto in una parolina importantissima: come. [...]» M. C.


Il lavoro inteso come lavoro artigianale dotato di tecniche antiche e nuovissime, svolto all’interno di un laboratorio dotato di macchine e materiali antichissimi e modernissimi, un lavoro che si fonda su continui gesti cooperativi ed autoeducativi  è divenuto il motivo fondante dell'identità di ELSE, che ora ha aperto a una formazione più ampia che prevede LABORATORI SERIGRAFICI veri e propri corsi PER ADULTI e PER BAMBINI non solo presso la propria sede in Via Tor Pignattara, 142 a Roma (dove offre anche la possibilità, in convenzione con Università e Accademie, di ospitare TIROCINI), ma anche, a chiamata, presso le realtà interessate. 




Per noi il laboratorio è quella casa in cui, 
nella lentezza, mille piccoli gesti quotidiani 
si sommano fino a formare una pratica.


"Non si dovrebbe rinunciare all'idea del laboratorio come spazio sociale. I laboratori, passati e presenti, hanno sempre creato vincoli tra le persone: attraverso una serie di riti, si tratti della tazza di tè da bere insieme o della processine cittadina; 
attraverso la trasmissione di saperi; 
e attraverso la condivisione faccia a faccia di informazioni." 

Richard Sennett, L'uomo artigiano 


E per non rinunciare, ELSE ha pensato di creare un KIT DI SERIGRAFIA portatile per dare vita a casa, a scuola, nelle situazioni più disparate, veri  e propri laboratori di serigrafia personalizzati.
Presentato all'ultima Fiera del libro per Ragazzi di Bologna, dove abbiamo potuto vederne le grandi potenzialità e la versatilità creative e educative per adulti, bambini e ragazzi, potenzialità che hanno segnato le tappe più felici del pensiero pedagogico dell'ultimo secolo: dal citato Frenet, ai nostri Maria Montessori, Alberto Manzi, Mario Lodi, per citare alcuni dei maestri più importanti.



KIT PER SERIGRAFIA
(si può acquistare presso Else Libri Serigrafici E Altro)


La scatola del kit per la stampa serigrafica contiene tutto quello che serve per stampare:

1 piano di stampa in legno,1 il telaio 62 fili estraibile,
1 racla, 4 spatoline, 9 registri adesivi
4 barattoli di colori ad acqua per la serigrafia (rosso, blu, giallo e nero),
3 fogli di silhouette adesive con cui poter comporre da subito le stampe attaccandole sulla tela,
dei fogli di diverso colore, formato e grammatura istruzioni per l'uso

E il telaio si pulisce semplicemente con l'acqua.



Contenuto del KIT DI SERIGRAFIA


ISTRUZIONI


COME SI USA IL KIT DI SERIGRAFIA

RISULTATI


Da domani potrete vedere e sperimentare di persona il KIT PER LA SERIGRAFIA proprio al Salone dell'editoria sociale, a cui ELSE e Orecchio acerbo parteciperanno, con importanti iniziative.


LE INIZIATIVE ELSE E ORECCHIO ACERBO AL SALONE:

GIOVEDì 16 OTTOBRE

- ORE 11.00 - 13.00 - Sala A

Lettura musicata del libro
IL SOLDATINO DEL PIM PUM PA'
di Mario Lodi con illustrazioni di Michele Rocchetti (qui in Gavroche)

con Carla Ghisalberti Quinto Quarto Trio 

A seguire Laboratorio di Serigrafia con ELSE (dedicato ai bambini della scuola primaria).

L'immagine di Michele Rocchetti
che i bambini stamperanno in serigrafia
al Salone dell'editoria sociale


- ORE 21.00 - 23.00 - Sala B

(IN) COSCIENZA D'EUROPA

Incontro con Armin Greder

Verranno presentati i libri L'IsolaGli stranieri (2008, 2012 orecchio acerbo) e, in anteprima, WORK. Il lavoro dalla A alla Z (in libreria dal 16 ottobre, orecchio acerbo/ELSE Edizioni Libri Serigrafici E altro, 2014 e di cui parleremo domani in Gavroche proprio con Armin Greder)

Intervergono

Armin Greder - Scrittore, fumettista illustratore
Goffredo Fofi - critico letterario
Fausta Orecchio - editrice
Alessandro Leogrande - giornalista
Eric Salerno - giornalista




I LIBRI "TERRIBILI" DI ARMIN GREDER

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«In un mondo di pubblicità e di imbonimento, di menzogne non di rado confortate da cultura e da ingegnosa malafede, la possibilità di non essere catturati irreparabilmente, di non essere strumenti di incomprensibili, o fittizie battaglie, 
sta nella nostra esperienza di noi stessi, 
della vastità e della drammaticità della sorte dell'uomo.

Da questo punto di vista, non vi sono libri innocui,
 e non v'è cultura "che non fa male a nessuno" e rende migliori. 
Un grande libro è terribile, perché la sua storia dentro di noi non si spegnerà mai; 
e sarà la storia della nostra libertà» 

- GIORGIO MANGANELLI -





Armin Grederè fumettista, graphic designer e illustratore. 

«Sono nato nel 1942 in Svizzera, in una piccola città in cui i nomi delle strade sono scritti in tedesco e in francese, e dove non sai quale delle due lingue usare per rivolgerti a chi sta dietro al bancone del negozio. A scuola la mia materia preferita era educazione artistica, fino a quando non hanno cominciato a dirmi come dovevo disegnare. Poi c’era ginnastica, perché eri autorizzato a gridare giocando a pallone. A scuola nessuno mi ha insegnato a scrivere, ma solo come detestare la grammatica. E la poesia era qualcosa quasi senza senso, di solito era lunga e da imparare a memoria. Solo più tardi, quando ho disimparato abbastanza, ho capito che la lingua non è il suono che fai quando parli, ma qualcosa che rende tangibili i tuoi pensieri».  A. G.

Emigrato in Australia nel 1971, ha insegnato design e illustrazione al Queensland College of Art. Al suo lavoro sono state dedicate numerose mostre personali e collettive dalla Germania fino al Giappone. Nel 1996, ha ricevuto il Bologna Ragazzi Award e l’IBBY Honour List con The Great Bear di Libby Gleeson (Scholastic Press). Con Libby Gleeson ha pubblicato anche Big dog (1991), Sleep time (1993), The princess and the perfect dish (1995) e An ordinary day (2001). The Insel (L’isola, traduzione di Alessandro Baricco, Orecchio acerbo, 2008) pubblicato da Sauerländer nel 2002, è il libro di cui per la prima volta è anche autore dei testi. Tradotto in moltissime lingue, The Insel ha ricevuto premi in tutto il mondo, fra cui il Goldener Apfel/Golden alla Biennaledi Illustrazione di Bratislava del 2003. A L'Isola, hanno fatto seguito La città (tradotto sempre da Alessandro Baricco e uscito in anteprima internazionale in Italia per orecchio acerbo, 2009), e Gli stranieri (traduzione Rosa Chefiuta & Co, Orecchio acerbo, 2012). 
Esce oggi WORK. Il lavoro dalla A alla Z, il suo ultimo libro edito da Orecchio acerboELSE Edizioni Libri Serigrafici  E altro (qui in Gavroche). Ora vive a Lima, in Perù, insieme alla sua compagna Victoria.

Questa sera Armin Greder sarà l'ospite d'onore del Salone dell'editoria sociale di Roma - da oggi fino al 19 ottobre - (quiin Gavroche).  L’iniziativa promossa dalle Edizioni dell’asino, dalla rivista "Lo Straniero", dalle associazioni Gli Asini e Lunaria, in collaborazione con Redattore sociale e Comunità di Capodarco, ha scelto come tema della sua sesta edizione “L’Europa in cammino”.

Presso la sala B del Salone e dalle ore 21.00 alle ore 23.00, il pubblico avrà l'occasione di mettersi in dialogo con l'artista nel corso dell'incontro "(In)Coscienza d'Europa", incontro al quale parteciperanno anche il critico letterario Goffredo Fofi, l'editrice Fausta Orecchio, i giornalisti Alessandro Leogrande e Eric Salerno e che sarà animato dalla riflessione su una selezione dei suoi albi, L'isola, Gli Stranieri e, in anteprima,WORK. Il lavoro dalla A alla Z.




 

I libri di Armin Garder sono libri che fanno male, quelli che Manganelli ha riconosciuto come  terribili. Quelli con cui, una volta letti, non smettiamo di combattere.
Parlano di noi, dei luoghi oscuri che da sempre accompagnano la storia dell'uomo e delle nostre inadeguatezze, miserie, piccolezze, contemporanee; di quanto ancora oggi preferiamo ciecamente costruire muri piuttosto che ponti con l'oltre a l'altro da noi.

Parlano di temi universali, senza sconti, i libri di Armin Greder, concedendoci l'occasione di guardare, attraverso lo sguardo della sua poetica, in faccia la verità delle cose senza i veli dell'ipocrisia, senza concessioni, rassicurazioni e finali lieti. Ci impone di guardare la noi stessi e la realtà come se fosse la prima volta.

Lui con noi, titolo dopo titolo, pagina dopo pagina, ci accompagna sull'orlo dell'abisso di quella "disumana umanità" di cui ancora oggi non siamo stati capaci di, meglio, non abbiamo voluto,  sbarazzarci. Poi, lui fa un passo indietro, lasciandoci lì, con il solo ausilio delle sue parole, dei suoi disegni, a sostenerci, a guidarci, in quello che sarà un viaggio di iniziazione dal quale torneremo profondamente cambiati. Quasi fosse l'ultima possibilità che ci viene concessa per non sprofondare in quell'abisso, lasciando a noi il compito di trovare le soluzioni.

«Ognuno è responsabile dei propri comportamenti. Non credo nelle leggi».A.G.


Come i suoi artisti di riferimento, Goya, Käthe Kollwitz e Honoré Daumier, Armin Greder presta il suo talento alla denuncia delle ingiustizie sociali, della tracotanza del potere e dell'annientamento dell'essere umano per sua mano, della nostra incapacità di vedere, prevedere, distaccarci dal branco e agire. Della nostra pericolosa indifferenza verso ciò che accade, vicino e lontano, che sempre e più di quanto immaginiamo ci coinvolge. 
E, nel farlo, si pone dalla parte del più debole. 

I libri che escono dalle sua mani divengono propri e veri manifesti che chiedono al lettore di decidere di chiamarsi dentro o fuori dalla storia. 

Le sue parole, le sua tavole, essenziali, lucide, nitide, perfette e al contempo dense, portatrici di pesanti significati, sembrano, più di tutto, fare eco alla forza visionaria sprigionata dalle sculture e dalle opere pittoriche di Käthe Kollwitz.

Parla di immigrazione, dell'incapacità dell'essere umano di riconoscere la sua stessa vita nell'altro tanto da temerlo e maltrattarlo nel più atroce e umiliante dei modi. Tanto da  innalzare muri, di protezione, di insensibilità, di incomprensione, così da alti da essere certi e felici della loro invalicabilità. 

Senza rendersi conto che quei rassicuranti muri, un giorno diverranno una gabbia da cui non si riuscirà più ad uscire.

«Sono contro la monocultura. Nelle piante genera infestazioni di insetti, nelle persone genera ignoranza. Quanto più sventolano le bandiere, tanto più temo il patriottismo, perché non è troppo lontano dal nazionalismo». A.G.


Armin Greder, L'ISOLA,
traduzione di Alessandro Baricco,
Orecchio acerbo, Roma, 2008

«Un mattino gli abitanti dell'isola trovarono un uomo sulla spiaggia
là dove le correnti e il destino avevano spinto la sua zattera.
L'uomo li vide e si alzò in piedi.

Non era come loro.»



Un uomo sulla spiaggia di un'isola. Solo, sfinito, nudo. Anche così però, incute paura agli abitanti.


Armin Greder, L'ISOLA,
traduzione di Alessandro Baricco,
Orecchio acerbo, Roma, 2008


Tuttavia lo raccolgono, lo chiudono in un vecchio ovile abbandonato, e tornano alla vita di tutti i giorni.


Armin Greder, L'ISOLA,
traduzione di Alessandro Baricco,
Orecchio acerbo, Roma, 2008


Ma l'uomo ha fame, chiede cibo. Ormai la paura serpeggia. Lo straniero genera inquietudine. 


Armin Greder, L'ISOLA,
traduzione di Alessandro Baricco,
Orecchio acerbo, Roma, 2008


E così gli abitanti decidono di sbarazzarsene. E di costruire un grande muro tutt'intorno all'isola per impedire che mai più uno straniero vi metta piede. 


Armin Greder, L'ISOLA,
traduzione di Alessandro Baricco,
Orecchio acerbo, Roma, 2008


Sì, parla di muri, Armin Greder, anche nel libro Gli stranieri, di quelli innalzati per proteggere una terra che con la forza  si è voluta strappare a chi, in quei luoghi, aveva già seppellito i propri da tempo immemore e che da allora aveva continuato ad averne cura, ad abitarla, a calpestarla ogni giorno, tanto da poterla chiamare, propria. Il riferimento qui, anche se non è mai nominato, è al conflitto tra il gli israeliani e il popolo palestinese, un popolo il cui dramma, da oltre sessant'anni, non ha mia finito di essere attuale.

L'ultimo a cui abbiamo assistito, l'appena conclusasi operazione "Margine protettivo". Questo è il nome scelto per chiamare l'ultima guerra, durata 50 giorni e terminata il 27 agosto, con la firma del cessate il fuoco. Israele ha lanciato migliaia di raid aerei su quelli che definiva obiettivi di Hamas, in realtà però colpendo molti edifici civili. Oltre 2.100 le vittime palestinesi, 72 i morti israeliani di cui 66 soldati. 
Il 12 ottobre si è tenuta al Cairo la conferenza sulla Palestina e la ricostruzione di Gaza, co-presieduta dall'Italia. Conferenza che per la ricostruzione che ormai si tiene ogni due anni, dopo le continue distruzioni. I danni stimati, secondo le Nazioni Unite, sono questi: quasi 100mila unità abitative sono state distrutte o danneggiate. Oltre 100mila persone sono ancora sfollate. Tra loro 57mila vivono in rifugi comuni, tra cui le scuole gestite dall'Onu, e 47mila da famiglie ospitanti. Oltre mille imprese industriali sono state costrette a chiudere perché distrutte o danneggiate. Stessa sorte per oltre 4.200 negozi e altre imprese commerciali. Oltre due dozzine di pozzi per l'acqua sono stati danneggiati. Quasi 50 chilometri di rete idrica e oltre 17 chilometri di tubazioni di scarico sono stati distrutti. Danneggiata da un raid anche l'unica centrale elettrica di Gaza. Ancora 2,5 milioni di tonnellate di macerie devono essere rimosse.


Armin Greder, GLI STRANIERI,
traduzione Rosa Chefiuta & Co.,
Orecchio acerbo, Roma, 2012


«Era una terra si sabbia e pietre e poco altro.
Ma era la patria di un popolo.

Su questa terra la gente si occupava
delle proprie capre
e aspettava il maturare delle olive
e la sera i vecchi raccontavano
le loro storie ai giovani,
così che potessero ricordare chi erano.»


Un antico paese, coltivato a ulivi, e a sassi. Casa di un popolo antico. Un giorno, arrivano gli Stranieri. Di quella terra - abitata dai padri dei loro padri - rivendicano l’eredità. Cacciati e sparsi in tutto il mondo, oppressi e perseguitati per secoli, dopo aver tanto sofferto hanno deciso di ritornare. E, anno dopo anno, tornano sempre più numerosi.  


Armin Greder, GLI STRANIERI,
traduzione Rosa Chefiuta & Co.,
orecchio acerbo, Roma, 2012


E i vecchi abitanti sono costretti a lasciare la loro terra e le loro case. 
A lasciare tutto.


Armin Greder, GLI STRANIERI,
traduzione Rosa Chefiuta & Co.,
orecchio acerbo, Roma, 2012


Un unico paese, per due popoli. 
Una guerra che li sfianca, e che impedisce di vedere i tratti comuni. 


Armin Greder, GLI STRANIERI,
traduzione Rosa Chefiuta & Co.,
Orecchio acerbo, Roma, 2012


E poi un muro che li divide.


Armin Greder, GLI STRANIERI,
traduzione Rosa Chefiuta & Co.,
Orecchio acerbo, Roma, 2012


Nel suo ultimo libro, WORK, che mi ha offerto l'occasione per questa intervista, Armin Greder ha cercato, invece, di mostrarci un altro muro, questa volta invisibile, posto tra il tempo passato e quello presente, affrontando una delle tematiche più attuali e urgente di oggi, il mondo del lavoro.


Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,
postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 16 OTTOBRE 2014


«Armin Greder dopo averci dato almeno tre capolavori del disegno che scruta e 'legge', interpreta e illumina, temi centrali di oggi e alcuni a temi di sempre (L’isolaGli stranieriLa città) affronta ora il mondo contemporaneo, quello che ci appartiene o, meglio, a cui apparteniamo, e lo fa sotto il profilo della mutazione più radicale di tutte, che è pur sempre quella dell’economia.
E dunque del lavoro, dei modi di guadagnarsi la vita, perché, sì, la vita deve sempre guadagnarsela chi non appartiene alla piccolissima cerchia degli eletti, anche nella new economy e nelle sue invenzioni e illusioni». Goffredo Fofi, "Postfazione" in WORK.


Di questi tre libri, si parlerà nel corso dell'incontro di stasera al Salone dell'editoria sociale.

Tre strade diverse, tre momenti della nostra storia, tre condizioni che dicono della complessità della vita, delle vite degli uomini e delle donne, che lascerò sia Armin a raccontarvi.

G. L'isolaè stato il debutto come autore totale dei tuoi libri. Era il 2002 quando sentimmo tra quelle pagine il grido forte, acuto contro l'intolleranza. Racconti in un'intervista che quando iniziasti a lavorare al libro, lo facesti pensando alla Svizzera, ma mentre era in corso d'opera ci furono altri importanti accadimenti di cui dovesti tenere conto, il caso del cargo Tampa in Australia e l'attacco alle Torri Gemelle di New York City, con il conseguente dilagarsi nel mondo di episodi di xenofobia nei confronti degli immigrati mussulmani. Sono passati molti anni, ma sembra nulla sia cambiato. Ogni giorno, siamo pronti a innalzare nuovi muri. Se dovessi pensare oggi a pubblicare una nuova Isola chi scaccerebbero, oggi, gli abitanti? 
A. G. Gli eventi accaduti dopo che ho scritto L’isola hanno certamente polarizzato i fronti e hanno aggravato la situazione, ma il problema è rimasto fondamentalmente lo stesso, quindi non riesco a pensare a un sequel. Se lo facessi oggi, diversi ma sempre gli stessi sarebbero gli abitanti, che nello stesso modo scaccerebbero un rifugiato che è sempre lo stesso: per come l’ho disegnato, per me rappresenta esattamente il rifugiato universale. È umano come loro, come gli abitanti. Sostituirlo con un africano, per esempio, rischierebbe di ridurre una parabola universale a una disputa sui rapporti razziali.
Sí, in effetti ho pensato alla Svizzera quando ho scritto L’isola, ma era il problema generale che volevo denunciare. Certo, ci sono riferimenti svizzeri nelle immagini, ma non impediscono alla storia di essere universalmente applicabile. Anche gli svizzeri, in fin dei conti, non sono diversi. Sono umani come noi.
G.  Nel libro denunci il fatto che gli immigrati, nella migliore delle ipotesi, vengono assimilati a mai accolti fino in fondo, è ancora lontana la prospettiva di una piena condivisione di vita con loro. Il solo fatto che siano arrivati sull'isola, genera tra gli abitanti tale sgomento a ansia da sfociare in una paura incontrollata. Il pensiero che lo straniero abiti lo stesso luogo, a un passo dalle loro case, non gli permette di vivere come prima. Cosa fa sì che un artista decida di di lavorare per provare a cambiare questo pensiero?
A. G.L'isolanasce da una realtà che si è sviluppata nel corso degli anni. Vuole essere una parabola che condensa quella realtà in ventotto pagine, e in quella parabola io sottolineo gli estremi per illustrare la media. L'obiettivo non è offrire soluzioni, ma denunciare condizioni per me intollerabili. Forse non è molto, ma mi conforta notare che il libro è stato ampiamente utilizzato dagli insegnanti nelle scuole per affrontare il problema e che può quindi contribuire a una soluzione.
G.  Sempre ne L'isola, come ne Gli Stranieri, nei tuoi libri, trovano ordine i pensieri confusi e fuorviati di una società introversa e insicura. Sei riuscito a dar forma a quell'inconoscibile che pone l'essere umano di fronte alla domanda sull'identità di sé e la definizione del sul essere nel mondo. A quali scelte stilistiche ti sei affidato per creare a condensare questi temi universali in una perfetta fusione tra parole e immagini?
A. G. Ognuno di noi opera con gli strumenti del proprio campo di lavoro. Per me, nel corso del tempo, quel campo è diventato il linguaggio visuale, e conseguentemente, il rapporto tra testo e immagini - su questo ho imparato molto insegnando illustrazione in una scuola d'arte -. Quindi il problema della sintesi di cui parli mi interessa di per sé, e diventa la sfida principale nella conversione di un concetto in qualcosa di tangibile, e conciso. Così, per me il lavoro diventa un gioco, perché non si fa per la ricompensa, ma per l'emozione intrinseca di farlo. E se davvero sono riuscito “a condensare questi temi universali in una perfetta fusione tra parole e immagini” come tu dici, è perché ho ​​potuto giocare in questo modo per un periodo di tempo molto lungo, che è senza dubbio un privilegio.
G«Gli stranieri avevano il potere, adesso, ma loro avevano il tempo. E sapevano anche che questo muro, come tutti gli altri muri prima di lui, sarebbe alla fine crollato, perché un giorno gli stranieri avrebbero capito. [...]», si legge nelle ultime pagine de Gli stranieri. Alla luce degli ultimi avvenimenti, di quella che a tutti gli effetti è stata riconosciuta come una guerra tra Israele e Gaza, pensi ancora che gli stranieri potranno, che noi potremo, un giorno ascoltare, capire le istanze dell'altro? 
 A. G.È davvero difficile a volte rimanere impassibili di frontea ciò che avviene in Palestina. Nel mio testo originale - in inglese - il libro si chiudeva così: "...perché un giorno gli stranieri se ne sarebbero andati". Ad avermi dettato quelle parole erano state le mie emozioni, non il mio pensiero razionale. È stato Paolo Cesari che mi ha salvato e che mi ha fatto capire. Che ci piaccia o no, Israele è un fatto. Quindi, la soluzione non sta nella scomparsa di Israele, ma in un compromesso tra i due fronti.
 G. Questa sera sai l'ospite d'onore della sesta edizione del Salone dell'editoria sociale di Roma. Il titolo del tuo incontro è "(In)Coscienza d'Europa". Per coscienza dovrebbe intendersi "la consapevolezza che il soggetto ha di sé e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e dell'insieme delle proprie attività interiori", nella definizione da dizionario. Quale cammino cosciente dovrebbe intraprendere, secondo te, oggi un cittadino per potersi definire europeo?
A. G.Sono nato in Svizzera, ho vissuto per quarant’anni in Australia, e ora vivo in Perù insieme con Victoria, la mia compagna peruviana. Non bastassero i tre continenti, continuo a viaggiare per il mondo, probabile conseguenza di tutti quei libri su spedizioni e viaggi che mia madre mi portava incessantemente dalla biblioteca quando ero bambino.Questo mi ha forse permesso di avere una prospettiva più ampia sugli immigrati. Ecco, io credo proprio che, per diventare un buon europeo, sia necessario andare in giro per il mondo, per essere in grado di capirlo, il mondo, quando questo arriva in Europa.
GIl tuo ultimo libro, WORK, in uscita oggi, è una sorta di alfabeto temporale dove trovano collocazione le professioni di ieri e di oggi. Dove trova occasione di ampliarsi la riflessione tra ciò che si è e ciò che si fa tra identità, sostanza e apparenza. Per questo libro, hai trascorso un periodo di residenza in Italia, nel momento in cui questo tema è l'argomento di dibattiti particolarmente accesi. L'Italia è l'unica Repubblica democratica al mondo che ha espresso nel primo articolo della Costituzione, il suo fondarsi sul lavoro. Il lavoro, quindi, non solo visto come un rapporto meramente economico, ma come valore sociale che nobilita l'uomo; un diritto ma anche un dovere che eleva il singolo. Principi che, in un certo senso, mi sono sembrati presenti anche nel tuo libro... che idea ti sei fatto, se te la sei fatta, di ciò che sta succedendo nel nostro Paese?
A. G. Con WORK, con i disegni di singoli lavoratori, ho voluto dire qualcosa di più o meno critico su una serie di professioni, una serie quasi casuale, ordinata solamente dal susseguirsi delle lettere dell’alfabeto. Prima A, poi B, poi C… No, in verità non sapevo nulla della rilevanza che la vostra Costituzione dà al lavoro. E neppure mi sembra che lo sappiano i lavoratori italiani. In verità a me sembra che in Italia come in ogni altro paese d’Europa i lavoratori altro non siano che merce nelle mani dell’economia mondiale, globalizzata come si dice oggi. E questo, francamente, mi pare in flagrante contraddizione con l’intenzione costituzionale.


Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,
postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2014


G.  «Se "il lavoro è l'uomo" come sapevamo una volta», scrive Goffredo Fofi nella postfazione al libro, «cosa diventa l'uomo quando il lavoro non ha più il senso della prova, di una crescita, di espressione di talenti e di contributo al bene comune, di partecipazione a un comunità e di assunzione di responsabilità?».
A. G.Quando l'operaio diventa una merce, lui è poco più di uno strumento che si estrae dalla cassetta degli strumenti quando è necessario per poi riporlo quando non serve più. Le conseguenze di tutto questo? Come ha detto Arturo Pérez-Reverte, “Il meglio del 21 ° secolo è che non ci sarò quando finisce”.



Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,

postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2014



Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,

postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2014


GWORK. Il lavoro dalla A alla Z, è l'opera che più di altre dà il senso di una pensiero, una condizione, che hai espresso in più occasioni, cioè il fatto di sentirti un illustratore e non uno scrittore.
 A. G. I primi due libri sono comparabili a dei film, in cui ogni elemento si aggiunge all’altro fino a configurare un tutt’unico, un insieme. WORK, invece, è una raccolta di istantanee indipendenti. Ma il rapporto tra testo e immagini non è meno importante, solo che qui questa relazione è molto compressa, concisa, diretta: una parola, una immagine. In WORK- al contrario de L’isola e Gli stranieri, dove ogni singola immagine e il relativo testo hanno un rapporto con le situazioni precedenti e successive - non esiste nulla al di fuori di questa relazione. Senza dimenticare che l'illustrazione non esiste di per sé, ma è sempre al servizio di qualcosa sopra di sé, in questo caso una singola parola. 
G Nel libro, ogni tavola porta i segni della perfezione e di una potenza iconografica trattenuta, ma pronta a deflagrare nelle mani e nel pensiero dei lettori da un momento all'altro. Ogni disegno, è stilisticamente e concettualmente in relazione con quello che lo segue, per evoluzione o involuzione, a seconda dei casi, meglio, dei lavori in essa rappresentati. Quale inquadratura di senso e significato hai scelto, dal quale sei partito, per raccontare questo grande tema? 
A. G. Se devo essere sincero, il rapporto tra le immagini è quasi del tutto casuale, mentre strettamente determinata dall’ordine alfabetico è la loro successione. Il compito più complicato è stato trovare il lavoro da abbinare ad alcune lettere.

Se c'è qualcosa di più potente rispetto alle immagini dei libri precedenti, è forse dovuto alla natura autonoma e concentrata di ogni illustrazione, e anche alla diversa tecnica con cui sono state realizzate. Il senso di immediatezza e spontaneità delle immagini di WORK è dato dal disegno a inchiostro in bianco e nero, linee tracciate senza alcuna esitazione e ripensamento. Immediatezza e spontaneità che però, per arrivare al disegno che vedi nel libro, spesso sono passate per venti, a volte trenta tentativi infruttuosi.


Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,

postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2014

Armin Greder, WORK. Il lavoro dalla A alla Z,
postfazione di Goffredo Fofi,
Orecchio acerbo/ELSE Libri Serigrafici E altro,
Roma, 2014



No, i libri di Armin Greder non sono libri innocui

Non lo sono e non lo stati nelle mani degli insegnati e dei ragazzi delle scuole medie e superiori in cui li ho lasciati nel corso di questi anni.
Hanno aperto riflessioni, discussioni, scambi, correlazioni, impensabili e impossibili da aprire altrimenti, tanto meno usando il solo supporto dei testi scolastici.

Quello che mi auguro, e che ci auguriamo insieme a Manganelli, è che continuino a fare danni salutari alla nostra indifferenza e ottusità adulta, certi che se somministrati ai giovani lettori potranno contribuire a combatterle sul nascere.


Grazie Armin e grazie, sempre, a Paolo. 

LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32, UN'OCCASIONE DA NON PERDERE PER ENTRARE NEL MONDO DELL'ILLUSTRAZIONE D SARMEDE

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Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’Infanzia
LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32
25.10.2014 - 18.01.2015
Casa della Fantasia - Sàrmede (TV)
(illustrazione di Giovanni Manna)



«Una mostra come Le immagini della fantasiaè un serbatoio di idee e di possibilità che non si esaurisce nel numero delle opere, degli autori, degli editori partecipanti, ma sottende innumerevoli e misteriosi percorsi, che sono quelli che ciascuno di noi può scegliere e creare in modo individuale approfondendo, cercando, trovando.

Il modo del libro illustrato è meravigliosamente internazionale ed è animato da una fervida comunità che lavora intensamente a produrre, osservare, riflettere, promuovere,Le immagini della fantasia continua a dialogare - da oltre trent'anni - con tutti coloro che credono nell'importanza di tutto questo. Nell’epoca in cui, attraverso le immagini dirette, ai bambini si vende di tutto, la bellezza è uno strumento prezioso; la capacità critica di sapere istituire confronti, di vedere le cose in prospettive nuove, di attingere a immaginari diversi, non solo a quelli somministrati dalla pubblicità e da prodotti seriali ‘per bambini’ è oggi di fondamentale importanza». Monica Monachesi (curatore della Mostra)

Per chi si occupa di Letteratura per l'Infanzia, Sàrmede non è solo il romantico paese adagiato sulle pendici della foresta del Cansiglio della provincia di Treviso, ma è uno dei massimi riferimenti dell'Illustrazione Internazionale del nostro Paese. È una casa, non solo, è un posto dove di fanno mostre, non solo, un'occasione di incontro, anche, una scuola d'illustrazione, certo e una delle migliori, ma ciò che caratterizza più di ogni cosa Sàrmede e, in particolare, la mostra Le immagini della fantasia - curata da che inaugurerà domani alle 18.30 presso la Casa della fantasia (Dalla Scozia Suoni di Cornamusa alle 18.20 - info in calce al post -) è, nelle parole di  Monica Monachesi  «l'intento di mettere a disposizione dei lettori quanti più ingredienti possibili per nutrirsi di bellezza, di quella bellezza della parola e del segno che tanti libri illustrati oggi ci offrono e che attrae un pubblico sempre più variegato, non solo di bambini. Mettere a disposizione, lo sottolineo, perché questo è l’atto fondamentale di un evento culturale che voglia contribuire all’informazione e magari alla formazione dei lettori piccoli e grandi.  Per questo a Sàrmede si trovano fuori dagli scaffali, fuori dalle pagine dei libri, ma mai senza di loro, accomodate in grandi finestre sul pubblico, centinaia di immagini della fantasia venute da ognidove che ci invitano a guardare, ad ascoltare le loro storie, a esercitare il nostro pensiero e ad accogliere ammirati innumerevoli nuove, stupefacenti invenzioni.».

Le immagini della fantasia, infatti, offre da sempre un ampio sguardo sul mondo dell’illustrazione per l’infanzia, proponendo espressioni artistiche di spicco, per innovazione estetica e ricchezza narrativa. La Casa della fantasia accoglie ogni anno centinaia di illustratori, autori, editori e libri che raccontano il panorama internazionale in tutta la sua straordinaria varietà, e confermano il valore del libro illustrato come strumento di conoscenza e veicolo di bellezza. Un grande lavoro di ricerca e di intenso dialogo con il settore dà origine a molteplici sezioni espositive, che offrono un focus su trenta libri dal mondo del Panorama editoriale, l’incontro con un Ospite d’onore, l’ascolto di Fiabe dal Mondo, la scoperta di luminose stelle nascoste tra le pagine al Planetarium, per far sì che da Sàrmede piccoli e grandi lettori possano partire per altre avventure, di libro in libro. Promuovere la passione per l’illustrazione e la lettura, rivolgendosi a un pubblico sempre più ampio, è uno degli obiettivi che la Mostra persegue viaggiando instancabilmente. Partendo dalla storica prima tappa espositiva a Sàrmede, Le immagini della fantasia è stata presentata a Aix-en-Provence, Bratislava, Edimburgo, Firenze, Genova, Ginevra, Honfleur, Istanbul, Lisbona, Lubiana, Madrid, Milano, Monaco, Monza, Napoli, Sarasota (Usa), Siena, Parigi, Potenza, Roma, Salisburgo, Siviglia, Stoccarda, Venezia, Verona, Vicenza, Vienna.

Per questo, e per molto altro, di cui in parte potrete leggere in questo post, Le immagini della fantasia si rivela l'occasione perfetta, per chi ancora non l'avesse fatto, per conoscere una realtà unica come quella di Sàrmede.

Ospite d'onore: Giovanni Manna


Monica Monachesi e Giovanni Manna



Giovanni Manna è nato a Firenze nel 1966.
Dal 1995 lavora per l’editoria per l’infanzia interpretando grandi classici e racconti moderni e utilizzando principalmente la tecnica dell’acquerello, ma si dedica anche all’incisione e all’acquaforte. Ha pubblicato oltre ottanta titoli per numerose edizioni italiane e straniere, tra cui in Italia Rizzoli, Fabbri, Fatatrac, Mondadori, Salani, Piemme, Edizioni San Paolo, Messaggero di S. Antonio, C’era una volta, Cideb, EDB e nel mondo The Creative Edition (USA), Barefoot Books (Bath), Bohem Press (Zurigo), Grimm Press (Taipei), Tyrolia Verlag (Innsbruck). Le sue edizioni originali sono state tradotte in numerose lingue. Nel 2003 riceve il Premio Andersen italiano come migliore illustratore dell’anno. Nel 2012 è premiato con il Junior Library Guild americano. Dal 2006 insegna acquerello presso la Scuola Internazionale di Illustrazione Štěpan Zavřel. La sua vasta produzione connotata da un’instancabile ricerca iconografica e da un colto gusto per il dettaglio mostrerà il lavoro di un appassionato narratore che sa trasformare ogni parte del libro in un racconto. 


Uno sguardo ammirato sulla natura, incantato e al tempo stesso curioso di ogni dettaglio: forse lo stesso che avevo da bambino. Questo spirito guida ancora oggi il mio illustrare, in cerca di un’atmosfera, di un’evocazione, attraverso l’osservazione. Un’osservazione rivolta non solo alla natura, ma anche all’opera dell’uomo, e quindi all’arte, all’architettura, al costume, e pure a ciò che non vediamo ma che tesse intensamente la nostra storia, come la musica. La Scozia, luogo incantato dove il paesaggio, la cultura tradizionale, le leggende e la musica si intrecciano creando un piccolo universo dalla poetica unica, mi ha regalato profonde suggestioni: il mio giovane lettore, appoggiato al suo amico fantastico, vive nel suo immaginario questo mondo poetico inesprimibile a parole. Giovanni Manna


Giovanni Manna
per
LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32
Fiabe e leggende dalla Scozia

Giovanni Manna
per
LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32
Fiabe e leggende dalla Scozia

Giovanni Manna
per
LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32
Fiabe e leggende dalla Scozia


«Il lavoro di illustrazione di Giovanni Manna sembra essere soggetto a un dupice destino. Da vent'anni, spaziando tra fiabe, grandi classici della letteratura, testi sacri, riscritture di miti  e leggende, l'illustratore crea universi visivi che il lettore accoglie nella loro assoluta e purissima semplicità: pagine chiarissime e terse attraversate dall'acquerello di Manna, che vanno incontro a chi guarda, camminano verso lo spettatore, in quella che potremo definire come una costante ricerca di leggibilità e immediatezza.
Esattamente nello stesso momento però le tavole di Manna vibrano di eco distanti, difficili da captare tutte e da comprendere. Sono illustrazioni lontane dal clamore e dalla velocità della civiltà - e dell'editoria - contemporanea; è un disegnare che presuppone e restituisce un senso del tempo (quello del farsi dell'immagine - ovvero quello tecnico - quello "interno" della narrazione e quello "esterno" della lettura) dilatato, dai confini molto fluidi e permeabili. Questa nozione di tempo porta con sé il senso dell'eredità del passato e di una molteplice schiera di "precedenti" iconografici fra i quali Manna traccia costantemente legami, riannoda fili .[...]» "Alla fonte delle figure. A volo d'uccello sull'opera di Giovanni Manna" di Ilaria Tontardini (Hamelin Associazione Culturale)


Eroi e dei,
Laura Manaresi/Giovanni Manna,
Leonardo Publishing, 2009
(inchiostro di china e acquerello)

Eroi e dei
Laura Manaresi/Giovanni Manna,
Leonardo Publishing, 2009
(inchiostro di china e acquerello)

Odissea,
Laurea Manaresi/Giovanni Manna,
Fabbri, Milano 2003
(inchiostro di china e acquerello)


«[...] Le opere di Manna non saltano agli occhi per bizzaria o sperimentazione, ma si muovono rigorosamente nel territorio della tradizione; proprio in questo risiede la loro forza, per questo sono "pedagogicamente" controcorrente. Vengono in mente altri antenati, quei figurinai di cui Antonio Faeti ha ricostruito le vite nel suo Guardare le figure (Donzelli, 200). I disegnatori in questione, attivi tra le metà dell?Ottocento e gli inizi del secolo successivo, il cui tramonto viene identificato con l'avvento di un immaginario di massa imponentemente disneyano nel secondo dopoguerra, avevano un'ispirazione e radice comune che era l'imagerie popolare: questo costruiva un bagaglio iconografico che gli autori potevano condividere con i loro lettori, soprattutto quelli piccoli. Manna, che con questi artisti condivide un fortissimo senso di artiginalità del lavoro dell'illustartore, manifesta costantemente il desiderio di partire da un linguaggio universalmente condiviso, ma non standardizzato. E allora si guarda indietro, all'unico bacino di forme e figure che ci appartiene che è quello della storia dell'arte; lo fa con lo stupore del lettore della biblia pauperum, di chi sa quanto attraverso una figura si possa dire. [...]» "Alla fonte delle figure. A volo d'uccello sull'opera di Giovanni Manna" di Ilaria Tontardini (Hamelin Associazione Culturale)


Come San Giorgio sconfisse il drago,
Max Bolliger/Giovanni Manna,
Bohem Press Italia, 2005
(inchiostro di china e acquerello)

Galgano e la spada nella roccia,
Laura Manaresi/Giovanni Manna,
Messaggero di S. Antonio,
Padova, 2010
(inchiostro di china e acquerello)

Un cuscino di sogni,
Laura Manaresi/Giovanni Manna
Bohem Press Italia, 2014
(inchiostro di china e acquerello)

Un cuscino di sogni,
Laura Manaresi/Giovanni Manna,
Bohem Press Italia, 2014
(inchiostro di china e acquerello)

Un cuscino di sogni,
Laura Manaresi/Giovanni Manna,
Bohem Press Italia, 2014
(inchiostro di china e acquerello)


La mostra dedicata a Giovanni Manna, così com'è stata concepita, offre al visitatore la possibilità di entrare nella complessità e ricercatezza del suo lavoro artistico, di scostare il velo della trasparenza delle sua tavole per partecipare al percorso, disseminato di particolari, rimandi, sfumature, riferimenti, che conduce, solo dopo aver attraversato paesaggi, architetture, cambi di atmosfere, di le luci e le ombre,  all'origine delle storie.

Infine, per conoscere il procedimento della costruzione delle sue illustrazioni, in mostra sono stati esposti anche alcuni disegni preparatori che Manna ha usato per illustrare L'isola del tesoro di Stevenson. Piccoli esercizi di stile per comprendere la sua poetica. 


Giovanni Manna
Matite per L'isola del tesoro


«[...] Un piccolissimo chiaroscuro, il primo dello storyboard, è il punto in cui l'intero racconto trova la sua atmosfera. Una miniatura perfetta dedicata all'arrivo del vecchio lupo di mare, con il suo baule, alla locanda Ammiraglio Bendow. Nelle immagini successive, è il segno che indaga altri dettagli come abiti, arredi, oggetti, volti. Il chiaroscuro però torna qua e là, irresistibile, ad accarezzare flutti, a scavare grotte di isole lontane, a descrivere impenetrabili foreste tropicali che guardano il mare, a sottolineare lo sguardo della scoperta. [...]»Monica Monachesi"Verso l'isola del tesoro. Sguardo nel percorso creativo di Giovanni Manna"


Giovanni Manna
Matite per L'isola del tesoro

Giovanni Manna
Matite per L'isola del tesoro

L'isola del tesoro,
R. L. Stevenson/Giovanni Manna,
Fabbri, Milano, 2007
(inchiostro di china e acquerello)

L'isola del tesoro,
R. L. Stevenson/Giovanni Manna,
Fabbri, Milano, 2007
(inchiostro di china e acquerello)


Panorama 2014

30 illustratori e libri dal mondo
Panorama 2014 è il corpus centrale della mostra che guarda all’editoria internazionale e contribuisce alla vita del libro illustrato tra le mani di un bambino, di un genitore che lo leggerà ad alta voce, di un insegnante che lo userà a scuola o di un giovane illustratore che lo osserverà per la propria crescita artistica.

Come su carovane cariche di spezie preziose e profumate, le illustrazioni viaggiano per mesi su vie ben note o appena scoperte e finalmente arrivano a Sàrmede. Cibi prelibati per gli occhi e per la mente, libri dai sapienti sapori compongono uno straordinario banchetto alla Casa della fantasia, imbandito per numerosi ed esigenti invitati. Ci vuole il giusto tempo per assaporare tutto tra le pagine, ad occhi ben aperti oppure socchiusi.




«Gli assaggi trasportano in mezzo al Mare“dove c’è tanto sale da gustare, molte leggende da raccontare e molte vite da scoprire, che siano di pesci o di pirati”, o aiutano a superare la paura dell’acqua (Uma onda pequenina).


Mare
Ricardo Henriques, André Letria, 
La Nuova Frontiera Junior, 2014 
(digitale)

Uma onda pequenina
Isabel Minhós Martins, 
Yara Kono, 
Planeta Tangerina, 2013
(tecnica mista e elaborazione digitale)


E c’è da aspettare Se vuoi vedere una balena o un germoglio che spunta; la pazienza, la cura, la fiducia sono gli ingredienti anche di E poi... è primavera.



Se vuoi vedere una balena

Julie Fogliano, Erin E. Stead,
Babalibri, 2014 (grafite e linoleumgrafia)

- qui qui e qui in Gavroche - 


Si divora spirito d’osservazione a quattro palmenti per giocare con Il cavaliere Coraggio e La Principessa Attacco, ci vuole il coraggio di Pollicino per sconfiggere l’orco di Pulgarcito, e si ammette di essere piccoli di fronte a cose che chi ci ama annulla con un gesto (Soy pequeñito).



La principessa all'attacco,

Delphine Chedru,

Franco Cosimo Panini, 2012 (digitale)


Pulgarcito, Giovanna Ranaldi,
Milimbo, 2013 (graffito, acrilico, grafite)

Soy pequeñito,
Juan Arjona, Emilio Urberuaga,
A Buen Paso, 2013
(tecnica mista e elaborazione digitale)


Nella Strana Enciclopedia, ci sono più di trecento animali, conditi con ironia e immaginazione, che non manca di certo a Nino che inventa i suoi giochi più belli con il cane che non ha (Het hondje dat Nino niet had), né ai sei coniglietti intenti a fantasticare che cosa fare con La carota gigante.


Strana Enciclopedia,

Adrienne Barman,

 Rizzoli, 2014,
(inchiostro di china e colore digitale)

Het hondje dat Nino niet had,
Edward Van de Vendel,
 Anton Van Hertbruggen, De Eenhoorn, 2013
(tecnica mista e elaborazione digitale)

La carota gigante,
Satoe Tone,
Kite Edizioni, 2013
(acrilico)

- qui in Gavroche -


Nasce un puledro e Babak dipinge un libro intero in un’immagine sola, fitta di piccole scene di vita del villaggio. L’elefantino di Vacarme ritrova pace solo nell’armonia della natura.  

Babak,
Alain Serres, Vanessa Hié,
Rue du monde, 2012
(acrilico su collage)


Vacarme,
Ga
ëtan Dorémus,
Notari, 2014,
(collage, grafite, gouache)


Sette parole mammalucchigne nella ricetta di Camilleri per i lettori di Magarìa mentre l’Attacchino riconquista un dialogo perduto con una magia grande come i muri di un’intera città.



Magarìa,
Andrea Camilleri, Giulia Orecchia,
Mondadori, 2013
(tecnica mista e elaborazione digitale)


Attacchino,
Bruno Tognolini, Gianni De Conno,
Gallucci, 2013 (acrilico digitale)


racconti della mamma sono al centro di Il sogno delle stagioni e un libro intero poi è tutto per lei, La mamma, generatrice di vita, nutrimento, amore.



Il sogno delle stagioniArianna Papini,
Donzelli, 2014 (acrilico, pastello,
inchiostro di china, grafite, collage su carta)
La mamma, Mariana Ruiz Johnson,
Kalandraka Italia, 2013
(digitale)


Si può persino scoprire come cibarsi quotidianamente di bellezza con Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno, o esclamare Oh, i colori! ammirando una rima che danza con l’acquerello. 

Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno
Silvia Vecchini, Marina Marcolin, 
Topipittori, 2014 (acquerello)

Oh, i colori!,
Jorge Luján, Piet Grobler,
Lapis, 2014 (acquerello)


Si possono socchiudere gli occhi e aprire bene la mente con la storia di Re Tigre, oppure seguire l’orango Pongo e raggiungere il cuore della foresta pluviale, o ritrovarsi naufrago tra naufraghi in un’isola deserta (El Señor de las Moscas).


Re Tigre,
James Thurber,
 JooHee Yoon,
ELSE Edizioni/Orecchio Acerbo, 2014 (serigrafia)
- qui in Gavroche -


PongoJesse Hodgson, 
Flying Eye Books, Nobrow, 2013
(matite colorate e elaborazione digitale)

El Señor de las Moscas
William Golding, Jorge González,
Libros del Zorro Rojo, 2014

(grafite, pastello, acrilico, elaborazione digitale) 


Il viaggio, si sa, è una delle vitamine più forti che si possa spremere da un libro e infatti si raggiungono tra le pagine persino Sufi, bestie e sultani, si va in India con l’arte Gond di Creazione o in Corea per scoprire che cosa accomuna I giganti e le formiche


Sufi, bestie e sultani,
 Jalâl âlDîn Rûmî e Nooshin Safakhoo,
Topipittori, 2014 (penna, collage e elaborazione digitale)

Creazione,
Gita Wolf, Bhajju Shyam,
Salani, 2014 (serigrafia)

I giganti e le formiche,
Cho Won hee,
Orecchio Acerbo, 2014
(acquerello su carta coreana, elaborazione digitale
)


Si torna in Europa con Fuorigioco e il calcio diviene luogo di un gesto eroico che resta nella storia degli uomini che ripudiano il supruso.


Fuorigioco,
Fabrizio Silei, Maurizio Quarello,
Orecchio Acerbo, 2014
(olio su carta)


Due libri Virginia Wolf, la bambina con il lupo dentro e Jane, la volpe e io per degustare il talento di Isabelle Arsenault finalmente alla portata dei lettori italiani, altri due per Magali Le Huche: Ettore e, su testo di Bernard Friot, Gli invitati.


Virginia Wolf, 
la bambina con il lupo dentro
Kyo Maclear
e Isabelle Arsenault, 
Rizzoli, 2014
(tecnica mista e elaborazione digitale) 
- qui in Gavroche -


Gli invitati,
Bernard Friot, Magali Le Huche,
Clichy, 2014 (grafite e colore digitale)


Una Gelsomina sorridente invita a scoprire la storia di Federico, e La stella di Natale racconta del quarto Re Magio. 


Federico, Eva Montanari,
Kite Edizioni, 2014
(tecnica mista)

La stella di Natale. Il racconto del quarto Re Magio, 
Bernard Villot, Frédérick Mansot, 
Jaca Book, 2013 (gouache su tessuto) 


Sguardi e gesti di vecchie foto di famiglia, infine si trasformano in immagini da sogno per la poesia di Giusi Quarenghi in Sonno gigante, sonno piccino.


Sonno gigante, sonno piccino,
Giusi Quarenghi, Giulia Sagramola,
Topipittori, 2014 (digitale)
- qui in Gavroche 
-


Niente di meglio che un Telefono senza fili, come quello di Renato Moriconi, per dire a tutti: “Vieni anche tu alla Casa della fantasia!»                              Monica Monachesi (curatore della mostra)


Telefono senza fili,
Ilan Brenman, Renato Moriconi,
Gallucci, 2014 (olio su legno)


Planetarium - stelle tra la pagine di un libro
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno
di Silvia Vecchini e Marina Marcolin



Questo libro è per te.
Sì, esattamente per te.
Lo puoi utilizzare così.



Proprio come stelle da osservare al planetario, ci sono punti luminosissimi nelle pagine di un libro e a osservarli bene si può arrivare molto lontano. Planetarium è la sezione della mostra che offre strumenti e approfondimenti intorno ad un libro in particolare. Le autrici di Poesie della notte, del giorno e di ogni cosa intorno (Topipittori, 2014) danno il via a un percorso scintillante di idee e spunti sulla scrittura e sul disegno.

A Silvia Vecchini le parole e il gioco con la poesia, a Marina Marcolin il disegno, l’acquerello e l’osservazione di ogni cosa intorno. "Un lavoro di scavo paziente, concentrato e segreto per portare a galla dal prodigioso giacimento dell’infanzia e dell’adolescenza gemme di inaudito splendore: istanti di bellezza folgorante, lampi di sofferenza sconosciuta, sprazzi abbaglianti di consapevolezza. Un percorso misterioso e, al tempo stesso, familiare, fra il tempo quotidiano dei giorni e quello sospeso del cuore, a volte opaco, a volte forsennato, nel suo ritmo imprevisto e irregolare. Un libro che, senza paura, vola alto, altissimo, per affermare il diritto all’altezza di un’età che come poche altre non teme il coraggio e la paura di quell’umanissima impresa che è conoscere se stessi".


Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014


Osserva bene e senza fretta ogni dettaglio.
Fermati solo quando nulla ti è più
sconosciuto e tutto ti è familiare.
Lasciati stupire dalle forme e dai colori
che possono essere diversi da quanto
ti aspettavi, dalla luce che svela
e dall’ombra che accarezza.



Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014

Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014

Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014

Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014

Silvia Vecchini/Marina Marcolin,
Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno,
Topipittori, Milano, 2014



Fiabe dalla Scozia: il libro


Il Canto delle Scogliere è il decimo titolo della collana "Le immagini della fantasia" edita da Franco Cosimo Panini Editore (qui e qui in Gavroche), dieci anni dedicati al viaggio nel mondo delle fiabe! Dieci fiabe e leggende dalla Scozia trascritte da Luigi Dal Cin e dieci illustratori in una sorprendente carrellata di voci. 
(n.d.r. Il libro sarà in libreria da novembre e disponibile in versione audio nella biblioteca digitale di RADIO MAGICA).

Illustratori: Anine Bösenberg, Philip Longson, Lizzy Stewart (Regno Unito, Scozia), Clotilde Perrin (Francia), Mina Braun (Germania) Aurora Cacciapuoti, Giovanni Manna, Marina Marcolin, Marco Paschetta, Marco Somà (Italia), con la collaborazione dell’Edinburgh College of Art e dello Scottish Storytelling Centre di Edimburgo.


Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(copertina di Giovanni Manna)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Mina Braun)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Clotilde Perrin)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Philip Longson)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Marco Somà)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Lizzy Stewart)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Aurora Cacciapuoti)

Luigi Dal Cin/AA. VV.,
Il Canto delle Scogliere,
Franco Cosimo Panini Editore,
collana Le immagini della fantasia,  2014
(Anine Bösenberg)


Dodici mesi in Scozia

Una sezione espositiva realizzata in collaborazione con l’Edinburgh College of Art e l’autrice scozzese Vivian French per incontrare la Scozia e le sue tradizioni in un emozionante viaggio lungo un anno, con le illustrazioni di: Anine Bösenberg, Laura Clark, Laura Darling, Hannah Foley, Jonathan Gibbs, Alexander Jackson, Cate James, Amy Johnston, Philip Longson, Kasia Matyjaszek, Kate McLelland, Eilidh Muldoon.






Fiabe dalla Scozia: illustratori

Una serie di illustrazioni dedicata alle fiabe e leggende dalla Scozia completa questa sezione della mostra, dando spazio anche alle voci più interessanti della ScuolaInternazionale d’Illustrazione Štěpan Zavřel.
Sguardi su paesaggi e atmosfere scozzesi nelle illustrazioni di:
Marcella Basso, Anine Bosenberg, Mina Braun, Aurora Cacciapuoti, Laura Clark, Paola Codutti, Ailadi Cortelletti, Sara Dalla Pozza, Laura Darling, Evelyn Daviddi, Laura Davis, Ran Flygenring, Hannah Foley, Anna Forlati, Jonathan Gibbs, Philip Giordano, Catherine Anne Hiley, Alexander Jackson, Cate James, Amy Johnston, Philip Longson, Giovanni Manna, Marina Marcolin, Kasia Matyjaszek, Kate McLelland, Domenica More Gordon, Irene Moresco, Eilidh Muldoon, Lucie Mullerova, Annamaria Nizi, Marco Paschetta, Chiara Pasqualotto, Clotilde Perrin, Debora Persico, Rita Quattrocchi, Leona Šňuparkova, Marco Soma, Lizzy Stewart, Emily Sutton, Keith Thompson, Gerry Turley, Francesca Vignaga, Gianfranco Virgilio, Francesca Zoboli.



Emily Sutton

  
Aurora Cacciapuoti

Marco Somà

Philip Giordano

Marco Paschetta

Domenica More Gordon



Fiabe dalla Scozia: Edinburgh Printmakers

Mina Braun, Laura Davis, Catherine Hiley, Keith Thompson, Gerry Turley vivono e lavorano in Scozia.
Si sono incontrati nello studio Edinburgh Printmakers e con le loro illustrazioni raccontano la passione per le tecniche di stampa e testimoniano l’energia che sta attorno a questo laboratorio, centro di incontro e sperimentazione aperto a tutti e che mette a disposizione attrezzature per la serigrafia, la litografia, l’acquaforte e la stampa in rilievo.


Catherine Hiley, Sotto i ghiacci


Mina Braun, La pioggia mi porta via

Gerry Turley,
Woooo,
David Fickling Books, 2014


Il magico mondo di Štěpan Zavřel

Štěpan Zavřel (Praga, 1932 - Rugolo di Sàrmede TV, 1999).
Tra gli illustratori più importanti e rappresentativi del panorama europeo di questi ultimi trent’anni, artista poliedrico e dalle straordinarie risorse inventive, si è dedicato anche al film d’animazione, alla scenografia e all’affresco. Coideatore della mostra Le immagini della fantasia e fondatore della Scuola Internazionale d’Illustrazione, Štěpan Zavřel ha dedicato tutta la sua vita all’arte e all’illustrazione lasciando un fermento creativo che ancora oggi continua a far nascere idee e progetti.

A un passo dalla Casa della fantasia, il Palazzo Municipale di Sàrmede e oggi la sede del Museo Štěpan Zavřel dove sono esposte ottanta opere dell’artista.

Affreschi nel paese della fiaba
Sono più di cinquanta gli affreschi e i dipinti murali realizzati da Štěpan Zavřel e da altri illustratori. Gli itinerari di visita con la guida di un esperto della Fondazione sono rivolti a famiglie, adulti e bambini. In collaborazione con l’Ass. Piuma Blu.


LA GAZZA LADRA

Cinquant'anni da festeggiare
Il capolavoro dell’animazione italiana di Giulio Gianini e Emanuele Luzzati, nato nel 1964 su musica di Rossini, festeggia i suoi cinquant’anni e la Gazza Ladra danza nella Casa della fantasia dopo essere stata al Museo del Cinema di Torino.
“Coadiuvati da un giovane Štěpan Zavřel, per il quale questa esperienza fu un ricordo indelebile e fonte di ispirazione per i suoi lavori futuri, e con il quale Gianini e Luzzati strinsero una duratura amicizia,” racconta Carla Rezza Gianini, “realizzarono un’opera da funamboli, in cui seguiamo incantati le evoluzioni spettacolari di un piccolo uccello nero, attraverso il quale gli autori svelano il loro animo, affermando il valore della libertà e della giustizia. [...] Gianini e Luzzati consideravano La Gazza Ladra la loro opera più riuscita: a guardarla e riguardarla non riuscivano a trovarle difetti. D’altro canto, come dargli torto? Basta assistere a una sola proiezione per rendersi conto di essere di fronte a un’opera d’arte totale, in un crescendo di gioia per gli occhi e per la mente.”
In mostra i rodovetri della danza della Gazza Ladra restaurati da Antonella Abbatiello.


Giulio Giannini/Emauele Luzzati
musiche di Gioachino Rossini,
L'italiana in Algeri,  Pulcinella (Il turco in Italia),
La gazza ladra,

con 3 DVD con libro,
Gallucci Editore, Roma, 2009

La gazza ladra, Emanuele Luzzati



IL LIBRO DEI COLORI

Un capolavoro di Mafra Gagliardi e Štěpan Zavřel del 1972 fino ad oggi edito solo in lingua giapponese fresco di stampa per Bohem Press Italia.

Un giorno in un giardino incantato arriva uno strano omino, sottile e grigio come l’ombra della sera. Sfiora le piante e gli animali con la sua spugna magica e ruba così il loro colore. Solo un bambino può rompere l’incantesimo...


Mafra Gagliardi e Štěpan Zavřel,
Il ladro di colori,
Bohem Press Italia, 2014

Mafra Gagliardi e Štěpan Zavřel,
Il ladro di colori,
Bohem Press Italia, 2014

Mafra Gagliardi e Štěpan Zavřel,
Il ladro di colori,
Bohem Press Italia, 2014

Mafra Gagliardi e Štěpan Zavřel,
Il ladro di colori,
Bohem Press Italia, 2014



CALENDARIO EVENTI

Un ricco programma di incontri con illustratori e autori che presentano libri e parlano di come si racconta con le illustrazioni e con le parole; inoltre travolgenti letture animate per abbandonarsi all’ascolto di storie sempre nuove, e poi laboratori, musica, tour tra gli affreschi, corsi d’illustrazione specializzati e laboratori per adulti, nella Casa della fantasia!
Per offrire sempre di più al pubblico e per condividere con il territorio le presenze di settore che la mostra coinvolge, si è attivata una felice sinergia con la Biblioteca di Montebelluna e la rete Bam; alcuni illustratori ed esperti (Else Edizioni, Giovanna Ranaldi, Giulia Sagramola, Marco Somà, Ilaria Tontardini) incontreranno i bambini anche in Biblioteca. Altri appuntamenti presso la Libreria dei Ragazzi Il Treno di Bogotà di Vittorio Veneto. Scarica il Programma eventi

Incontri con illustratori, autori e laboratori creativi del fine settimana
Una serie di occasioni da non perdere per incontrare illustratori, autori e libri illustrati. Tante storie e tante idee, da cogliere e rielaborare per inventare qualcosa di nuovo, qualcosa che ogni bambino, da solo o con mamma e papà, porterà via con se.
Con Antonella Abbatiello e Carla Rezza Gianini, Ass. Maga Camaja, Luigi Dal Cin, Eleonora Cumer, Marta Farina, Dino Maraga e Mary Dal Cin, Marco Paschetta, Giulia Sagramola, Marco Soma, Giovanna Ranaldi, Ilaria Tontardini, Marina Marcolin e Silvia Vecchini. Su prenotazione.

Letture animate
Tanti appuntamenti per abbandonarsi al piacere dell’ascolto, tra incanto, risate e suspense, e per riscoprire ogni volta che la lettura trasporta in mondi fantastici!

Radio Magica
Ogni venerdì appuntamento radiofonico con le letture dal libro Il Canto delle Scogliere, fiabe dalla Scozia. In collaborazione con Radio Magica, la prima radio-biblioteca online gratuita e per tutti. www.radiomagica.org Ascoltala anche alla Casa della fantasia!


CORSI AUTUNNALI 2014 
della Scuola Internazionale d'Illustrazione

Nel 1988 Štěpán Zavřel organizza i suoi primi corsi di illustrazione, inizia così la storia della Scuola Internazionale d'Illustrazione di Sàrmede che dal 1991 cresce e si trasforma negli anni con il sostegno del Comune di Sàrmede, della Provincia di Treviso e della Regione del Veneto.

Percorsi formativi
La Scuola offre percorsi formativi di vario livello: corsi base per chiunque desideri avvicinarsi con passione al mondo dell’illustrazione e corsi avanzati per il perfezionamento artistico.
I docenti sono artisti di fama internazionale che sviluppano propri sistemi d'insegnamento, già collaudati anche in altre sedi in Italia e all'estero.

Oltre alla tradizionale sessione estiva, sono in programma ulteriori appuntamenti autunnali rivolti ad illustratori, insegnanti, operatori culturali e genitori.

Collaborazioni
La Scuola di Sàrmede offre inoltre, alle classi dei Licei e degli Istituti d’Arte, l’opportunità di incontrare e lavorare con illustratori e professionisti di fama internazionale.
Le proposte formative rappresentano momenti di approfondimento e di alta specializzazione nel campo dell’illustrazione, nelle discipline pittoriche e grafiche, nel settore dell’editoria e della stampa.



1. Rapiti - Laboratorio di serigrafia
Else, Edizioni Libri Serigrafici e altro (qui in Gavroche)
CORSO PER TUTTI - ISCRIZIONI ENTRO L'1 OTTOBRE 2014
Da L. R. Stevenson alla serigrafia: un percorso di illustrazione e stampa serigrafica a due colori sulle orme del grande romanziere e viaggiatore scozzese, per la realizzazione di un albo illustrato, stampato in serigrafia e allestito a mano.

Sabato 25 ottobre: 14.30 - 19.00
Domenica 26 ottobre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 170 euro







2. Workshop di acquerello e uso dello sketch book
Marina Marcolin, illustratrice CORSO PER TUTTI
Corso per avvicinarsi ed approfondire l’uso dell’acquerello nelle sue molteplici possibilità, dal taccuino degli schizzi alle tavole definitive.

Sabato 1 novembre: 14.30 - 19.00
Domenica 2 novembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro

Info orari e materiali





3. Riconoscere e dare agli altri le nostre immagini. Il mestiere di illustratore tra pubblico e privato
Arianna Papini, illustratrice

CORSO PER TUTTI
Attraverso lo schema munariano dell’idea che sta alla base della comunicazione artistica e letteraria, il corso vuole offrire le basi per lo sviluppo di un progetto. Dalla narrazione di sé stessi e delle proprie storie si giungerà ad un inizio, o ad un’ipotetica copertina, che potrà in seguito essere sviluppata per concorsi o progetti da proporre agli editori. Ai partecipanti si chiede di portare uno solo dei propri disegni, il più significativo.

Sabato 15 novembre: 14.30 - 19.00
Domenica 16 novembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro

Info orari e materiali





4. Il narratore affamato - Come raccontare le fiabe ai bambini
Giacomo Bizzai, attore

CORSO PER TUTTI
Per arricchire le proprie capacità di recitazione e di lettura. Si consiglia di vestirsi comodi. Corso indicato per insegnanti, genitori e operatori culturali.

Sabato 22 novembre: 14.00 - 18.00
Domenica 23 novembre: 9.00 - 13.00 e 14.00 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro

Per questo corso non sono richiesti materiali particolari.




5. Immagini per il Natale
Svjetlan Junaković, illustratore

CORSO PER TUTTI
Corso sul tema del Natale con tecniche miste per realizzare cartoline e biglietti natalizi. Due tra le illustrazioni prodotte durante il corso saranno premiate con un corso breve autunnale di due giorni da utilizzare durante il 2014 e 2015, in collaborazione con la Latteria Perenzin. Alcune immagini saranno selezionate per realizzare la campagna natalizia 2015 di A.B.C. Associazione per i Bambini Chirurgici del Burlo onlus.

Sabato 22 novembre: 14.30 - 19.00
Domenica 23 novembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro

Info orari e materiali





6. Forbici alla mano per costruire emozioni di carta
Octavia Monaco, illustratrice
CORSO PER TUTTI
La sorpresa di tagli e ritagli, ovvero frammenti di carte da noi realizzate, sperimentando effetti di textures e sedimenti di colore. La finalità sarà di dare forma e vita ad emozioni da intrepretare e rivelare, individuando alfine le parole che, come un filo rosso, uniranno in un percorso unitario e di senso, le illustrazioni che saranno l’esito di attento caso e ispirata volontà.

Sabato 29 novembre: ore 14.30 - 19.00
Domenica 30 novembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro

Info orari e materiali






7. Universi inattesi. Imparare a disegnare leggendo le immagini.
Monica Monachesi, curatore della mostra Le immagini della fantasia

CORSO PER TUTTI
Due giornate tra le pagine dei libri illustrati e tra colori, carte e ritagli, per osservare le immagini e comprenderle, con sperimentazioni pratiche e riflessioni su percorsi operativi, per imparare a disegnare, a raccontare e per scoprire miniere di idee e di spunti fuori dal comune. Universi inattesi e concreti prodigi, ecco che cosa si può incontrare dedicando il giusto tempo ad un bel libro illustrato! Per saperne di più potrai leggere degli articoli sul corso: Non preoccuparti, occupati! e Universi inattesi.

Sabato 29 novembre: 14.30 - 19.00
Domenica 30 novembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro





8. Un libro, una villa, un incantesimo. Concorso Internazionale d’Illustrazione dell’Istituto Regionale Ville Venete
Giovanni Manna, illustratore

CORSO AVANZATO 
Avendo l’obiettivo di illustrare un racconto ambientato nella splendida Villa vicentina Valmarana ai Nani, il corso avrà inizio in questa sede, con una visita guidata dal docente nel pomeriggio di venerdì 5 dicembre. Il 6, 7 e 8 dicembre il corso prosegue a Sàrmede. Al termine, la giuria selezionerà l’allievo che illustrerà il libro pubblicato a cura dell’Istituto Regionale Ville Venete.

Clicca qui per consultare il regolamento del Concorso.
Tecnica libera

Da venerdì 5 a lunedì 8 dicembre 2014
Venerdì: 14.30 - 17.00 incontro a Villa Valmarana ai Nani, Stradella dei nani, 8 – Vicenza
Sabato e domenica: 9.30 - 19.00
Lunedì: 9.30 - 18.00

Contributo richiesto: 160 euro





9. Si può imparare a scrivere? Gli strumenti dello scrittore per ragazzi.
Luigi Dal Cin, autore
CORSO PER TUTTI
Come costruire un testo narrativo che sia affascinante? Come esercitare l’invenzione? Come costruire un dialogo o una descrizione? Il corso analizza gli elementi fondamentali che sorreggono la scrittura di tutti i testi narrativi e, in particolare, di quelli rivolti a giovani lettori.

Sabato 6 dicembre: 15.00 - 19.00
Domenica 7 dicembre: 9.30 - 18.00
Lunedì 8 dicembre: 9.30 - 16.00

Contributo richiesto: 200 euro
Per questo corso non sono richiesti materiali particolari.





10. L’immagine Scintilla
Eva Montanari, illustratrice

CORSO PER TUTTI
Dove nasce l’idea di un albo illustrato? Molto spesso, se è l’illustratore stesso a concepirla, nasce proprio dall’immagine che fa scattare la scintilla. Il corso innescherà la ricerca tramite silhouettes, collage, pastelli e monotipo, e con esercizi collettivi stimolerà lo sviluppo della scintilla. Oltre allo sviluppo narrativo dell’idea i temi trattati saranno: storyboard e ritmo del libro, composizione, inquadratura, rapporto testo-immagine, stile e scelte tecniche.

Sabato 13 dicembre: 14.30 - 19.00
Domenica 14 dicembre: 9.30 - 18.00
Contributo richiesto: 140 euro


Info e Orari

LE IMMAGINI DELLA FANTASIA 32

26.10.2014 - 18.01.2015
Casa della fantasia
Via Marconi, 2 - 31026 Sàrmede TV Italia

Orari:
feriali (dal lun. al ven.) 9.00 - 17.00
festivi e prefestivi 10.00 - 21.30

dal 26.12.2014 al 04.01.2015:
ore 10.30 - 19.00

Giorni di chiusura:
22, 23, 24, 25 e 31 dicembre 2014

Ingresso:
intero 3 euro
ridotto 2,50 euro (soci Banca Prealpi, soci Coop)
gratuito ai bambini fino alla scuola dell’obbligo.

Laboratori creativi del fine settimana
Per bambini dai 4 ai 13 anni.
Contributo: 3 euro a bambino, durata un’ora.
Prenotazioni:
da lunedi a venerdi dalle 16.00 alle 18.00
tel. 0438 959582

Il mondo di Štěpan Zavřel
25.10.2014 - 18.01.2015
Museo Zavřel
Palazzo Municipale, via Marconi, 2 - 31026 Sarmede TV

Orari:
sabato, domenica e festivi:
10.00 - 12.30, 14.30 - 19.00

Giorni di chiusura:
dal 22 dicembre 2014 al 2 gennaio 2015
Ingresso gratuito

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Fondazione Mostra Internazionale d'Illustrazione per l'Infanzia Štěpán Zavřel
c/o Casa della Fantasia
Via Marconi, 2 - 31026 Sàrmede (Treviso) - Italia

Tel. +39 0438 959582+39 0438 959582
Fax. +39 0438 582780
www.sarmedemostra.it
info@sarmedemostra.it
Skype: mostra.sarmede

ZOSIA DZIERZAWSKA: UNO SGUARDO "A TESTA IN GIÙ" SUL MONDO DELL'INFANZIA

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Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014




Zosia Dzierzawska,
"October",
Calendario Studio Armad'illo 2014
Zosia Dzierzawskaè nata nel 1983, a Varsavia. Dopo gli studi universitari in letteratura comparata, ha lavorato come insegnante e traduttrice, finché l'illustrazione non ha cambiato il corso della sua vita. Un pomeriggio di settembre, a Milano, si è iscritta al corso di illustrazione editoriale di MiMaster. Da allora non ha più cambiato idea e ha felicemente pubblicato fumetti e libri illustrati in Italia, Polonia e Gran Bretagna. Suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre fra le quali Bologna Illustrators Exhibition, Palais am Festungsgraben, a Berlino, Society of Illustrators, New York. Vive fra Zurigo, dove abita, Varsavia, sua amata città natale, e Milano, presso Studio Armad’illo, cioè la sua casa nonché famiglia artistica. In Italia ha pubblicato con Rizzoli (Immagini da lontano di Mariapia Veladiano, 2013), Panini (Entra nell'arte del '900, di Marina Pugliese e Daniela Bastianoni) Liber (n. 92), Corraini (sul magazine "Illy Words" - giugno 2014 ed è suo uno dei biglietti della collezione per il prossimo Natale. I suoi lavori sono stati inclusi nell’Antologia di fumetto femminile polacco, Golden Bees, Złote Pszczoły, concepita e scritta da Monika Powalisz e, tra gli altri, su "Nobrow #9" (qui in Gavroche). A testa in giùè il sesto titolo della collana (gli anni in tasca) GRAPHIC dei Topipittori

La prima esposizione delle tavole originali e presentazione del libro A testa in giù: sarà stasera, martedì 18 novembre, al Polski Kot - Torino, ore 19.30 (inaugurazione mostra e presentazione del libro preceduti da aperitivo polacco), mentre domani, mercoledì 19 novembre, allo Spazio b**k - Milano ore 19,30 - ci sarà la presentazione del libro. Zosia sarà poi a Bilbolbul - Bologna 20/23 novembre - e per sapere le altre date... seguite  il suo blog "Slow learner".


Zosia Dzierzawska,
ricerca per A testa in giù


Mentre inizio a scrivere questo post, imparo da Lisa Topi che Zosia, a sua volta, ne sta scrivendo uno per presentare A testa in giù sul blog dei Topipittori, e decido di attendere a pubblicarlo perché mi piace l'idea che le parole di una lettrice, le mie, siano precedute dal regalo di un primo sguardo sul libro fatto dell'autrice e che senza leggere l'una quelle dell'altra possa crearsi, così, complice la curiosità, una sorta di gioco di specchi, dove i nostri pensieri prospettici possano trasformarsi in un rimando di riflessioni su questa biografia d'infanzia che sembra essere il titolo di perfetta fusione tra tra la sezione graphic novel e quella di sole parole della collana Gli anni in tasca (quiqui, qui, qui equi in Gavroche)




Zosia Dzierzawska,
ricerca per A testa in giù


«Oggi mi rivolgo a voi come soldato e come capo del governo polacco. Mi rivolgo a voi riguardo a questioni di straordinaria importanza. La nostra patria è sull'orlo del collasso. I risultati di molte generazioni e la casa polacca che è stata costruita dalla polvere sono in procinto di trasformarsi in rovina. Le strutture dello Stato cessano di funzionare. Ogni giorno offre nuovi colpi per il declino economico (...) Il clima di conflitti, incomprensioni, odio provoca la degradazione morale, supera i limiti di tolleranza. Gli scioperi, la prontezza allo sciopero, e le azioni di protesta sono diventati una norma di vita. Anche i giovani studenti vi sono stati coinvolti. Ieri sera, molti edifici pubblici sono rimasti sequestrati. Grida si levano, di rappresaglie fisiche contro i 'rossi', contro persone che hanno opinioni diverse. I casi di terrorismo, minacce, vendetta e di violenza, anche diretti, sono in aumento. Un'ondata di impudenti delitti, rapine e furti è in corso in tutto il paese. Le fortune degli squali del mercato nero, già a milioni, sono in crescita. Caos e demoralizzazione hanno raggiunto la dimensione di una catastrofe. Le persone hanno raggiunto il limite di tolleranza psicologica. Molte persone sono preda della disperazione. Non solo i giorni, ma ciascuna ora sta portando l'intera nazione al disastro (...) Cittadini! Il carico di responsabilità che ricade su di me in questo momento drammatico nella storia della Polonia è enorme. E' mio dovere di prendere questa responsabilità - per quanto riguarda il futuro della Polonia, per la quale la mia generazione ha combattuto su tutti i fronti della guerra e per i quali ha sacrificato i migliori anni della propria vita. Dichiaro che oggi il Consiglio Militare di Salvezza Nazionale è stato formato. In conformità con la Costituzione, il Consiglio di Stato ha imposto la legge marziale in tutto il paese. Vorrei che tutti capissero i motivi delle nostre azioni. Il nostro obiettivo non è un colpo di stato militare, una dittatura militare (...) Nel lungo termine, nessuno dei problemi della Polonia può essere risolto con l'uso della violenza. Il Consiglio Militare di Salvezza Nazionale non sostituisce gli organi costituzionali del potere. Il suo unico scopo è quello di mantenere l'equilibrio giuridico del paese, per creare le garanzie che diano la possibilità di ripristinare l'ordine e la disciplina. Questo è il modo migliore per portare il Paese fuori dalla crisi, per salvare il paese dal collasso (...) Mi appello a tutti i cittadini. Un tempo di difficili prove è arrivato. E dobbiamo superarle, al fine di dimostrare che siamo degni della Polonia. Davanti a tutto il popolo polacco e al mondo intero vorrei ripetere le parole immortali: La Polonia non è ancora perduta, finché viviamo ancora!» Wojciech Jaruzelski, Stan wojenny w Polsce 1981-1983


Con questo discorso alla televisione polacca alle sei del mattino del 13 dicembre 1981, il generale dell'esercito Wojciech Jaruzelski dichiarò la legge marziale in Polonia (in polacco Stan wojennystato di guerra). Anche se non c'era una guerra reale al momento, la giunta militare guidata da Jaruzelski e dal Consiglio Militare di Salvezza Nazionale (Wojskowa Rada Ocalenia Narodowego, WRON) usurparono per sé i poteri riservati per il tempo di guerra, da cui il nome. Con l'introduzione della legge marziale, il governo comunista della Repubblica Popolare Polacca limitò drasticamente la vita quotidiana delle persone, nel tentativo di schiacciare l'opposizione politica, guidata dal movimento di Solidarnosc. Migliaia di attivisti dell'opposizione furono internati senza accuse formali e molti vennero uccisi (la legge marziale fu revocata nel 1983, ma molti dei prigionieri politici non vennero rilasciati fino all'amnistia generale del 1986).

È questo il clima, il quadro storico, in cui, nel 1981, Ewa e Bogdan, studenti universitari attivamente coinvolti in Solidarnosc, vivono in un appartamento di Varsavia, in attesa che il 22 aprile 1983, alle ore 14:03, nasca la piccola Zosia. 

E, questo, è il punto di inizio da cui Zosia ha deciso di partire per raccontare la sua biografia d'infanzia. 



Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014



Mano a mano che le pagine del racconto di Zosia procedono, che le tavole si susseguono, diviene sempre più evidente quanto, ancora una volta, le biografie d'infanzia siano uno degli strumenti imprescindibili, diretti, più ricchi e interessanti, a cui attingere per aggiornare, quindi ampliare, quell'enciclopedia di tipologie di vita che sono il riferimento primo di conoscenza quando si parla di bambine e di bambini, appunto di infanzie.

Ho dedicato un tempo forse troppo lungo allo studio dell'annosa questione dell'autenticità di questa tipologia di scritti. In particolare, alla ricerca se le suddette biografie sgorghino da un ricordo puro, in grado di preservare intatte le cose e quindi capace di restituircele quasi cristallizzate nella loro perfezione, per semplificare, o se le esse non siano piuttosto il frutto della revisione, meglio di una rielaborazione, della memoria adulta, e quindi di un racconto che, dentro un quadro spazio-temporale ed emotivo altro, selezioni e riordini dando nuove forme ai ricordi delle nostre storie.

Leggendo e rileggendo, chiedendo di raccontare e ascoltando, scrivendo e cercando conferma in altri testimoni delle medesima storia, mi sono fatta l'idea che, comunque sia, il confronto con la nostra e l'altrui, di infanzie, non possa che avvenire attraverso una rappresentazione frutto di una costruzione intima e personale che ci tiene impegnati per tutta la vita. Un misto di originalità e lavoro di editing continuo che non per questo tradisce o tradirà l'autenticità della storia.

Ed è attraverso l'incontro dei racconti di queste voci che, comunque, riconosciamo come autentiche, di questa immensa narrazione inconsapevole che condividiamo come esseri umani ogni giorno, che arriviamo a dire a noi stessi ea rendere riconoscibile agli altri la nostra identità. Uno dei motivi perché da bambini e ragazzi, molti anche dopo e io sono tra questi, amiamo entrare nelle biografie.

Le biografie sono il discorso corale che genera la storia dell'uomo. Una sorta di brodo primordiale narrativo al quale sentiamo di appartenere ma di cui non conosciamo la maggior parte degli elementi che ne compongono la complessa interezza. Per questo ci attraggono, e proviamo piacere nell'avvicinarle.

Il racconto di Zosia rientra pienamente in questa categoria. Nell'intrecciare continuo la storia del suo Paese con la storia della sua numerosa famiglia, quella della sua crescita con quella di un popolo che diviene adulto quasi insieme a lei, giorno dopo giorno, nella lotta per la conquista della libertà. 

Se è vero che le grandi battaglie le scrivono i generali ma sono i soldati a cambiare le sorti della storia, è altrettanto evidente che è qui nella piccole grandi cose che succedono nella vita di Zosia che vediamo riflesso il farsi concreto di uno dei momenti fondamentali della storia polacca che ha cambiato le sorti dell'intera storia occidentale.


Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

In A testa in giù, Zosia, la bambina dal nome insolito che arriva da lontano, riesce a tenere sempre teso il filo tra passato e presente, vivo il dialogo tra tradizione e sottesa rivoluzione, tra la quotidianità di una folta famiglia che sceglie di continuare a vivere nel proprio Paese e la pericolosa onnipresente straordinarietà della legge marziale, dei rischi della attività politica clandestina, della sopravvivenza conquistata a suon di tessere annonarie, della mancanza di risorse economiche, delle impossibilità di proseguire gli studi intrapresi, degli assassinii della polizia polacca. 

Quella di Zosia è la storia di una e insieme di tante famiglie, di migliaia di persone, che nonostante tutto questo, decide e decidono di non arrendersi e di continuare a crescere i propri figli lì, nella convinzione e nell'esempio, veri ieri come oggi, che la difesa della libertà e della giustizia non possa essere delegata ad altri.



Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014


Quello che più sorprende in A testa in giù, come succede quando diventiamo partecipi di esperienze di questo tipo, è come sia possibile crescere forti, sani e felici in mezzo a tante difficoltà, suggerisce l'editore. Come sia possibile, anno dopo anno, resistere, combattere, affrontare ogni sorta di difficoltà e riuscire a fare in modo che i bambini, seppur consapevoli e coinvolti in prima persona nelle molte cose che succedono, possano godere di attenzione, intelligenza, creatività, tempo dedicato, energia vitale e amore continui. 


Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014


Questa, oltre alla sorpresa, è anche la sensazione che rimane a libro finito e chiuso. 

Mentre seguiamo Zosia nelle sue peripezie di crescita, infatti, ci accorgiamo che l'identità di chi la circonda diviene sempre più definita, dai tratti e dalle parole dell'autrice, certamente, ma è come se al contempo questo avvenisse come prima e più rivoluzionaria risposta intima a ciò che li sta mettendo duramente alla prova. Un fuori, una fatica, un tentativo di placare e di sottomettere, di confondere, che non riesce a penetrare, a scalfire i valori e  modi di vivere in cui credono queste persone. Ci sono timori, preoccupazioni, nei ricordi di Zosia, ma mai paura o terrore, come invece deve essere stato, che possano incidere sulla vita di una bambina tanto da privarla del senso profondo e dell'esperire dell'infanzia.

Che questo sia un ricordo puro o la rappresentazione di quel ricordo che Zosia ci ha voluto consegnare poco importa a questo punto.

Quello che rimane è che questa bambina oggi ci ha regalato è il racconto di un'altra metafora d'infanzia concreta e possibile, da cui sarebbe un vero peccato d'ora in poi prescindere.


Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014


P.S. Le elezioni parlamentari in Polonia del 1989 sono state il risultato di un accordo tra il Partito Comunista e Solidarność. Forse la più importante decisione raggiunta durante le trattative fu quella di permettere elezioni parzialmente libere in Polonia. 
Le elezioni del 4 giugno 1989 (e il secondo turno del 18 giugno) segnarono la vittoria schiacciante di Solidarność: il 99% dei seggi del Senato e il 35% dei seggi possibili al Sejm. Sui possibili 100 seggi al Senato, 99 furono ottenuti da Solidarność e 1 da un senatore non di parte. Sui 35 seggi al Sejm attribuiti alle liste nazionali, solo uno fu conquistato dal candidato del Partito, e uno da un partito satellite, mentre i rimanenti furono assegnati a Solidarność al secondo turno. Sui 161 senatori eleggibili, Solidarność ne ottenne in complesso 160.

La partecipazione al voto fu sorprendentemente bassa: solo il 62,7% degli aventi diritto votò al primo turno e il 25% al secondo. 

A sei anni, seppur senza diritto, Zosia, a suo modo, fu uno questi.


Zosia Dzierzawska, A testa in giù,
Topipittori, collana (gli anni in tasca) GRAPHIC,
Milano, 2014

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